Repubblica.it: E' morto lo scrittore J. G. Ballard visionario della letteratura inglese.
Si è spento a 78 anni dopo una lunga malattia rivelata nella biografia "Miracles of Life". Suoi, fra gli altri, "L'Impero del sole" e "The Atrocity Exhibition", considerato il capolavoro.
http://www.repubblica.it/2009/04/sezioni/spettacoli_e_cultura/morto-ballard/morto-ballard/morto-ballard.html
Corriere.it: Addio a J.G. Ballard, padre di Crash e del cyberpunk.
Aveva 78 anni. I suoi romanzi hanno ispirato diversi film, tra cui «L'impero del Sole».
http://www.corriere.it/cultura/09_aprile_19/morto_ballard_08cadfec-2d1c-11de-bc78-00144f02aabc.shtml
Credo nel potere che ha l’immaginazione di plasmare il mondo, di liberare la verità dentro di noi, di cacciare la notte, di trascendere la morte, di incantare le autostrade, di propiziarci gli uccelli, di assicurarsi la fiducia dei folli.
RispondiEliminaCredo nelle mie ossessioni, nella bellezza degli scontri d’auto, nella pace delle foreste sommerse, negli orgasmi delle spiagge deserte, nell’eleganza dei cimiteri di automobili, nel mistero dei parcheggi multipiano, nella poesia degli hotel abbandonati.
Credo nelle rampe in disuso di Wake Island, che puntano verso il Pacifico della nostra immaginazione.
Credo nel fascino misterioso di Margaret Thatcher, nella curva delle sue narici e nella lucentezza del suo labbro inferiore; nella malinconia dei coscritti argentini feriti; nei sorrisi tormentati del personale delle stazioni di rifornimento; nel mio sogno che Margaret Thatcher sia accarezzata da un giovane soldato argentino in un motel dimenticato, sorvegliato da un benzinaio tubercolotico.
Credo nella bellezza di tutte le donne, nella perfidia della loro immaginazione che mi sfiora il cuore; nell’unione dei loro corpi disillusi con le illusorie sbarre cromate dei banconi dei supermarket; nella loro calda tolleranza per le mie perversioni.
Credo nella morte del domani, nell’esaurirsi del tempo, nella nostra ricerca di un tempo nuovo, nei sorrisi di cameriere di autostrada e negli occhi stanchi dei controllori di volo in aeroporti fuori stagione.
Credo negli organi genitali degli uomini e delle donne importanti, nelle posture di Ronald Reagan, di Margaret Thatcher e della principessa Diana, negli odori dolciastri emessi dalle loro labbra mentre fissano le telecamere di tutto il mondo.
Credo nella pazzia, nella verità dell’inesplicabile, nel buon senso delle pietre, nella follia dei fiori, nel morbo conservato per la razza umana dagli astronauti di Apollo.
Credo nel nulla.
Credo in Max Ernst, Delvaux, Dalì, Tiziano, Goya, Leonardo, Vermeer, De Chirico, Magritte, Redon, Dürer, Tanguy, Facteur Cheval, torri di Watts, Böcklin, Francis Bacon, e in tutti gli artisti invisibili rinchiusi nei manicomi del pianeta.
Credo nell’impossibilità dell’esistenza, nell’umorismo delle montagne, nell’assurdità dell’elettromagnetismo, nella farsa della geometria, nella crudeltà dell’aritmetica, negli intenti omicidi della logica.
Credo nelle donne adolescenti, nel potere di corruzione della postura delle loro gambe, nella purezza dei loro corpi scompigliati, nelle tracce delle loro pudenda lasciate nei bagni di motel malandati.
Credo nei voli, nell’eleganza dell’ala e nella bellezza di ogni cosa che abbia mai volato, nella pietra lanciata da un bambino che porta via con sé la saggezza di statisti e ostetriche.
Credo nella gentilezza del bisturi, nella geometria senza limiti dello schermo cinematografico, nell’universo nascosto nei supermarket, nella solitudine del sole, nella loquacità dei pianeti, nella nostra ripetitività, nell’inesistenza dell’universo e nella noia dell’atomo.
Credo nella luce emessa dai televisori nelle vetrine dei grandi magazzini, nell’intuito messianico delle griglie del radiatore delle automobili esposte, nell’eleganza delle macchie d’olio sulle gondole dei 747 parcheggiati sulle piste catramate dell’aeroporto.
Credo nella non esistenza del passato, nella morte del futuro, e nelle infinite possibilità del presente.
Credo nello sconvolgimento dei sensi: in Rimbaud, William Burroughs, Huysmans, Genet, Celine, Swift, Defoe, Carroll, Coleridge, Kafka.
Credo nei progettisti delle piramidi, dell’Empire State Building, del Fürerbunker di Berlino, delle rampe di lancio di Wake Island.
Credo negli odori corporei della principessa Diana.
Credo nei prossimi cinque minuti.
Credo nella storia dei miei piedi.
Credo nell’emicrania, nella noia dei pomeriggi, nella paura dei calendari, nella perfidia degli orologi.
Credo nell’ansia, nella psicosi, nella disperazione.
Credo nelle perversioni, nelle infatuazioni per alberi, principesse, primi ministri, stazioni di rifornimento in disuso (più belle del Taj Mahal), nuvole e uccelli.
Credo nella morte delle emozioni e nel trionfo dell’immaginazione.
Credo in Tokyo, Benidorm, La Grande Motte, Wake Island, Eniwetok, Dealey Plaza.
Credo nell’alcolismo, nelle malattie veneree, nella febbre e nell’esaurimento.
Credo nel dolore.
Credo nella disperazione.
Credo in tutti i bambini.
Credo nelle mappe, nei diagrammi, nei codici, negli scacchi, nei puzzle, negli orari aerei, nelle segnalazioni d’aeroporto.
Credo a tutti i pretesti.
Credo a tutte le ragioni.
Credo a tutte le allucinazioni.
Credo a tutta la rabbia.
Credo a tutte le mitologie, ricordi, bugie, fantasie, evasioni.
Credo nel mistero e nella malinconia di una mano, nella gentilezza degli alberi, nella saggezza della luce. (CIò IN CUI CREDO DI J.G BALLARD tratto da RE/SEARCH,J.G BALLARD SHAKE) Credo che il testo da me riportato possa far capire a pieno una personalità cosi'VASTA e PROFONDA cm quella di J.G. BALLARD.
Ballardo tube:
RispondiEliminahttp://www.ballardian.com
http://www. youtube.com/watch?v=6eQHVF9Xuc8
Intervista a J.G. Ballard, a cura della redazione di www.feltrinelli.it © 2004
Salve! mi chiamo J. G. Ballard e sono uno scrittore inglese. Il mio ultimo libro, Millennium People, è stato appena pubblicato in Italia, spero davvero che lo leggiate, e che vi piaccia. E magari vi verrà voglia di leggere altri miei libri. Uno o due sono anche diventati dei film, come L'Impero del Sole di Steven Spielberg, o Crash, di David Croneneberg. Magari, se li avete visti, avete un'idea dei libri che scrivo.
Cerco di sorprendere un po' i miei lettori, mostrando loro un punto di vista non convenzionale sul mondo e tentando di raggiungere i luoghi più profondi delle loro menti.
Spero che quando avrete letto miei libri, troverete che ne sarà valsa la pena. Grazie!
Su Millenium People
In Millennium People ho descritto un gruppo di persone della media borghesia che vive nel quartiere di Chelsea Marina, a Londra, ai giorni nostri: medici, commercialisti, architetti, uniti dalla sensazione di essere stati sfruttati. Questi professionisti sono infatti convinti che la classe sociale a cui appartengono, la middle class, venga data per scontata e che la società se ne approfitti confidando sul loro senso di responsabilità. In effetti, questo senso di responsabilità è ciò che la media borghesia offre, da sempre. Sono i dottori, gli avvocati, i funzionari di polizia, i quadri, gli impiegati statali a guidare la società e a tenerla compatta. I ricchi passano il tempo trastullandosi, la classe lavoratrice lavora, ma è la classe media ad assumersi le responsabilità. In cambio, ha sempre ricevuto sicurezza, un certo status e la sensazione di essere importante. Ma ora in Inghilterra, così come probabilmente in America, in Francia, in Italia e in Europa occidentale, la situazione è cambiata: la classe media non ha più certezze.
Neanche di fronte alla preparazione professionale di architetti, avvocati, medici esiste la garanzia di un lavoro stabile. Al giorno d’oggi molti appartenenti a questa classe sociale hanno salari pessimi. In Inghilterra, i borghesi hanno sempre mandato i figli in scuole private, si sono sempre serviti di dottori privati, ora in molti non riescono ad affrontare queste spese, in molti hanno dovuto rinunciare ad avere domestici. Questo è il motivo della loro protesta e della loro rivoluzione descritta in Millennium People.
Penso che i borghesi, i medici, i commercialisti, gli architetti, gli impiegati statali che iniziano la rivoluzione in Millennium People non vedano se stessi come i nuovi proletari, la nuova classe lavoratrice, ma abbiano semplicemente realizzato di essere stati sfruttati esattamente come era accaduto cinquant’anni prima alla classe proletaria. Lavorano duramente per salari miseri e senza sicurezza. Così protestano per quelle che reputano le condizioni fondamentali di vita.
Penso che sia in atto una grande rivoluzione. La violenza è interamente giustificata. I protagonisti sono convinti che l’unico modo per attirare l’attenzione verso i loro problemi sia piazzare delle bombe. Quindi mettono bombe alla BBC, nelle gallerie d’arte, nei grandi magazzini.
La media borghesia di questo paese, ma sono convinto che il discorso sia lo stesso in Italia, Francia o Germania, non ha più l’impressione di essere tutelata. Millennium People si occupa proprio di questo fenomeno, dell’insicurezza della classe media. E una classe sociale insicura può diventare anche pericolosa. E ho quindi cercato di far capire come l’aumento della criminalità del 2003 continuerà a crescere nei prossimi anni.
Il mondo sommerso e lo "spazio interiore"...
Mi ricordo che nel 1959 stavo ascoltando la radio e che all’udire i segnali provenienti dallo Sputnik 1 …pip…pip…pip provenienti dallo spazio, pensai: "Mio Dio, questo è un messaggio proveniente da un mondo nuovo!".
Ma nel momento della stesura di alcuni racconti e, pochi anni dopo, del primo romanzo Il mondo sommerso, ho voltato le spalle allo spazio perché, per quanto impressionante sia stato il lancio del satellite, o l’astronauta americano Armstrong, che nel 1969 arrivò sulla Luna, tutto ciò non aveva niente a che fare con le nostre esistenze. La vita in questo mondo, nel nostro pianeta, sulla Terra, era molto più interessante di qualunque altra cosa potesse accadere nello spazio.
Ho pensato che fossero interessanti lo spazio psicologico, quel luogo interno della mente umana in perenne trasformazione, e le relazioni umane nel mondo postbellico. Questo era veramente interessante. In qualche modo tutti stavano diventando esploratori del proprio spazio interno. La gente iniziava a indagare. La sessualità, le droghe, lo svago, il tempo libero. Le persone stavano esplorando nuovi tipi di relazione, stavano guardando al matrimonio, si chiedevano se dovesse durare tutta la vita. C’erano nuove relazioni emergenti: i gay e le lesbiche iniziavano ad avere una grande influenza sulla cultura, sulla moda. Questo è quello a cui si dovevano rivolgere gli scrittori in tutti i modi possibili, non allo spazio, alle strani vesti di un alieno o alle difficile condizioni di vita su un altro pianeta.
Così, Il mondo sommerso, il mio primo romanzo, indagò la complessa storia della razza umana, che tutti noi ci portiamo nel nostro DNA. La memoria di milioni di anni passati. Ci sono geni che mantengono vivi ricordi remoti di foreste primordiali, radicati nel nostro cervello, che emergono quando dormiamo, di notte, nei sogni. Il mondo sommerso riguardava il grande passato biologico di cui tutti noi siamo il prodotto.
Quando è nato il mio primo figlio, vedendolo emergere dal ventre materno, rimasi colpito del fatto che una creatura di solo 1 o 2 secondi di vita avesse un viso, dei capelli che lo facevano assomigliare a una scultura egizia. "Mio Dio, questo è mio figlio! È vecchio milioni di anni, perché ha alle spalle tutta la razza umana, poi click…era solo un bambino appena nato.
Tutti noi siamo parte di un organismo: i nostri padri, le nostri madri, i nostri nonni, le nostre nonne e i nostri avi del passato. Il mondo sommerso descrive questo passato, e il viaggio per scoprirlo.
Crash e l'estetica della violenza
Ho scritto un libro in cui affermavo che gli incidenti stradali erano una cosa positiva e che avevano un risvolto sessuale. Poi ho atteso le reazioni... Crash è per molti versi il mio romanzo più provocatorio. È un romanzo che ha fatto imbestialire moltissima gente. Quando David Cronenberg fece il film nel 1996, non poté proiettarlo in Inghilterra per circa un anno. C’erano masse di persone furiose. La cosa strana è che, nello stesso tempo, non esisteva niente che la gente amasse di più che vedere film con scene di scontri di macchine. Nel periodo in cui scrissi Crash, nel 1971-72, qualunque film di Hollywood riportava scene con incidenti automobilistici.
Negli anni ’70 la gente si era un po’ stufata del sesso. Ed ecco quindi il nuovo sesso, la violenza. Le persone erano affascinate dalla violenza, non erano interessate a film pornografici, ma a film violenti. Ma cosa amavano le persone degli incidenti automobilistici? Mi chiesi allora: "E’ possibile che, invece di essere una cosa malsana, questo interesse per la violenza, abbia un risvolto positivo? Forse gli incidenti automobilistici in un certo senso sono liberatori, e gli uomini hanno bisogno di violenza, magari la loro immaginazione è accesa dalla brutalità, e tutto questo a causa del nostro passato di predatori. La razza umana è sempre stata, nella sua storia, incredibilmente sanguinaria. La storia dell’uomo è una storia di sangue. Forse la violenza, e in particolare quella creata dalla tecnologia (la tecnologia delle automobili) è in qualche modo liberatoria e contribuisce ad aprire i cancelli mentali verso un nuovo mondo".
L'impero del sole e la sopravvivenza umana
Penso che il tratto fondamentale de L’Impero del Sole, che si basa sulla mia infanzia in Cina durante la Seconda guerra mondiale, risieda nel fatto che le persone siano disposte a qualunque cosa pur di sopravvivere. La sopravvivenza non è solo questione di permanenza fisica in vita, di procurarsi il cibo o di stare al caldo.
La sopravvivenza è una condizione mentale, sta dentro la testa.
La gente è disposta a credere qualunque cosa per sopravvivere: il mio alter ego più giovane, il ragazzino de L’Impero del Sole all’inizio è spaventato dalla guerra e dai giapponesi. Ma poi impara ad amare la guerra, perché questo è il mezzo che gli permette di sopravvivere. È anzi il solo modo per sopravvivere. E così diventa un figlio della guerraJGB e il cinema
Mi ha colpito molto il fatto che i film più importanti tratti da miei romanzi, siano stati girati da Spielberg e Cronenberg, due registi che hanno iniziato la loro carriera, come me, con la fantascienza.
Spielberg ha esordito con Duel, Lo squalo, Incontri ravvicinati del terzo tipo, E.T.: sono tutti film di fantascienza. Cronenberg con un film come Shivers e nei primi film si è occupato di una specie di fantascienza biologica.
Pur ispirandosi alla fantascienza, i loro film non erano fantascienza pura, il che vale anche per i miei libri. In realtà io non ho mai scritto fantascienza, anche se ne sono stato ispirato, il che è leggermente diverso. Così come sono stato influenzato dal surrealismo, al pari di Cronenberg.
Tutti e tre, io, Spielberg e Cronenberg abbiamo descritto black-out psicologici, ci siamo occupati di insoliti stati mentali. È ovvio che mi ritengo molto fortunato per aver avuto questi due grandi registi che alla fine, pur nella loro diversità, finiscono per assomigliarsi.
JGB e l'arte
Sono sempre stato interessato all’arte, di tutti i tipi. Quando ero studente ero solito andare alla National Gallery di Londra per ammirare i dipinti rinascimentali, e tutte le volte che ho trascorso le mie vacanze in Italia e in Francia ho visitato musei per ammirare le opere degli antichi maestri. Tutti sono stati fonte di grande ispirazione. Del XX secolo ho amato in particolar modo il surrealismo e sono interessato ai numerosi movimenti artistici. Mi piace la pop art, Andy Warhol e gli altri artisti pop. Sono affascinato dall’idea di trasformare in arte questo mondo consumista, una lattina di minestra e una bottiglia di Coca Cola. Andy Warhol ha fatto opere d’arte servendosi di fotografie prese dai giornali. Mi incuriosiscono anche i giovani artisti britannici, gente come Damien Hirst e Tracey Emin, che reputo molto interessanti. Sono artisti che cercano di dire qualcosa sulla realtà.
Viviamo in un mondo totalmente dominato dalla pubblicità. Al giorno d’oggi tutto è preconfezionato, progettato, studiato, preparato. I pubblicitari sono convinti di sapere cosa la gente vuole comprare.
Poiché viviamo in un mondo in cui tutto è commercializzato: anche le relazioni interpersonali. La gente riarreda la propria casa per far colpo sugli propri amici, e lo fa imitando quello che vede nella pubblicità.
Damien Hirst ha scioccato con la sua pecora, la sua mucca tagliata a metà; e Emin ha fatto qualcosa di simile con il suo famoso letto. Entrambi provano a rigenerare la realtà. Hirst afferma: "questo è un corpo, e questa è la morte". Emin dice: "questo è un letto, è il casino che una ragazza ha nel proprio letto". Questi artisti cercano di riprendersi la realtà togliendola ai pubblicitari. È molto interessante.
Le icone pop dei nostri giorni
Mi dispiace affermare che non credo ci siano più icone pop. Oggi abbiamo celebrità. Che sono artefatte, irreali. L’icona pop non esiste più. Sono cresciuto in un’epoca in cui il sistema degli studios hollywoodiani era ancora dominante, negli anni ’40, ’50 e ’60. Per molti versi prima della televisione. Al tempo dei vecchi studios, e questo si applica anche ai film italiani, francesi e inglesi, avevamo grandi stelle, creature letteralmente paradisiache. Seduti sulle poltrone dei cinema vedevamo in lontananza i loro visi argentei sullo schermo ed eravamo pieni di ammirazione. Erano i nostri dei. Marilyn Monroe, Clark Gable, Gary Cooper, Gina Lollobrigida, Brigitte Bardot. Erano grandi stelle. Erano il mistero. Avevano fascino. E soprattutto erano lontane.
Oggi abbiamo celebrità che vediamo in televisione, in primo piano. Famosi per non si sa cosa.
Sono convinto che la nostra sia un’epoca di non eroi. Oggi non ci sono più eroi. Viviamo nell’era dell’uomo comune, dell’eroe comune. David Beckham, il calcio. Chi appare in un quiz alla televisione diventa un eroe per 5 minuti. Andy Warhol aveva detto che in futuro tutti avrebbero potuto essere famosi per quindici minuti. Sta già succedendo. Onestamente, non riesco a immaginarmi icone odierne. Mi piacerebbe, e ho anche scritto su quest’argomento, ma non credo che ce ne siano più. Sono convinto che l’ultima sia stata la principessa Diana, morta in un incidente di macchina in un sottopassaggio parigino. Ha avuto la classica morte di un’icona, in un incidente. Ed è stata l’ultima.
Media e politica: Reagan, Schwarzenegger e Berlusconi…
Penso che la gente voti per qualcuno come Schwarzenegger governatore della California come se fosse un gioco. La gente è convinta che sia un gioco. La politica non è più presa seriamente. È tutto un gioco, anche se serio. Non importa chi è il governatore, chi è il presidente. Qui abbiamo Tony Blair che ci ha condotto nella guerra irachena per le ragioni sbagliate. La gente si sente mal guidata da lui. Penso che la realtà, la realtà di tutti i giorni offerta dal panorama dei media venga vista come un enorme gioco. Noioso.
JGB: uno scrittore estremista?
Se sono uno scrittore estremista? Beh, lo spero proprio. Spero di essere uno di quelli che convince la gente a tornare a riflettere sulle cose quotidiane. Alcuni miei romanzi sono stati molto estremi. Crash è stato, per tanti versi, un romanzo terroristico. Come una bomba in un caffè. Credo che lo scrittore cerchi in qualche modo di cambiare il mondo. È un’idea senza speranza, ma vale la pena provarci.
Nato a Shanghai da genitori britannici ivi residenti per motivi di lavoro, durante la Seconda Guerra Mondiale Ballard viene internato con la famiglia nel campo di prigionia giapponese di Lunghua. Questa esperienza verrà ripresa nel romanzo L'impero del sole (Empire of the Sun), da cui il regista Steven Spielberg ha tratto nel 1987 un film omonimo (la cui sceneggiatura è stata scritta dal drammaturgo inglese Tom Stoppard). Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, nel 1946, Ballard si trasferisce in Gran Bretagna. Qui inizia gli studi di medicina, che non porterà mai a termine. Dopo una serie di lavori occasionali (come venditore di enciclopedie porta a porta) si sposta in Canada con la Royal Air Force e qui scopre la fantascienza.
RispondiEliminaCongedatosi dalla RAF e tornato in patria, Ballard inizierà a scrivere racconti: il primo ad essere pubblicato è Prima Belladonna, del 1956, che esce nel mese di dicembre sulla rivista Science Fantasy seguito (a pochi giorni di distanza) da Escapement su New Worlds. La sua prosa e le sue tematiche gettarono le basi per la fantascienza degli anni '60 e '70, e hanno avuto un influsso anche sul movimento cyberpunk degli anni Ottanta. Il suo articolo "Come si arriva allo spazio interiore?" (Which Way to Inner Space), apparve sulla rivista New Worlds nel 1962 e segnò la nascita di un nuovo movimento letterario fantascientifico, quello della New Wave britannica. Sostanzialmente, Ballard, spostò l'attenzione generalizzata degli scrittori a lui contemporanei, dallo spazio extraterrestre allo spazio interiore (inner space), luogo di incontro tra le pulsioni della psiche umana e le immagini e i simboli veicolati dai mass media.
Il primo romanzo pubblicato è del 1962 The Wind From Nowhere (Vento dal nulla) che apre una tetralogia di genere catastrofico (anche se Ballard rinnegherà il romanzo in seguito, sarà questo libro a dargli la possibilità di guadagnarsi da vivere come scrittore professionista). Gli altri tre romanzi sono The Drowned World (Il mondo sommerso), The Burning World (Terra bruciata) e The Crystal World (Foresta di cristallo) che di fatto sono basate sui quattro elementi aristotelici aria, acqua, terra e fuoco, più il quinto elemento, il tempo, che domina Foresta di cristallo.
Nel 1970 viene pubblicato The Atrocity Exhibition (La mostra delle atrocità), forse il capolavoro dello scrittore inglese. Si tratta di un libro composto da quindici racconti, in cui il filo comune (oltre al protagonista) è costituito da un'ossessione maniacale per la guerra del Vietnam, la psicopatologia, la pornografia, il potere dei media, le vittime di incidenti stradali e le icone del sogno americano. Queste ultime tutte rigorosamente morte. Da notare che in questo libro si profetizza l'elezione a presidente degli USA di Ronald Reagan.
Di tre anni dopo è Crash, romanzo piuttosto disturbante in cui viene ripreso (in dosi molto più massicce rispetto al precedente romanzo) il tema della perversione per le vittime di incidenti stradali e la fusione di carne e macchine. Nel 1996, è stato tratto un film omonimo per la regia di David Cronenberg.
La fama al di fuori del ristretto ambito della fantascienza arriva col romanzo L'impero del sole, a forte componente autobiografica. Da allora (prima metà degli anni Ottanta) Ballard si allontanerà sempre più dalla fantascienza per quel che riguarda la sua produzione romanzesca, anche se continuerà a scrivere racconti fantascientifici o fantastici fino alla metà degli anni Novanta.
L'ultimo romanzo, Kingdom Come (Regno a venire), è stato pubblicato in Gran Bretagna nel 2006, comprende opere di ironica critica sociale strutturate per lo più come gialli, i cui temi sono il consumismo, la società tardocapitalistica, i rigurgiti reazionari e irrazionali delle società occidentali, i mass-media.
Nel marzo del 2008 è stata pubblicata l'autobiografia di Ballard, intitolata Miracles of Life (I miracoli della vita) Feltrinelli (ISBN 9788807702037), nella quale l'autore rivela di essere affetto da una malattia terminale.
Fonte:http://it.wikipedia.org/wiki/James_Graham_Ballard
Valeria Pezzella
http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=55131&sez=HOME_SPETTACOLO
RispondiEliminaAddio a J.G.Ballard, il cronista
del disagio mentale contemporaneo
di Roberto Bertinetti
ROMA (19 aprile) - «Mi sono sempre ritenuto un narratore di stampo tradizionale anche se la mia creatività è apparsa a molti di matrice decisamente moderna», sosteneva lo scrittore inglese James Graham Ballard, scomparso oggi a 78 anni, in I miracoli della vita, l’autobiografia pubblicata nel 2008 fa nel Regno Unito e tradotta da poche settimane dalla Feltrinelli che si chiudeva con la drammatica confessione pubblica di essere a un passo dalla morte a causa di un cancro alla prostata che non gli lasciava speranza.
Anche se non si può dubitare della sua sincerità la dichiarazione di poetica stupirà non poco chi, a lungo, ha ritenuto Ballard un maestro della fantascienza (le sue prime opere sono uscite in Italia nella collana specializzata Urania, di Mondadori) e, in seguito, un apocalittico cronista del disagio mentale contemporaneo. Il grande pubblico iniziò a conoscerlo e ad amarlo soltanto alla metà degli anni Ottanta, quando apparve L’Impero del sole, il romanzo ambientato in quella Shanghai dove era nato nel 1930 ed era rimasto sino all’adolescenza che divenne presto un film di successo con la regia di Steven Spielberg. «La mia vita e la mia arte hanno salde radici in quella città. Mi ricordo le feste in maschera con i proiettili dell’artiglieria che saettavano intorno a casa. Scene incredibili, oniriche», ricordò in seguito.
Trasferitosi a Londra nel 1946 insieme alla famiglia, decise subito di diventare medico. «Volevo studiare psichiatria perché cercavo un’attività che mi aiutasse a capire il mio malessere interiore», ha poi chiarito. Ma appena si rese conto che quella professione gli avrebbe lasciato poco tempo per la letteratura cambiò strada, anche se, scrisse, “il breve incontro con la medicina è stato per me decisivo, visto che sezionare il corpo umano in sala d’anatomia mi ha permesso di acquisire una quantità inesauribile di immagini da cui attingere per le storie che già avevo in mente”.
In effetti la parte iniziale della carriera di Ballard è dominata dall’analisi di quelli che lui stesso definì “spazi interni”, gli incubi che ossessionano i protagonisti dei racconti e dei romanzi composti ribaltando ogni schema della fantascienza tradizionale visto che guardano al futuro immaginando sempre cosa accade dopo una catastrofe e intrecciano le convenzioni della narrativa di genere con gli evidenti richiami agli aridi mondi cari alla pittura dei surrealisti o alla filosofia francese di marca esistenzialista.
Ballard, insomma, è sin dagli anni Cinquanta e Sessanta un innovatore coraggioso oltre che un artista geniale e solitario, un discepolo postmoderno di Swift deciso a svelare le bugie ideologiche della contemporaneità. L’assalto al pensiero “mainstream” occidentale, già evidente in La mostra delle atrocità (1970) in cui si prendono di mira i volti noti della scena pubblica inglese e americana, diventa poi frontale nel successivo Crash (1973), sulfurea biografia di un pazzo che si diverte a provocare terribili incidenti stradali sino a rimanerne vittima lui stesso, “un’opera in cui quasi ci si aspetterebbe di veder circolare Bruegel e Hieronymus Bosch su macchine a noleggio”, commentò Oreste del Buono (e che nel 1996 divenne un film di culto per la regia di David Cronenberg), disturbante ma efficacissima riflessione sul clima apocalittico del tardo Novecento che in Condominium (1975) venne ampliata aggiungendovi maniacali follie di natura sessuale.
n seguito Ballard ha alternato a storie di matrice autobiografica (oltre a L’impero del sole a questa categoria appartiene La gentilezza delle donne del 1991) a romanzi nei quali mette in luce con il suo inconfondibile stile pop gli effetti perversi della società dell’immagine e del consumo esasperato (L’allegra compagnia del sogno nel 1979, Ultime notizie dall’America nel 1981, Il giorno della creazione del 1987), per poi scegliere a partire dagli anni Novanta di concentrarsi sulle paure, le fobie e la violenza nascosta della classe media, un segmento sociale potenzialmente rivoluzionario, la cui carica trasgressiva viene sedata dal potere ma che a volte può scegliere di ribellarsi con effetti devastanti.E’ a partire da Cocaine Nights, uscito nel 1996, che si apre la fase conclusiva del lavoro di Ballard in una tetratologia composta da Super Cannes (2000), Millennium People (2003) e Il regno a venire (2006), romanzi pieni di omicidi e crimini efferati con protagonisti di matrice borghese imprigionati nella gabbia delle proprie illusioni e frustrati per il crollo repentino di vite senza qualità. La febbrile fantasia di Ballard arriva così a svelare i meccanismi alla base del consumismo postmoderno e la rabbia che sono in grado di scatenare in storie di impianto classico che lo hanno fatto apprezzare da milioni di persone in tutto il mondo come uno degli autori più anticonformisti e di maggior qualità stilistica della letteratura contemporanea in lingua inglese.
"Ho sempre scritto sul cambiamento - diceva Ballard - questo a partire dagli anni Cinquanta, quando vennero introdotti tutti questi elementi della modernizzazione: la televisione, i media di massa, i supermercati, le tangenziali. Sentivo un irresistibile bisogno di scriverci sopra. Cambiamento: ecco la cosa che fonda la fantascienza".
RispondiEliminaLeggendo e rileggendo le varie trame delle opere di J:G: Ballard la mia attenzione si è posata su “la mostra delle atrocità”…
PURA FOLLIA…
Oltre alla follia che uno dei temi che più mi affascina ,ho notato anche che l’autore ha descritto il processo mentale che i mass-media provocano in noi..quindi un tema molto vicino al nostro corso ma soprattutto modernissimo …e a quanto pare anche se sotto forma di follia viene preannunciata una guerra che molto probabilmente accadrà nelle nostre teste!!!!!
…un equilibrio sopra la follia…
La mostra delle atrocità è un libro dello scrittore britannico James Graham Ballard pubblicato per la prima volta nel 1970, e uscito in Italia nel 1990 per i tipi di Rizzoli.L'opera è un unicum nella produzione di Ballard: essa si differenzia infatti sia dai precedenti romanzi fantascientifici, sia dai successivi di orientamento postmodernista, sia dalla sua recente produzione di stampo apparentemente più convenzionale. Il libro è diviso in 15 capitoli, che però possono essere tranquillamente considerati come testi a sé stanti. Non vi è infatti una trama lineare che colleghi le quindici parti del libro. Bisogna inoltre tener presente che diversi capitoli erano usciti indipendentemente come racconti su riviste inglesi e americane precedentemente alla pubblicazione della Mostra delle atrocità. Alcuni personaggi, come Karen Novotny o il dottor Nathan ricorrono in più capitoli, ma non in tutti. Altri, come il paziente dell'ospedale psichiatrico in cui sono ambientati diversi capitoli del libro, cambiano continuamente (come Travis, Trabert, Talbot, ecc. anche se secondo alcuni critici, quali Luckhurst, i personaggi di internati i cui nomi cominciano per T dovrebbero essere considerati come diverse personalità dello stesso individuo). Queste considerazioni spingono a ritenere la Mostra delle atrocità più una raccolta di racconti (anche se fortemente interconnessi) che un vero e proprio romanzo (per quanto destrutturato e sperimentale).
Un elemento di continuità dei racconti è il luogo in cui sono prevalentemente ambientati: una clinica psichiatrica nella quale è stata organizzata dai medici, come ogni anno, una mostra di opere realizzate dai pazienti, alla quale però gli internati non sono ammessi. Verosimilmente è questa la mostra delle atrocità di cui parla il titolo. Buona parte dei racconti consistono in descrizioni e interpretazioni delle opere esposte, ma anche nelle meditazioni del dottor Nathan sugli strani e morbosi rapporti che si sono instaurati tra pazienti e psichiatri.
Si può dire che tutti i racconti/capitoli del libro descrivono come il paesaggio dei mass-media invada inavvertitamente e frammenti la mente degli individui nell'epoca tardomoderna. Se accettiamo l'idea che anche il dottor Nathan, ironicamente, soffra di un esaurimento nervoso, il suo tentativo di trovare un senso ai vari eventi storici del suo tempo, dal suicidio di Marilyn Monroe alle imprese spaziali, dall'assassinio di J.F. Kennedy alla guerra in Vietnam, ha qualcosa di psicotico: e rimettendo in scena quegli eventi, veicolati dai mass-media, Nathan - come il misterioso internato T. - attribuisce loro un significato più personale, che gli consente di entrare in relazione con essi. Non è mai del tutto chiaro cosa avvenga veramente nel libro e cosa accada solo nella testa dei protagonisti. Personaggi che vengono uccisi in un capitolo tornano in quelli successivi (sua moglie sembra morire più volte). Viaggia con una Marilyn Monroe ustionata dalle radiazioni e un pilota di bombardiere del quale nota che i piani del suo volto non parevano intersecarsi correttamente.
Il panorama interiore ed esterno sembrano fondersi (fenomeno tipicamente ballardiano), mentre lo scopo ultimo del protagonista sembra essere quello di scatenare la Terza guerra mondiale, "anche se non in senso convenzionale": una guerra che verrà combattuta interamente nella sua testa. In altri momenti il protagonista pare vedere il mondo intero, e la vita attorno a sé, come niente più che una vasta equazione geometrica, come quando osserva una donna che cammina nell'appartamento che ha affittato, e comprende che la donna è nient'altro che un modulo che moltiplicato per lo spazio/tempo dell'appartamento potrebbe dare un'unità valida per la sua esperienza.
Come si sarà capito a questo punto, non ha molto senso leggere questo libro come fosse un romanzo convenzionale, proprio perché non è stato pensato come tale. E come diversi commentatori sostengono, non ha neanche senso leggerlo dall'inizio alla fine secondo l'ordine in cui si trovano i capitoli. Testo labirintico, la Mostra delle atrocità può essere consultato come un catalogo (di una mostra, per l'appunto) delle ossessioni del nostro tempo.
CURIOSITA’:
IL libro ha ispirato la canzone del gruppo new wave britannico Joy Division dallo stesso titolo. L'album di Merzbow Great American Nude sembra aver tratto il suo nome da uno dei capitoli de La mostra delle atrocità.
“Il futuro è morto, e noi siamo sonnambuli in un incubo”(J.G. BALLARD -IN "CRUSH")
MARIA GRIMALDI
Ho avuto il piacere di leggere Ballard forse troppo tardi, l’anno scorso, consigliata da Luca Mercalli(il metereologo di Che tempo che fa) a cui va uno SPECIAL THANKS.
RispondiEliminaIl libro in questione era Il Condominio, e rigiro il consiglio a voi, se amate quel genere di libri profetici, purtroppo attualissimi.
Con Ballard (e con altri, ma pochi, scrittori) inizia quel bel gioco tra libro e lettore, una sorta di nascondino o caccia al tesoro, e ti ritrovi a guardare le cose per cercare quelle metafore che tanto metafore non lo sono più, se non nel significato originario di trasportare. E’ proprio grazie a questo ludico trasporto che Ballard instaura con i suoi lettori simpateia , li spinge a pensare e guardare oltre il proprio naso e a riflettere un po’ su dove stiamo andando e a cosa andiamo incontro. Ora, non vorrei fare un epigramma a Ballard, non ne sarei né in grado e nemmeno contenta di farlo, ma da lettrice le sono grata di aver scritto e di aver giocato con me.
Giusy Di Marsilio
P.S.
qualcuno di voi potrebbe aver capito che io conosca PERSONALMENTE Luca Mercalli O__o.....MA MAGARI!!!!!
Aveva 78 anni James Graham Ballard quando il cancro (di cui soffriva da tanto tempo) l’ha ucciso. E' accaduto il, 19 aprile 2009, a Londra, e immediatamente le agenzie di tutto il mondo hanno battuto la notizia.
RispondiEliminaBallard era uno degli scrittori di fantascienza maggiormente scettici nei confronti del progresso e dei tanto decantati benefici della scienza e della tecnica. Nato a Shangai, fu fatto prigioniero dai giapponesi nel 1941, ancora bambino: un’esperienza traumatizzante che lui, oltre quarant’anni più tardi, avrebbe raccontato in Empire of the Sun (“L'Impero del Sole”), da Steven Spielberg magistralmente trasposto per il grande schermo. Questo primo spezzone di autobiografia, insieme a un paio di altri romanzi nei quali risalta la sua capacità di analizzare la vita contemporanea con forte realismo visionario, lo ha proiettato nel Parnaso degli scrittori britannici più apprezzati in assoluto.
Ballard, che solo a cominciare dal 1946 visse in Inghilterra (dove sfollò con la madre e le sorelle), avrebbe voluto diventare medico. Non riuscì però a concludere gli studi e, dopo aver provato vari espedienti per guadagnarsi da vivere, entrò nella Royal Air Force. Mentre era di stazza in Canada, si appassionò per la science fiction.
Congedatosi e tornato in patria, iniziò la carriera di scrittore nel 1961, con il romanzo di fantascienza The Wind from Nowhere (“Vento dal nulla”).
Da qui in poi, avrebbe pubblicato le sue opere con cadenza regolare. Una delle più celebri rimane The Atrocity Exhibition (“La mostra delle atrocità”; 1970). Si tratta di una silloge di quindici racconti aventi in comune un unico protagonista e le sue svariate ossessioni, comprendenti quelle sul suicidio di Marilyn Monroe e sull'omicidio del presidente Kennedy. In uno dei racconti, il tema è l’abnorme fissazione per gli incidenti stradali, che Ballard tornerà a trattare, approfondendolo, in Crash (1973), romanzo alquanto controverso da cui David Cronenberg trasse una pellicola poco fortunata.
La precoce scomparsa di sua moglie Helen Matthews, nel 1964 (dopo appena dieci anni di matrimonio), lasciò nello scrittore ferite indelebili. Lui cercò di superare quest’altro trauma con il romanzo The Kindness of Women (“La gentilezza delle donne”), praticamente la seconda parte della sua autobiografia, piena di immagini surreali e simboli di sofferenza, dolore, pazzia e morte.
Le sue visioni erano così infernali, per quanto avessero uno stretto rapporto con la realtà, che la critica inglese coniò un nuovo aggettivo: "ballardian". Il Collins English Dictionary dà di "ballardian" la seguente definizione: "Modernità distopica, desolati paesaggi costruiti dall'uomo, effetti psicologici derivanti dallo sviluppo tecnologico, sociologico o ambientale". Non c'è nulla di surreale in Ballard: tutt'altro. Lui pone la realtà sotto il microscopio fino a sviscerarne gli aspetti più crudeli. Il suo è realismo alla massima potenza, dunque; iperrealismo. La presunta normalità - ci suggeriscono i suoi libri - è solo un'illusione percettiva.
Gruppi rock come i Radiohead e Joy Division ammirano le opere di Ballard, e il produttore musicale Trevor Horns ha ammesso che era stato il suo racconto "The Sound-Sweep" a servire da ispirazione per "Video Killed the Radio Star", prima canzone in assoluto a essere trasmessa da MTV.
“Deserto d'acqua”, “Terra bruciata” e “Foresta di cristallo” sono alcuni dei titoli di Ballard più noti agli amanti della fantascienza. Romanzi crudi, quasi tutti ambientati sulla Terra e in cui spesso avvengono catastrofi immani. “L'isola di cemento” e “Condominium” trattano in maniera allucinata - e allucinante - il tema della violenza che pare sempre scatenarsi da inezie, da qualche banale incidente. Con il tempo, quella di Ballard diventa sempre più una fantascienza sui generis: l’autore infatti finisce per approdare definitivamente a una letteratura "delle ossessioni" che alcuni critici hanno voluto paragonare ai prodotti di Williams Burroughs. Ma forse è più lecito il paragone con Philip K. Dick, anche se quest'ultimo, nella sua "geniale follia", era più un filosofo, mentre Ballard era più un letterato.
Nel 2003 lo scrittore inglese condannò con toni ironicamente amari l'invasione militare dell'Irak, prevedendo che gli occidentali non vi avrebbero trovato nessuna arma di distruzione. E, sempre nello stesso anno, dichiarò, in un'intervista rilasciata alla testata australiana The Age: "Dobbiamo romperla con il mito secondo cui è possibile 'illuminare' ed educare l'umanità. In questo modo ci si culla nell'illusione che tutti noi siamo esseri razionali e perfettibili, mentre invece non è così".
Il suo ultimo romanzo Kingdom come (“Regno a venire”, in Italia pubblicato da Feltrinelli), parla dell'inumano cinismo di un capitalismo spinto agli eccessi.
“Si guardi attorno, signor Pearson. Abbiamo a che fare con un nuovo esempio di uomo e di donna: occhi stretti, passivi, stringono in mano le loro carte di credito dei grandi magazzini... Vogliono essere presi in giro, vogliono essere convinti a comprare delle emerite schifezze. La loro istruzione si basa sugli spot televisivi. Sanno che le uniche cose che valgono sono quelle che possono mettere nella busta della spesa. Questa è una zona infestata, signor Pearson, e la peste si chiama consumismo.” (Cap. 4, pag. 37)
La terza e ultima parte della sua autobiografia, Miracles of Life, è uscita l'anno scorso. Ballard era da tempo consapevole che i suoi giorni erano ormai segnati
Fonte:http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Tempo%20libero%20e%20Cultura/2009/04/james-graham-ballard.shtml?uuid=125a3fc0-2d81-11de-bf43-2ea9a6202a14&DocRulesView=Libero
RispondiEliminaAddio a J.G. Ballard,padre del cyberpunk
«Ho sempre scritto sul cambiamento, questo a partire dagli anni Cinquanta, quando vennero introdotti tutti questi elementi della modernizzazione: la televisione, i media di massa, i supermercati, le tangenziali. Sentivo un irresistibile bisogno di scriverci sopra. Cambiamento: ecco la cosa che fonda la fantascienza», affermava James Graham Ballard, morto domenica in Inghilterra, dopo una lunga malattia.
Era l'autore diventato popolare con Crash (1974), specie dopo che nel 1996 David Cronemberg ne trasse l'omonimo film, e L'impero del sole (1984), sulla sua esperienza di internato da ragazzino con al sua famiglia nel campo di prigionia giapponese di Lunghua durante la seconda guerra mondiale.
Per anni e anni ha «perseverato», come diceva lui stesso, a scrivere senza successo e con difficoltà di pubblicazione, «Poi, naturalmente, è successo l'inevitabile e quello che ieri sembrava buttare giù il tempio è stato accettato». Comunque Ballard negli anni Settanta, mentre i critici affermavano che il suo lavoro «era un remake di roba degli anni Venti, che non era niente di nuovo, ho mollato con la fantascienza vera e propria e ho scritto Crash e tutti i libri che sono venuti dopo». Libri che presentano visioni apocalittiche della terra distrutta dalla tecnologia, dalla natura e dalla superbia. Passando col tempo dal noir al giallo sociale, i suoi romanzi affrontano con una vena visionaria e grottesca le storture e la mancanza di valori del moderno mondo di massa e della globalizzazione, «novelle morali» che se la prendono col proliferare delle auto, con il vivere in palazzi giganteschi di cemento, con i villaggi vacanze e così via.
«Il futuro è morto, e noi siamo sonnambuli in un incubo», diceva icasticamente, aggiungerndo: «Vedo periferie che si diffondono per il pianeta, la suburbanizzazione dell'anima, vite senza senso, noia assoluta. Una specie di mondo della tv pomeridiana, quando sei mezzo addormentato. E poi, di tanto in tanto, bum! Un evento di una violenza assoluta, del tutto imprevedibile: qualcosa come un pazzo che spara in un supermercato, una bomba che esplode. È pericoloso».
Tra i suoi tanti titoli, che spesso parlano da soli, ci sono Cocaine nights, Condominio, Il paradiso del diavolo, L'isola di cemento, Super Cannes.
James Graham Ballard, era nato nel 1930 a Shangai, dove suo padre lavorava, e dopo l'attacco di Pearl Harbor venne internato con la famiglia in un campo di prigionia giapponese. Solo nel 1946 riesce a tornare in Inghilterra con i suoi, dove inizia a studiare medicina senza mai terminare l'università e entrando invece nella Royal Air Force che lo trasferisce in Canada, dove avviene la sua scoperta della fantascienza. Così, quando torna in patria nei primi anni '50, comincia a scrivere racconti, pubblicando nel 1956 Prima belladonna, cui ne seguono altri che oggi sono considerati l'origine del movimento cyberpunk.
Il primo romanzo è Vento dal nulla, primo di una trilogia catastrofica, ma è nel 1970 che esce La mostra delle atrocità, per molti il suo capolavoro: sono 15 racconti uniti dal protagonista comune e dall'ossessione per la guerra del Vietnam, la pornografia, il potere dei media, la psicopatologia (tra l'altro profetizzando con 10 anni d'anticipo l'elezione alla presidenza Usa dell'attore Ronald Reagan). Quelle stesse ossessioni, che trasferite nel connubio mostruoso di incidenti stradali e di carne e lamiere d'auto, diedero poi vita a Crash.
Gli ultimi suoi libri sono Regno a venire, uscito due anni fa da Feltrinelli, il suo editore italiano, e nel 2008 un'autobiografia intitolata Miracles of life, scritta a Shepperton, in Inghilterra, dove viveva.
Giulia Eleonora Zeno.
Mi hanno colpito le ultime parole della mia collega, così le ho cercate.
RispondiElimina"Il futuro è morto, e noi siamo sonnambuli in un incubo". Intervista a J.G. Ballard
di Valerio Evangelisti, tratta da “XL”, novembre 2006.
L’incubo è già là fuori, accanto a un’autostrada dove il Metro center, uno sterminato supermarket, ha usurpato le funzioni che un tempo aveva la chiesa. Un cambiamento di sistema che ha la forza assoluta di uno tsunami. di fronte al quale nessuna resistenza sembra possibile. Ecco Regno a venire, il nuovo romanzo di James Ballard. Se nel suo Crash (1973), diventato uno scioccante film di Cronenberg, le auto dominavano anche il nostro eroe, qui elettrodomestici, computer e tv sono oggetti di culto. E nelle strade marciano, razzisti e volgari, i tifosi avvolti nell’Union Jack quali moderne SS in cerca di un leader. “Penso che, in Inghilterra la classe operaia bianca si stia ‘ritribalizzando’”, spiega Ballard al telefono. “Sì, dopo la caduta delle ideologie rivendica la sua identità tribale, la tribù inglese. E lo sport è il mezzo con cui lo fa. E può essere aggressiva, violenta. Abbiamo visto tutto questo durante la Coppa del Mondo. Oggi viviamo nella cultura dei consumi, non c’è nulla. nient’altro. In particolar modo in Inghilterra, non c’è nient’altro. Nessuno più crede nelle ideologie politiche. In generale nessuno crede. Quella inglese è una società secolare, non andiamo più in chiesa. Le chiese sono così brutte. Se fossi italiano mi farei immediatamente cattolico e bacerei la terra dove cammina il Papa perché le chiese sono belle. Qui le chiese sono brutte. Le religioni sono morte, la monarchia non è rispettabile. Ha ucciso Lady D e il popolo britannico non la perdonerà mai. Non siamo nemmeno più orgogliosi delle nostre forze armate. E la politica ovviamente è svuotata di ogni autorità o rispetto. Il Primo Ministro britannico vive di fantasie. Lo sanno tutti che vive in un mondo di sogni. Quindi non ci resta che il consumismo: andiamo a fare shopping”.
Ma cosa pensi esattamente di Tony Blair?
È un caso triste. Come ho detto, vive di sole fantasie. Crede alle proprie illusioni, è pazzesco, Ha portato questo paese in guerra contro l’Iraq sulla base di falsità. Ha sostenuto che Saddam aveva armi di distruzione di massa: mentre ovviamente non ne aveva. Blair ci ha portati in guerra a suon di bugie. E stato un danno enorme per la pace e la stabilità del mondo e noi ne pagheremo le conseguenze. Con il sangue, e a lungo. Il fatto che abbiamo rieletto Blair è la dimostrazione che la politica non viene presa sul serio. ci sono Legami tra le periferie di Londra di Regno a venire e L’Inghilterra di Blair? “Legami stretti, strettissimi. Le periferie di Londra sono ai margini, vicino ai grandi sistemi autostradali. Nuove città, parchi commerciali, nuovi stabilimenti industriali, aeroporti: è questa la vera Inghilterra. La vera Inghilterra non è Westminster o Buckingham Palace: questo è solo show business per i turisti. L’Inghilterra vera è qui, dove vivo io, accanto alla M25 o alla M3. Dove hanno votato Thatcher, e poi Blair”.
Nei tuoi libri c’è una società apparentemente piacevole e moderna che nasconde un tasso di violenza crescente. È un pericolo vero? E, se si, in Inghilterra o in tutto l’Occidente?
Sì, penso che sia una minaccia. Ricordo che qualche anno fa qualcuno mi chiese: come definirebbe il futuro? Io risposi: è facile, il futuro sarà noioso. Saremo tutti annoiati e quando la gente è annoiata, come i bambini che si annoiano, comincia a rompere i giocattoli. Vedo periferie che si diffondono per il pianeta, la suburbanizzazione dell’anima, vite senza senso, noia assoluta. Una specie di mondo della tv pomeridiana, quando sei mezzo addormentato... E poi, di tanto in tanto, bum! Un evento di una violenza assoluta, del tutto imprevedibile: qualcosa come un pazzo che spara in un supermercato, una bomba che esplode. È pericoloso.
La suburbanizzazione significa che stiamo perdendo il centro delle cose o invece che il centro si è fatto televisivo? La violenza è nei media, quindi essere violenti è come essere al centro di qualcosa?
Proprio così! Io penso che la violenza abbia un ruolo molto particolare, oggi. Il futuro ci riserverà psicopatologie. La gente è disposta a tollerare livelli di psicopatologia sempre più elevati nella vita moderna. Livelli impensabili 50 anni fa. Come questa specie di apertura verso la pornografia, il che, tra l’altro, è un bene. Mi piace. La pornografia è bene, è controcultura. Il capitalismo ha una grande inventiva, una capacità di trasformarsi con brevissimo preavviso. Se qualcosa non va e tu non vuoi comprarla, non fa niente! Inventeremo qualcosa di nuovo, riempiremo i negozi con qualche novità. Ecco, io temo che la gente — annoiata per la maggior parte del tempo e senza nulla per cui vivere, specie in Inghilterra — si lascerà andare alle psicopatologia perché sono divertenti, sono esaltanti Siamo tutti un po’ folli e ci possiamo divertire facendo matti. E li che si annida il pericolo, una specie di nuovo fascismo che sorge.
Pensi che oggi ci sia veramente la minaccia dal fascismo? Dal libro sembrerebbe di sì.
Non penso che il tipo di fascismo che sta per arrivare sia quello anni 30. Non ci saranno stivali militari, Fuhrer che strepitano, niente Sturmtruppen. Non sarà quel tipo di fascismo. Sarà un fascismo da tv, molto light, se è chiaro cosa voglio intendere. Il nostro Fùhrer non sarà come Hitler, sarà più come uno show pomeridiano. Mi pare che voi in talia abbiate tentato di avvicinarvi un po a questo modello con Berlusconi.
Sì. Cosa pensi di Berlusconi?
Molti commentatori hanno detto: quando Berlusconi era primo ministro c’era un nuovo tipo di fascismo all’orizzonte, Controlla tutte quelle emittenti televisive, tutti quei quotidiani, ecc, lo non so se tutto questo sia vero, ma forse qui c’era l’inizio di qualcosa. L’uso dei mezzi di comunicazione di massa per un nuovo tipo di politica emotiva. Perché questa è la chiave di tutto: le emozioni. Blair lo ha dimostrato. Le emozioni sono sempre con noi, Non pensate mai: è un errore pensare. Usate solo le emozioni. La gente è così. Oggi i giovani uomini sono molto emotivi. E per questo che sono pericolosi. Sono pericolosi al volante, quando girano in bande, quando si ubriacano... Sono pericolosi quando la loro ragazza esce con un altro”.
Non sanno controllare le emozioni?
Esattamente.
Hai scritto libri di ogni genere, saggi di sociologia e politica, hai un ruolo importante nella Letteratura moderna, ma c’è chi ti definisce un semplice scrittore di fantascienza, ovviamente uno dei migliori. Ti disturba?
No, in verità no. Molti anni fa scrivevo fantascienza. Ma non ho scritto fantascienza per trent’anni o forse più. Non mi vedo più come uno scrittore di fantascienza, però lo ero, e quindi la cosa non mi preoccupa.
I tuoi primi lavori come Deserto d’acqua o Il vento dal nulla trattavano della società che ci circondava. Ma erano ambientati in un’epoca molto futura. Il Metro center invece è a pochi passi dal nostro tempo. Vediamo meno Lontano?
Sì. Non abbiamo più una visione del futuro. Molti pensano che il futuro sarà esattamente come il presente. come oggi. Da giovane, negli anni 30, mentre crescevo, tutti così come alla fine degli anni 40 e negli anni 50 — tutti avevano grande consapevolezza del futuro perché ogni cosa cambiava cosi rapidamente: gli aerei erano più veloci, le macchine erano più veloci, e poi dopo la guerra sono arrivati gli antibiotici, le armi nucleari... I Jet facevano il giro del mondo.
Il cambiamento arrivava a una velocità tale che oggi, al confronto, non c’è più alcun cambiamento. Tutto è fatto per raccogliere applausi, per così dire.
Solo microcambiamenti?
Sì, piccolissimi cambiamenti. Non sono apprezzabili. E molto strano: ci sono grandi cambiamenti, come Internet ad esempio, ma in realtà la vita nel suo assieme non è molto diversa da come lo era 10 anni fa. Non è cambiata drasticamente. Quindi penso che ci sia il rischio che a morire sia la stessa idea di futuro.
Cosa pensi della fantascienza di oggi? Può essere sovversiva come in passato?
La fantascienza è morta il giorno in cui Armstrong ha messo piede sulla Luna, nel 1969. Penso che allora si sia messa la parola fine. Da allora molti dei sogni della fantascienza si sono avverati. I trapianti, la manipolazione genetica... Vuoi che tua figlia somigli alla Lollobrigida? Oggi è possibile.
Dobbiamo accettare la realtà di Regno a venire, o è possibile reagire? Dacci una speranza, anche piccoa.
Bisogna aprire gli occhi. In Occidente stiamo correndo il rischio di marciare come sonnambuli verso un incubo, Ne abbiamo avuto un assaggio con l’11 settembre a New York. In un certo senso, l’11 settembre è stata una specie di sveglia: “Svegliati, America”, io penso che si siano svegliati, ma che siano scesi dalla parte sbagliata del letto. Hanno invaso l’Iraq, sbaglio enorme. Ma quella era una sveglia. E la guerra contro il terrorismo islamico è molto vera. In tutto il mondo, tra tante cose dobbiamo farne soprattutto una: dobbiamo svegliarci. Noi occidentali stiamo molto comodi. Viviamo in belle case, non abbiamo fame e, se ci ammaliamo, qualcuno si prende cura dì noi. Molto comodo. Dobbiamo svegliarci. Ci stanno drogando con i beni di consumo. Non siamo più in grado di badare a noi stessi e invece dobbiamo cominciare a badare a noi stessi.
Ma in pratica cosa possiamo fare, smettere di consumare?
Ah, che domanda. La mia generazione ha già tentato di rispondere: ora rispondete voi, io sono troppo vecchio.
E' morto J.G.Ballard
RispondiElimina“il futuro sarà noioso. Saremo tutti annoiati e quando la gente è annoiata, come i bambini che si annoiano, comincia a rompere i giocattoli. Vedo periferie che si diffondono per il pianeta, la suburbanizzazione dell'anima, vite senza senso, noia assoluta. Una specie di mondo della tv pomeridiana, quando sei mezzo addormentato. E poi, di tanto in tanto, bum! Un evento di una violenza assoluta, del tutto imprevedibile: qualcosa come un pazzo che spara in un supermercato, una bomba che esplode. È pericoloso”.
(“Il futuro è morto, e noi siamo sonnambuli in un incubo”. Intervista a J.G. Ballard di Valerio Evangelisti, tratta da “XL”, novembre 2006)
E' morto ieri mattina a 78 anni, dopo una lunga malattia, lo scrittore britannico James G. Ballard, famoso per alcune pietre miliari della letteratura fantascientifica. Nato a Shanghai nel 1930 da genitori britannici, durante la seconda guerra mondiale Ballard venne internato con la famiglia nel campo di prigionia giapponese di Lunghua. Da questo evento egli trasse ispirazione per il romanzo autobiografico L'impero del sole da cui Steven Spielberg ha tratto nel 1987 l'omonimo film. Dopo la guerra Ballard si trasferì in Gran Bretagna, dove iniziò gli studi di medicina, mai portati a termine. Si arruolò nella Royal Air Force, in Canada. Tornato in Inghilterra cominciò a scrivere i racconti e romanzi di fantascienza che lo hanno reso famoso in tutto il mondo, da Crash a La mostra delle atrocità, fino agli ultimi romanzi, Super Cannes e Cocaine Nights. Fortemente ispirato ai pittori surrealisti, ha influenzato la successiva generazione postmodernista e cyberpunk.
Tempo, Memoria e Spazio interiore
Fin dove i paesaggi dell’infanzia di un individuo, così come le sue esperienze emozionali, forniscono un background ineluttabile della sua scrittura immaginativa? Senza dubbio i miei ricordi più vecchi sono della Shanghai delle lunghe estati delle inondazioni, quando le strade della città erano sommerse da due o tre piedi di limacciosa acqua marrone e dove la campagna circostante, nel mezzo della piatta tavola dello Yangtze, era uno specchio uniforme dei campi di riso sommersi e dei canali d’irrigazione che scorrevano pigramente sotto il caldo cocente. Pensandoci bene, credo che l’immagine di un’immensa città semisommersa, ricoperta di vegetazione tropicale, che costituisce il fulcro de il Deserto d’acqua, sia in qualche modo la fusione dei miei ricordi d’infanzia a Shanghai e quelli degli ultimi dieci anni a Londra.
Uno dei temi del racconto è il viaggio a ritroso fatto dai protagonisti da Ventesimo secolo fino al paradisiaco mondo assolato della seconda era del triassico e del graduale acquisto di consapevolezza degli ambivalenti motivi che li hanno spinti in quel passato affiorante. Capiscono che il mare uterino che li circonda, il buio grembo di madre oceano, è sia la tomba della loro individualità, sia la causa della loro vita, e forse le loro paure riflettono la mia inquietudine nel rivivere le esperienze dell’infanzia e nel tentare di esplorare un terreno tanto pericoloso.
Tra la fauna caratteristica del triassico c’erano coccodrilli e alligatori, creature anfibie a loro agio sia in ambienti acquatici sia terrestri, che simboleggiano per l’eroe del racconto i pericoli sommersi della sua ricerca. Ancor oggi ricordo vividamente l’enorme alligatore preistorico sistemato in una stretta fossa di cemento, piena fino a metà di pacchetti di sigarette e carte di gelato nella casa dei rettili allo zoo di Shanghai, che sembrava esser stato spinto a forza, attraverso tante decine di milioni di anni, nel Ventesimo secolo.
Per molti versi questa fusione di esperienze passate e presenti, e di elementi disparati come i moderni palazzi di uffici del centro di Londra e un alligatore di uno zoo cinese, somiglia ai meccanismi con cui sono costruiti i sogni e forse il grande pregio della fantasy come forma letteraria è la sua abilità di mettere insieme idee apparentemente diverse e sconnesse. In larga misura tutta la fantasy serve a questo scopo, ma credo che la fantasy speculativa, come amo chiamare la frangia più seria della fantascienza, sia un metodo particolarmente efficace di usare la propria immaginazione per costruire un universo paradossale dove sogno e realtà si fondono assieme, ciascuno mantenendo le proprie qualità peculiari e assumendo tuttavia in qualche modo il ruolo del suo opposto, e dove, per una logica incontestabile, il nero diventa simultaneamente bianco.
Senza voler suggerire in nessun modo che l’atto di scrivere sia una forma di autoanalisi creativa, sento che lo scrittore di fantasy ha una marcata tendenza a selezionare immagini e idee che riflettano direttamente i paesaggi interni della sua mente, e il lettore deve interpretarli a questo livello, distinguendo tra il contenuto manifesto, che può apparire oscuro, senza senso o angoscioso, e il contenuto latente, il vocabolario privato di simboli estratto dalla mente dello scrittore. Gli universi onirici, paesaggi sintetici e plasticità di forme visive inventate dalo scrittore di fantasy, sono gli equivalenti esterni del mondo interiore della psiche e siccome questi simboli prendono impulso dai periodi più confusi e formativi delle nostre vite, essi sono spesso sculture temporali di una terrificante ambiguità.
Questa zona la considero “spazio interiore”, paesaggio interno ndi domani che è una immagine trasmutata del passato e una delle aree più fertili per lo scrittore che si basa sull’immaginazione. Essa è particolarmente ricca di simboli visivi e mi sembra che la fantasy di tipo speculativo giochi un ruolo molto simile a quello del surrealismo nelle arti grafiche. Pittori come De Chirico, Dalì e Max Ernst, tra gli altri, sono per certi versi gli iconografi dello spazio interiore, durante tutti i loro periodi più creativi si sono interessati alla scoperta di immagini nelle quali la realtà esterna e interna si incontrano e si fondono. Dalì, deplorevolmente, è ora in un totale declino critico, ma i suoi quadri, con i suoi orologi molli e le spiagge minatoriamente luminose, sono di una potenza quasi magica, soffusa da quella curiosa ambivalenza che si può vedere solo sulle faccie serpentine dei quadri di Leonardo.
E’ una cosa curiosa che per i paesaggi di questi pittori, e di Dalì in particolare, si faccia riferimento sempre all’onirico, quando in verità non vi è alcuna somiglianza alla grande maggioranza dei sogni, che in generale si svolgono in ambienti ristretti e al chiuso, un incrocio tra Kafka e Il Diario di Mrs.Dale. Nei sogni immagini fantastiche, come fiori che cantano o sculture soniche, appaiono tanto frequentemente quanto nella realtà. Questo falso parallelo e la consapevolezza che gli scenari e i temi sono riflessi di qualche realtà interiore delle nostre menti, ci dice quanto sia importante la fantasy speculativa nel secolo di Hiroshima e Cape Canaveral.
(apparso su “Women Journalist”, estate 1963; tr.it. G.Carlotti e S.Murer, in J.G.Ballard, Re/Search edizione italiana, Shake ed., MI, 1994)
http://geigerdysf.splinder.com/post/20359663/E'+morto+J.G.Ballard
http://www.agoravox.it/L-ULTIMO-RESPIRO-DI-J-G-BALLARD.html
RispondiEliminaSi può essere appassionati di letteratura fantascientifica senza aver mai letto nulla di Ballard? Probabilmente sì, ma certamente si è perso un appuntamento fondamentale con la storia di questo genere. James Graham Ballard fin dalle sue prime storie apparse nel 1956 sulle riviste New Worlds e Science Fantasy ha diviso il suo potenziale audience: l'emergente movimento della New Wave inglese l'ha fatto subito suo, mentre lo scrittore e il lettore tradizionale di SF ha ignorato quei lavori rifiutando di catalogarli come "fantascienza". La forza narrativa di Ballard si riassume nel concetto innovativo di letteratura dello spazio interno (inner-space), anziché quello più tradizionale di spazio esterno (outer-space), che caratterizza la maggior parte delle opere fantascientifiche. Per questa ragione Ballard è un autore assolutamente unico, ricco di valori che si scoprono man mano che si approfondisce la sua produzione. E' un rinnovatore del tessuto stilistico di fantascienza e come tale è fondamentale leggerlo.
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