giovedì 16 aprile 2009

I diritti e i serpenti di Internet

Una vostra collega, Elena Camperlingo, vi invita a commentare un articolo del Corriere della Sera relativo ai social network.

"Mi ha colpito il titolo dell'articolo e le considerazioni dell'autore Beppe Savergnini sulla privacy".

http://www.corriere.it/cronache/09_aprile_15/diritti_serpenti_internet_severgnini_5a4c2cec-2987-11de-8317-00144f02aabc.shtml

3 commenti:

  1. Senza ombra di dubbio,Internet è uno strumento molto potente, spesso più di quanto siamo abituati a pensare.
    Come tutte le cose, ha i suoi lati positivi e i suoi lati negativi. Ma non va demonizzato nè esaltato in quanto va semplicemente usato con cautela e in modo il più possibile corretto perchè come tutte le cose ha i suoi lati positivi e i suoi lati negativi.Parlando dei suoi difetti a volte l’autorità di un sito può non essere esaustiva; anzi, può rivelarsi fuorviante. Pensiamo al caso del SexGate(1998), che investì l’allora presidente americano Bill Clinton. Nel Gennaio di quell’anno qualcuno, forse desideroso di emulare quella “Gola Profonda” che animò un altro grande scandalo a stelle e strisce, ovvero il WaterGate, diffuse la notizia che un agente dei servizi segreti americani avesse colto in flagrante lo stesso Clinton con la Lewinski: tale bomba esplose in un baleno, e farle da cassa di risonanza ci pensò proprio internet, tramite il “Dallas Morning News” (vincitore di alcuni premi Pulitzer, tanto per essere chiari). La prestigiosa testata giornalistica diffuse sul web la notizia, salvo poi rimangiarsi tutto poche ore dopo. Il tam-tam era però già partito, e non si sarebbe fermato. Non si è più nell’era del Watergate, quando i giornalisti del “Washington Post” Bernstein e Woodward confrontarono gli scottanti dati in loro possesso con altre due fonti, prima che il loro giornale uscisse con le rivelazioni (attenzione: vere) che costrinsero alle dimissioni – per la prima volta nella storia degli Usa – il presidente repubblicano Richard Nixon.
    Internet è anche un formidabile contenitore di bufale: clamorosa fu quella a cui abboccò il quotidiano romano de “Il Messaggero”, che riportò dell’esistenza di un gruppo denominato Bonsaikitten, che si dilettava nell’allevare mini gattini dentro delle bottiglie, esattamente come si farebbe con un bonsai. Del caso si occuparono anche alcune testate americane. Dopo l’indagine svolta dalla polizia, si scoprì che il tutto era stato orchestrato da un paio di studenti burloni. Ecco che internet si dimostra un veicolo d’informazione molto veloce, soprattutto per la rapidità e la relativa facilità con la quale possiamo accedere alle informazioni stesse che diffonde. Ma tale velocità consente alle bufale o alle informazioni manipolate di arrivare dappertutto a ritmi e velocità elevatissime. Con un rischio d’inganno davvero alto. Ne consegue che le argomentazioni che supportano le testimonianze addotte possono rivelarsi fragili come un castello di carte.
    Visto e considerato quanto detto fin ora, pare che internet sia quasi uno “strumento del demonio”, un qualcosa da cui difendersi e basta. Ma non è sempre così: in tempi di guerra, ad esempio, internet può costituire una alternativa alle fonti di informazioni dirette, emanate dai governi e caratterizzate da grosse esigenze propagandistiche. Tale funzione di “controinformazione” è svolta in maniera eccellente dai blog di guerra (i cosiddetti warblog, ricordando l’emblematico caso di Salam Pax[3]), che hanno costituito un’efficace alternativa ai giornalisti embedded, i quali furono autorizzati dal governo americano, durante la seconda guerra del golfo, a convivere tutto il giorno a fianco dei soldati. Questo naturalmente scatenò non poche polemiche, visto che in questo modo gli embedded rischiavano di farsi influenzare dall’eccessivo cameratismo che si sarebbe inevitabilmente creato con i soldati, a scapito di un’informazione non del tutto obiettiva. La controinformazione non avviene solo in tempo di guerra (anche se in guerra ci siamo in pratica sempre…), e non solo riguardo questa, ma si scontra con l’informazione ufficiale su quasi tutti i terreni della vita politica, sociale e culturale: basti osservare gli esempi proposti da Il Barbiere della Sera o dalla sezione “Italians” del sito del Corriere della Sera (www.corriere.it).

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  2. L'INTERVISTA
    "Quattro giovani contro le major
    ma la storia non si può fermare"
    Luca Neri, autore de La baia dei pirati: "La sentenza non bloccherà lo scambio di file" di BENEDETTA PERILLI



    Dopo la condanna ai responsabili di Pirate Bay, parla Luca Neri, giornalista, consulente informatico e autore del libro La baia dei pirati - Assalto al copyright, un'inchiesta edita da Cooper che racconta le ragioni tecniche, sociali, politiche della condivisione online.

    Neri, quali saranno le conseguenze della condanna a Pirate Bay?
    "Prima di tutto, non scompare il peer to peer. La condanna è puramente simbolica e non comporterà la chiusura definitiva del sito. Siamo solo al primo appello e prima che i responsabili vadano in galera dovrà ancora passare del tempo. Il problema è comunque un altro. Pirate Bay ha avviato già dal 2006, ovvero dal primo sequesto dei suoi server in Svezia, un sistema di server distribuito in giro per il mondo che rende tecnicamente abbastanza difficile la chiusura del sito. La sentenza di oggi sposta il dibattitto sul copyright nell'era del digitale da un piano giuridico a un piano simbolico. Può avere effetti sull'opinione pubblica europea ma non cancellerà il trend della tecnologia che va verso una circolazione sempre più facile delle informazioni tra individui. Credere di poter fermare così il fenomeno della condivisione, è come credere di poter fermare la storia".

    Quattro giovani contro le major. Chi vincerà?
    "A differenza di altri siti di file sharing come Napster o Kazaa, Pirate Bay non è a fini commerciali. Quelle erano imprese non tradizionali con aspirazioni economiche che sono state considerate dai giudici come illegali. Qui il fenomeno è diverso: Peter Sunde e i suoi tre amici hanno creato Pirate Bay non per soldi, ma per scatenare un dibattito internazionale. Non sono degli uomini di affari, ma dei militanti che per questa causa sono anche pronti a diventare dei martiri. Quella di oggi è solo una vittoria formale che le multinazionali dell'audivisivo europee cercavano in questo momento. Bisognerebbe invece riflettere sulle differenze che ci sono tra Europa e Stati Uniti: negli States non sono i siti ad essere condannati ma i singoli utenti che ne fanno utilizzo. In Europa si è voluto colpire un simbolo, non un servizio".

    Quale ruolo sta avendo la rete nella riscrittura delle regole del copyright?
    "Fino ad oggi l'enorme potenziale del digitale ha impaurito le major dell'audiovisivo che, da intermediari tra contenuti e pubblico, si sono visti fortemente ridimensionati. Sono nate così leggi sempre più draconiane per soffocare la circolazione dei contenuti. Le norme riguardanti il copyright e il file sharing andrebbero cambiate. I giovani lo sanno e sono loro gli elettori di domani. Quanto tempo impiegheranno i politici a capirlo, è ancora da vedere".



    http://www.repubblica.it/2009/01/sezioni/tecnologia/p2p/intervista-neri/intervista-neri.html

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  3. deputati.camera.it/gabriella.carlucci/comunicati/com260209.pdf

    www.programmazione.it/index.php?entity=eitem&idItem=40674 - 16k -

    Sì è vero: Internet è una vera e propria giungla virtuale. Entrando nella rete ci si ritrova immersi da siti e spazi che non lasciano scampo: se non ti iscrivi a Facebook o a qualsiasi altro sito di social network, si è esclusi dalla maggior parte della gente che invece lo fa, e che per questo si sente forte, alla moda. Ma spesso valutando più il lato "glamour" della cosa, tralasciamo quello etico e soprattuto quello della sicurezza. Acettiamo di far sapere a tutti informazioni sulla nostra persona, condividiamo con altri storie, foto, ricordi che dovrebbero essere solo nostri, ignari del fatto che ogni informazione che aggiungiamo quasi per gioco, ogni giorno, su di noi, la stiamo offrendo su un piatto d'argento a chi è pronto a farci del male o a chi vuole prevaricare su di noi. E' di pochi giorni fa, ad esempio, la notizia che una donna è stata licenziata perchè, avendo mal di testa, aveva chiesto un permesso per malattia e mentre era a casa, invece di riposare, aggiungeva nuove informazioni al suo profilo su Facebook. La realtà di Internet oggi non è più come prima, quando veniva considerata una grande scoperta, quando era ritenuto della massima utilità e permetteva collegamenti con gran parte del mondo. Cose che prima non si sapevano, che i giornali spesso censuravano, con Internet venivano a galla permettendo alla gente di aprire gli occhi su molte questioni. Ma oggi, dopo la sua gigantesca evoluzione e trasformazione è anche un mezzo pericoloso da usare, che solo pochi o forse nessuno è in grado di saper maneggiare. Prima ti ammalia, poi ti fa cadere nella "rete" e ti cattura, infine ti ipnotizza rendendotene dipendente: proprio come una droga. Basta guardarci, quanto tempo ogni giorno impieghiamo per conversare i nostri amici, iscriverci a stupidi gruppi: un'ora, due, tre...finchè il giorno finisce e i nostri veri impegni si accumulano. Sarebbe più giusto imporre delle regole sulla privacy, fare in modo che i siti siano più chiari circa il loro contenuto, educare le generazioni future al giusto utilizzo di questo mezzo di comunicazione. D'altra parte noi ormai siamo già entrati nelle giungla, in essa ognuno di noi è solo e da soli è difficile tagliare la "rete" che ci ha intrappolati e trovare la strada del ritorno.
    "...Su Internet c'è molto più di qualunque cosa uno possa immaginare. È una specie di realtà al cubo, c'è tutto e infinitamente più di tutto e infinitamente più di tutto di tutto. È un incubo",(Aldo Nove).

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