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"Teoria e metodo dei mass media" (ABPC 65)
prof. Vito Campanelli
domenica 3 aprile 2011
Alan Turing
Alan Mathison Turing (Londra, 23 giugno 1912 – Wilmslow, 7 giugno 1954) è stato un matematico e logico britannico.
Considerato uno dei padri dell'informatica, introdusse la macchina ideale ed il test che portano il suo nome (fonte: it.wikipedia.org).
Vi invito a trovare e pubblicare (come commento a questo post) qualsiasi materiale riteniate utile ad approfondire la conoscenza di questo importante personaggio.
Vi ricordo di indicare sempre la fonte dei materiali che pubblicate.
[data orginale 02/04/2009 - rimesso in cima il 03/04/2011]
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Alan Turing è nato il 23 giugno 1912 a Londra ed è morto il 7 giugno 1954 a Manchester. E' stato uno dei pionieri dello studio della logica dei computer così come la conosciamo oggi ed il primo ad interessarsi all'argomento dellintelligenza artificiale.
RispondiEliminaHa ispirato i termini ormai d'uso comune nel campo dell'informatica di Macchina di Turing e di Test di Turing.
Come matematico ha applicato il concetto di algoritmo ai computer digitali e la sua ricerca nelle relazioni tra macchine e natura ha creato il campo dell'intelligenza artificiale.
Interessato soltanto alla matematica e alla scienza iniziò la sua carriera come matematico al King's College alla Cambridge University nel 1931.
Si può dire che questo inizio fu abbastanza casuale: a scuola non aveva un gran successo, data la sua tendenza ad approfondire solo le cose che lo interessavano. Solo la grandissima amicizia con Christopher Morcom, molto più promettente di lui e molto più sistematico gli permise iniziare la sua carriera universitaria: l'amico infatti, molto promettente, morì di tubercolosi due anni dopo il loro incontro e Alan si ripromise di continuare la sua ricerca e di seguire la sua carriera, riuscendo così a darsi un sistema di approfondimento degli studi.
Una delle sue caratteristiche fu di non usare il lavoro di scienziati precedenti, bensì di ricreare le scoperte precedenti. Trasferitosi alla Princeton University iniziò ad esplorare quella che poi verrà definita come la Macchina di Turing.La macchina di Turing, per grandi linee, non è altro che l'odierno computer: descrisse una macchina che sarebbe stata capace di leggere una serie su una banda composta dalle cifre uno e zero. Questi uni e questi zeri descrivevano i passaggi che erano necessari per risolvere un particolare problema o per svolgere un certo compito. La macchina di Turing avrebbe letto ogni passaggio e l'avrebbe svolto in sequenza dando la risposta giusta. Questo concetto era rivoluzionario per quel tempo in quanto molti computer negli anni '50 erano progettati per un scopo preciso o per uno spettro limitato di scopi. Ciò che Turing intravvedeva era una macchina che riusciva a fare tutto, una cosa che oggigiorno diamo per scontata.
Il metodo di istruzione del computer era molto importante nel concetto di Turing. Essenzialmente descriveva una macchina che conosceva alcuni semplici istruzioni, far compiere ad un computer un compito particolare era soltanto una questione di spezzare l'istruzione in una serie di queste semplici istruzioni, una cosa identica al processo affrontato dai programmatori odierni. Era convinto che si potesse sviluppare un algoritmo per ogni problema. La parte più difficile stava nel determinare quali fossero i livelli semplici e come spezzettare i grossi problemi.
Durante la seconda guerra mondiale Turing mise le sue capacità matematiche al servizio del Department of Communications inglese per decifrare i codici usati nelle comunicazioni tedesche, un compito particolarmente difficile in quanto i tedeschi avevano sviluppato un tipo di computer denominato Enigma che era capace di generare un codice che mutava costantemente.
Durante questo periodo al Department of Communications, Turing ed i suoi compagni lavorarono con uno strumento chiamato COLOSSUS che decifrava in modo veloce ed efficiente i codici tedeschi creato con Enigma. Si trattava, essenzialmente di un insieme di servomotori e metallo, ma era il primo passo verso il computer digitale.
Dopo la seconda guerra mondiale Turing si accorse che aveva bisogno di un mezzo per superare lo stress che aveva accumulato ed iniziò a praticare il fondo. Come quasi tutte le altre che lo interessavano, scoprì che andava molto bene ottenendo tempi record nella corsa sulle 3 e 10 miglia. Di conseguenza usò la sua abilità atletica per correre tra le varie sedi delle sue letture.
Continuò a lavorare per il National Physical Laboratory (NPL) e continuò la ricerca nel computer digitale. Lavorò nello sviluppo all'Automatic Computing Engine (ACE), uno dei primi tentativi nel creare un vero computer digitale. Fu in questo periodo che iniziò ad esplorare la relazione tra i computer e la natura. Scrisse un articolo dal titolo Intelligent Machinery; pubblicato poi nel 1969. Fu questa una delle prime volte che è stato presentato il concetto di intelligenza artificiale.
Turing era dell'idea che si potessero creare macchine che fossero capaci di mimare i processi del cervello umano. Discusse la possibilità di tali macchine, riconoscendo la difficultà che la gente avrebbe nell'accettare una macchina che si ponga in concorrenza con la loro intelligenza, un problema che colpisce l'intelligenza artificiale ancor oggi. Secondo la sua idea non c'è niente che possa fare il cervello e che un computer ben progettato non possa fare. Come parte del suo ragionamento Turing descrive meccanismi già esistenti che funzionano come parti del corpo umano, come le telecamere e i microfoni.
Turing entrava spesso in dibattiti infuocati con altri scienziati per via delle sua concezioni radicali sul futuro dell'informatica: dal nostro punto di vista, le idee che aveva erano logiche e tutt'altro che sorprendenti. Dal punto di vista dei suoi contemporanei le sue idee erano stravaganti. Una replica interessante di Turing durante questi dibattiti era di chiedere ai colleghi se potevano creare un'esame a cui un computer non poteva venir allenato a rispondere. Un computer non avrebbe avuto problemi con un esame a scelte multiple, mentre un test a forma di saggio sembrava al di là delle possibilità del computer. Questo, comunque, non fa indicare ulteriormente le previsioni accurate di Turing: ci sono programmi oggi che permettono al computer di scrivere saggi dando solo brevi tracce e qualche parola chiave.
Turing era dell'idea che una macchina intelligente si potesse creare seguendo gli schemi del cervello umano. Scrisse un articolo nel 1950 in cui descriveva quello che attualmente è conosciuto come il Test di Turing. Il test consisteva in una persona che poneva delle domande tramite una tastiera sia ad una persona che ad una macchina intelligente. Era convinto che se la persona non poteva distinguere la macchina dall'altra persona dopo un ragionevole periodo di tempo, la macchina in qualche modo era intelligente.
Questo test è diventato il 'santo graal' della comunità dell'intelligenza artificiale e l'articolo di Turing che descrive il test è stato usato ripetutatmente in riviste ed in articoli che si riferiscono all'intelligenza meccanica.
L'edizione del 1987 dell'Oxford Companion to the Mind descrive il test di Turing come "il miglior test che abbiamo per confermare la presenza di intelligenza in una macchina." (Crockett p.1)
Turing lasciò il National Physical Laboratory prima del completamento dell'Automatic Computing Engine e si trasferì alla University of Manchester. Là ha lavorato alla realizzazione del Manchester Automatic Digital Machine (MADAM). Credeva veramente che entro il 20000 si sarebbero create delle macchine che potessero replicare la mente umana. Ha lavorato per questo scopo creando algoritmi e programmi per il MADAM, ha collaborato nella creazione del suo manuale operativo e divenne uno dei principali fruitori dello stesso per avanzare la sua ricerca.
Uno degli aspetti principali della vita di Turing e che spesso passa inosservata è il suo lavoro nella biologia. Turing ha pubblicato un solo articolo, The Chemical Basis of Morphogenesis nel 1952. Aveva scritto altri testi, ma nessuno era terminato alla sua morte e sono stati pubblicati in forma non definitiva. Il suo interesse principale nella biologia era la struttura fisica delle cose viventi. Era interessato al come e perchè gli organismi hanno sviluppato una forma particolare.
Ci sono milioni di cellule in una persona o in un albero e si sa quale forma prenderanno. Turing desiderava capire perché. Una base fondamentale per la sua ricerca era "il motivo dal progetto" (Saunders). L'idea base dietro ciò già era presente quando si credeva ancora che ci fosse un essere potente che dava forma a tutte le cose viventi. Come poteva essere successo diversamente che tutti questi organismi avevano assunto i loro diversi tratti fisici che permettevano loro di esistere nel loro ambiente? La teoria dell'intervento divino fu sostituita dall'idea della selezione naturale Darwin prima che Turing se ne occupasse, ma il concetto funziona ancora. La struttura è determinata dall'intervento esterno.
Turing non accettò questa teoria. Fu enormemente influenzato dal biologo D'Arcy Thompson che credeva che la forma biologica era semplicemente un risultato dei processi chimici e fisici. La selezione della struttura non entra in gioco fino a che le possibili forme non sono determinate. Il punto di partenza basilare nella sua posizione si può riassumere così:
"Invece di chiedere perché una certa configurazione di foglie è particolarmente vantaggiosa per una pianta, cercò di dimostrare che era una conseguenza naturale del processo con cui vengono prodotte le foglie."(http://www.intercom.publinet.it/1999/turing.html) MARIA IZZO
Credo che tutto quello che si vuole conoscere su Turing lo si può trovare non solo su Wikipedia ma su una miriade di blog. Ora, non per non dare a Turing quello che giustamente è di Turing, ma credo che la sua figura abbia affascinato moltissima gente soprattutto per la sua tragica esistenza più che per quello che ha fatto, anche perchè quello che ha fatto dei profani come me possono arrivare a capire fino ad un certo punto.
RispondiEliminaLeggo su Wikipedia:<< Nel 1952 (Turing) sviluppò un approccio matematico all'embriologia. Il 31 marzo dello stesso anno fu arrestato per omosessualità e condotto in giudizio, dove a sua difesa disse semplicemente che non scorgeva niente di male nelle sue azioni.(...)La pena inflitta fu severissima: fu sottoposto alla castrazione chimica che lo rese impotente e gli causò lo sviluppo del seno; alcuni dei motivi che probabilmente lo condussero, di li a poco, al suicidio. >>
Certo non è stata una delle migliori esistenze, difficile dire "poteva andargli peggio", e allora ecco che fioccano articoli come questo qui, in quinta posizione su google:
http://www.vialattea.net/odifreddi/bio/turing.htm
o questo qui in seconda pagina dal titolo inquietante "TURING IL GENIO CASTRATO CHIMICAMENTE" :
http://www.ugis.it/a050306-turing.html
BOH!
Giusy Di Marsilio
CURIOSITA'
RispondiEliminaTuring fu un uomo piuttosto stravagante: grande sportivo (praticava soprattutto la corsa, ma anche tennis, canottaggio e ciclismo), andava in bicicletta con la maschera antigas nei periodi dell’impollinazione, giocava a tennis nudo con indosso solo un impermeabile, legava la tazza da tè al termosifone con un lucchetto, portava la giacca del pigiama al posto della camicia, gettava nel cestino le lettere della madre senza leggerle. Non sopportava gli sciocchi, e abbandonava le conversazioni vuote e le compagnie idiote repentinamente, e senza una parola di commiato. Imparò a fare la maglia da una ragazza che aveva deciso di sposare, nonostante la propria omosessualità. Il suo aspetto era trasandato, con la barba sempre lunga e le unghie sporche. Per certi versi fu infantile, si fece regalare un orsacchiotto di pezza per Natale, a ventidue anni, e perse letteralmente la testa per il film Biancaneve, canticchiando per giorni le canzoni e il ritornello dell'incantesimo della strega (sulla mela avvelenata), quindici anni prima di scegliere tale metodo per suicidarsi.
Una leggenda dice che il logo della Apple sia un omaggio ad Alan Turing, tuttavia, l'azienda non ha mai confermato né smentito questa notizia.
( fonte www.fantascienza.com )
Giuliana Balsamo
Ho trovato una canzone dedicata ad Alan Turing e alla sua difficile storia..
RispondiEliminaEcco il link
http://www.youtube.com/watch?v=frti62ZoZl0&feature=related
Giuliana Balsamo
Alan Turing:
RispondiEliminainformatica, spionaggio e sesso 0
Piergiorgio Odifreddi
Gennaio 1992
Vita
Alan Turing morì suicida nel 1954 all'età di quarantadue anni, dopo aver mangiato una mela intinta nel cianuro. Durante la seconda guerra mondiale fu il cervello umano di un ente di spionaggio, e riuscì a decodificare il codice di trasmissione tedesco (l'Enigma), fornendo cosi alla marina inglese le comunicazioni nemiche su un piatto d'argento. Dopo la guerra tentò inutilmente di dare all'Inghilterra un altro vantaggio sostanziale, con la costruzione di un cervello elettronico universale (un computer moderno), basato sugli studi teorici che egli aveva effettuato da studente, a ventitré anni, inventando quella che oggi si chiama macchina di Turing. A titolo di ringraziamento per i suoi servizi l'Inghilterra dapprima lo decorò con l'Ordine dell'Impero Britannico, poi lo fece membro della Royal Society, ed infine lo processò per atti osceni in quanto omosessuale (in una causa chiamata, secondo l'uso, la Regina contro Turing), condannandolo ad una cura ormonale che lo rese impotente e gli fece crescere il seno. Due anni dopo Turing si liberò definitivamente dei servizi segreti e dell'Inghilterra.
Folclore
Turing fu un uomo piuttosto colorito. Ebbe una passione per esperimenti ed invenzioni fin dall'infanzia (che prefiguravano un interesse per aspetti applicativi della scienza), e per la bicicletta e la corsa dall'adolescenza fino alla morte (che mostrano un interesse per l'attività fisica oltre che intellettuale, contrario alla cesura fra 'atleti' ed 'esteti' allora d'obbligo nella vita universitaria, e che sarà all'origine dei suoi guai). Il suo aspetto era trasandato, con la barba sempre lunga e le unghie sporche. Fu infantile (ad esempio, si fece regalare un orsacchiotto di pezza per Natale, a ventidue anni) e antiaccademico (il che fu una delle cause per le sue ripetute difficoltà nell'avere un lavoro universitario: era ancora assistente a trentasei anni). Canticchiava per giorni l'incantesimo della strega malvagia di Biancaneve (sulla mela velenosa), quindici anni prima di scegliere tale metodo per suicidarsi. Seppellì lingotti d'argento durante la guerra in modo così sicuro da non riuscire a ritrovarli dopo la fine. Non sopportava gli sciocchi, ed abbandonava le conversazioni vuote e le compagnie idiote repentinamente, e senza una parola di commiato. Imparò a fare la maglia da una ragazza che aveva deciso di sposare, nonostante la propria omosessualità. Andava in bicicletta con la maschera antigas durante il periodo dell'impollinazione, per evitare la febbre da fieno, o avvolto in tela cerata gialla durante la stagione delle piogge. Legava la tazza da tè al termosifone con un lucchetto, per evitare che gli fosse rubata. Portava la giacca del pigiama al posto della camicia, e pretendeva di poter lavorare quando si sentiva (in particolare, di notte e fuori dell'orario di ufficio), anche sotto regime militare. Gettava nel cestino le lettere della madre senza leggerle, dicendo che ella stava certamente benissimo. Faceva calcoli, anche durante le conferenze pubbliche, con numeri in base 32 scritti all'indietro (come si dovevano inserire nel computer). Giocava a tennis nudo sotto un impermeabile, e non disdegnò di discutere con un bambino se Dio avrebbe preso il raffreddore se si fosse seduto sulla nuda terra.
Matematica
Il nome di Turing è oggi famoso soprattutto per la sua analisi del processo di computazione in termini di macchine astratte, dette appunto macchine di Turing. 1 Egli le introdusse per dimostrare che l'attività matematica non è completamente meccanizzabile (ed è quindi impossibile in linea di principio sostituire i matematici con macchine), scoprendo da un lato una macchina (detta universale) che è in grado di svolgere i compiti di qualunque macchina calcolatrice presente o futura (simulandone un programma), e mostrando dall'altro che anche tale macchina ha i suoi limiti. Cosi facendo Turing introdusse la nozione di computer moderno, ed allo stesso tempo ne delimitò i limiti alla potenza teorica.
Il suo contributo è ancora oggi poco capito (al di fuori degli ambienti informatici), ed una delle sue conseguenze è il fatto che non è possibile progettare o costruire computer più potenti di quelli già attualmente in uso: le uniche innovazioni possibili, benché sbandierate come progressi essenziali (ad esempio nello slogan di 'generazione n-sima', con n = 5 attualmente) non sono altro che sviluppi tecnologici relativi a dimensioni o efficienza.
La macchina di Turing fu ottenuta con un esperimento di pensiero analogo a quelli resi famosi dalla fisica moderna, ed in un certo senso è per l'informatica quello che l'equivalenza fra massa ed energia fu per l'energia atomica. In entrambi i casi, benché applicazioni pacifiche e utili siano innegabilmente possibili, è bene ricordare (o, per le anime pure, scoprire) che sono state in realtà quelle militari e distruttive ad averne giustificato e guidato lo sviluppo.
A differenza di Einstein, il cui coinvolgimento con la costruzione della bomba atomica si limitò alla lettera che egli scrisse a Roosevelt, e che in seguito giudicò l'errore più grave della sua vita, Turing si immerse nella collaborazione con i servizi segreti inglesi, dapprima come spia (per la decifrazione dei codici tedeschi), e poi come agente segreto (per il collegamento con gli americani).
Spionaggio
A parte i giochi infantili in cui egli mandava messaggi codificati in modo rudimentale, Turing fu presto interessato a criptografia e criptoanalisi (rispettivamente, codifica e decifrazione di messaggi).2 In seguito, egli paragonò quest'ultima all'indagine sulla natura dell'universo fisico, in cui i messaggi corrispondono ai fenomeni osservabili (con la differenza, sostanziale, che i primi sono discreti ed i secondi continui), e le chiavi usate nella codifica alle costanti fisiche.
Benché in una lettera del 1936 alla madre Turing esprimesse dubbi sulla moralità di vendere al governo metodi efficienti di criptografia (ai quali stava lavorando, e che dovevano rendere la codifica facile ma la decodifica praticamente impossibile senza chiave, come quelli odierni basati sulla decomposizione in fattori primi), egli abbandonò presto tali scrupoli, e già nel 1938 si arruolò nei servizi segreti. 3 I successi dell'impresa criptoanalitica nel periodo bellico furono non solo esaltanti intellettualmente (la giustificazione adottata dai matematici in generale, e da Turing in particolare, come scusa per il loro coinvolgimento in tali imprese), ma essenziali per la conoscenza dei piani del comando tedesco, il che permise enormi vantaggi difensivi ed offensivi, evitando grandi perdite alla flotta alleata ed infliggendone a quella tedesca.
Informatica
Il lavoro sulla criptoanalisi pose chiaramente agli alti comandi inglesi un problema centrale dell'era informatica: che fare della massa di informazioni a disposizione? Il risultato fu l'aumento a dismisura dei compiti e delle dimensioni (fino a 10.000 uomini) dell'organizzazione segreta che era stata preposta alla decodifica dei messaggi tedeschi: essa si impossessò dell'analisi e dell'elaborazione dell'informazione, scavalcando i normali canali militari, e divenendo un contropotere con accesso diretto al governo e l'appoggio personale di Churchill, al di fuori dei normali controlli politici e, ovviamente, con nuovi gestori (che finirono per esautorare gli scienziati veri e propri, Turing in particolare). La stessa esistenza di tale organismo rimase segreta ben oltre la fine della guerra (fino agli anni '70), a riprova degli interessi in gioco dietro la produzione e la gestione dell'informazione di massa.4
Da un punto di vista più pratico, il lavoro di decriptazione aveva mostrato agli inglesi in generale, ed a Turing in particolare, la necessità di effettuare numeri enormi di calcoli, e la auspicabilità di poterli automatizzare. Un analogo insegnamento era stato dato agli americani in generale, ed a Von Neumann in particolare, dal progetto Manhattan per la bomba atomica. In Inghilterra e negli Stati Uniti si incominciò quindi il lavoro per la costruzione di calcolatori elettronici. In realtà, in questo gli alleati erano stati preceduti a loro insaputa in Germania, dove Konrad Zuse aveva progettato e realizzato a partire dal 1938 calcolatori prima meccanici e poi elettronici (puntualmente usati, poiché tutto il mondo è paese, per la messa a punto delle V2).
Turing si era fatto le ossa nel campo ingegneristico durante la guerra, costruendo dapprima una moltiplicatrice elettrica, lavorando in seguito ad una macchina analogica a ruote dentate per il calcolo degli zeri della funzione Zeta, ed infine portando a termine un sistema elettronico per la codifica e decodifica della voce umana.
Ma egli non si dimostrò interessato al progetto di costruzione del primo calcolatore elettronico inglese (il Colossus). La sua idea era più ambiziosa: costruire non una macchina specializzata, per quanto potente, ma un computer programmabile nel senso odierno, cioè una versione fisica della sua macchina universale. Questo avrebbe permesso, in particolare, di spostare i problemi futuri dall'ingegneria (cioè dalla costruzione di macchine ancora più potenti) alla programmazione a tavolino di una stessa macchina. Questa idea era venuta nel frattempo anche a Von Neumann, che ben conosceva il lavoro teorico di Turing sulle macchine universali.
I due progetti che ne scaturirono (l'ACE di Turing e l'ENIAC di Von Neumann), non lasciavano dubbi sull'uso che si intendeva fare di tali macchine: 'tavole di tiro' nel primo caso, 'bombe, razzi, propellenti ed alti esplosivi' nel secondo. Turing era ovviamente meno dotato, in questo, del genio del male; ma al momento di una temporanea e parziale approvazione del progetto ACE il Ministero rettificò subito la sua inadeguatezza, parlando anch'esso di 'bombe, ogive, razzi e missili guidati'.
Però, mentre gli Stati Uniti si buttarono a capofitto nel progetto (pur non riuscendo a realizzarlo fino al 1952, e dovendo quindi effettuare i calcoli per la bomba all'idrogeno con metodi, letteralmente, anteguerra), l'Inghilterra preferì finanziare progetti meno ambiziosi e buttò cosi al vento la possibilità di mantenere il suo vantaggio tecnologico, firmando la condanna per il suo declino. Turing finì a lavorare ad uno di quei progetti a Manchester, introducendo una serie di innovazioni oggi universalmente adottate (l'inizializzazione, la memoria temporanea, la compressione nella rappresentazione dei dati, il generatore di numeri casuali, i sottoprogrammi, la 'library', il manuale di utilizzo, la verifica di correttezza dei programmi, addirittura il modem), ma senza riuscire a realizzare il suo vero sogno.
Intelligenza Artificiale
I problemi connessi con l'attività mentale furono centrali negli interessi di Turing. La macchina di Turinge soltanto un primo passo nell'analisi delle possibilità cerebrali, e pretende di formalizzarne soltanto le attività meccaniche (o di razionalità 'bassa'). In particolare, esclude del tutto l'intuizione, che Turing affrontò in un lavoro del 1939,5 in cui propose un modello che separa i passi in cui questa interviene (in un certo senso, come discontinuità) da quelli del processo razionale: il modello consiste dunque di una progressione di sistemi formali, ciascuno dei quali aggiunge ai precedenti una nuova intuizione, e da essa trae tutte le possibili conseguenze razionali. Tale lavoro diede inizio ad uno spostamento di prospettiva, dalle limitazioni delle macchine che erano l'oggetto dello studio di Turing all'inizio della sua ricerca, alle loro potenzialità.
Il progetto ACE , oltre alle ovvie applicazioni belliche, parla anche della macchina universale come di un 'cervello'. Turing cita apertamente la possibilità di farla giocare a scacchi,6 ed in seguito alzò il tiro, inserendo fra i possibili obiettivi l'apprendimento, la robotica, la traduzione da una lingua all'altra, la matematica e, al solito, la criptografia (quest'ultimo obiettivo fa venire in mente l'accezione inglese della parola 'intelligence', che significa appunto 'spionaggio', e stimola ad associare un senso meno eroico ma forse più realista alle parole Artificial Intelligence).
In breve, Turing divenne (parallelamente a Norbert Wiener negli Stati Uniti) il profeta dell'Intelligenza Artificiale, e la espose dapprima e difese poi in una serie di conferenze, dibattiti (anche radiofonici) ed articoli. Il suo contributo teorico nel campo fu una definizione operativa del pensiero, col cosiddetto test di Turing:7 se una macchina si comporta (nel senso di rispondere a domande) in modo indistinguibile da una persona, allora pensa.
Inutile dire che, per ora, gli unici computer che abbiano passato il test di Turing di cui si abbia esplicita notizia si trovano in romanzi di fantascienza, da 2001: Odissea nello spazio di Arthur Clarke (1968) a L'uomo di Turing di Harry Harrison e Marvin Minsky (1992).
Chimica
Il lavoro informatico (teorico e pratico) e la criptoanalisi non esaurirono l'attività intellettuale di Turing. Egli produsse risultati in logica (le progressioni formali citate), nella teoria dei gruppi, nella teoria dei tipi, nell'analisi (lo studio di metodi per il calcolo degli zeri della funzione Zeta di Riemann).
Soprattutto, Turing diede un contributo sostanziale alla morfologia,8 aprendo la strada alla spiegazione della crescita degli organismi viventi, e al loro prendere forme geometriche di dimensioni non commensurabili a quelle delle cellule di partenza. Tipici casi particolari del problema riguardano la disposizione delle foglie, la formazione di macchie di colore (ad esempio, striscie) sulla pelle degli animali, lo sviluppo di animali simmetrici come le stelle marine, via via sino alla crescita degli organi umani o del corpo in generale.
Il problema era complementare a quello risolto da Watson e Crick, all'incirca allo stesso tempo, per il DNA: non come le molecole si formassero secondo l'informazione genetica, ma come un composto chimico desse origine ad una struttura biologica regolare; in altre parole, come l'informazione codificata in modo unidimensionale nella sequenza lineare del DNA potesse tradursi nella costruzione di un animale tridimensionale di forma specifica.
Turing riuscì ad analizzare casi particolarmente semplici, in termini di rottura di un equilibrio instabile,9 ed il suo lavoro fu il primo passo nello studio dei fenomeni descritti da equazioni non lineari (divulgati in anni recenti dai lavori sulla termodinamica irreversibile di Prigogine, premio Nobel per la chimica nel 197710). Dopo la sua morte furono ritrovati abbozzi di articoli per la spiegazione dello sviluppo delle margherite, e delle pigne d'abete.
(Omo)sessualità
Turing ricavava (come egli stesso dichiarò) un piacere sessuale dalla matematica, e si suicidò per motivi direttamente collegati alla sua omosessualità: è dunque rilevante sottolineare, almeno di passaggio, i seguenti momenti e aspetti della sua vita.
L'infanzia, in cui dapprima entrambi i genitori, e poi il solo padre, furono assenti per anni (perché impegnati in India nel servizio civile). Il sistema totalitario delle public schools inglesi (che tendeva a plasmare gli individui in modo che essi recitassero la propria parte entro la struttura del sistema), e quello feudale di Cambridge (che insegnava a ripudiare la morale corrente e la saggezza convenzionale, ed era un'isola di dissenso sessuale, con famosi esponenti come l'economista Keynes, il romanziere Forster e il matematico Hardy). Il primo amore giovanile, che morì di tubercolosi da ragazzo durante la loro amicizia, rimasta ineguagliata nella memoria di Turing per purezza, intensità e romanticismo. Gli innumerevoli tentativi di approcci abortiti, fra compagni di scuola prima e colleghi o amici poi. Gli scarsi rapporti soddisfacenti (apparentemente, con una eccezione nel 1937 e nonostante la sua intraprendenza appena citata, soltanto negli ultimi cinque anni della sua vita Turing ebbe rapporti sessuali). Le battute di caccia notturne, nei bar e nelle strade di Manchester, e le gite a sfondo sessuale, in Norvegia, Francia e Grecia.
Fu appunto la relazione con uno dei ragazzi raccattati per strada ad essere 'scoperta' dalla polizia, quando Turing rispose troppo sinceramente (e dunque avventatamente) ad alcune domande, dopo aver sporto denuncia per un furto subito. Il reato era perseguibile d'ufficio: Turing fu processato per atti osceni gravi (su sua testimonianza!), e condannato, con le conseguenze già descritte.
Conclusione
Lo schizzo biografico appena tracciato è sufficiente ad evidenziare l'interesse, oltre che dell'opera di Turing, anche della sua vita. Non stupisce dunque che egli sia stato soggetto non soltanto di una appassionante biografia, ma anche di una fortunata piece teatrale.11 In particolare, ci sembra che siano due gli aspetti su cui la vita di Turing ci spinge a meditare.
Da un punto di vista sociologico, la situazione degli omosessuali nella società inglese nella prima meta del secolo.12 Essa costrinse Turing a condurre una difficile vita di doppiezza: oltre che per le sue preferenze sessuali, anche per il suo coinvolgimento in attività coperte dal segreto militare.
Da un punto di vista storico, le ambigue finzioni che cercano di presentare la scienza come neutrale, e la politica come responsabile del suo cattivo utilizzo. L'attività di Turing mostra chiaramente come l'informatica sia nata e cresciuta per fini militari, e come il suo recente e terrificante uso nella Guerra del Golfo non sia che l'ultimo anello (per il momento) di una pesante catena che rischia di imprigionarci in un mondo che neppure Kafka e Orwell avevano potuto immaginare. Turing si chiese se la macchine possono pensare, ma avrebbe forse fatto meglio a preoccuparsi del ruolo di questo eventuale 'pensiero' nella vita degli stati moderni.
http://www.vialattea.net/odifreddi/bio/turing.htm
Fonte:http://www.instoria.it/home/Alan_turing.htm
RispondiEliminaALAN TURING
Intelligenza artificiale
di Gilberto Trombetta
Deep the apple in the brew
Let the Sleeping Death sep trough*.
Tutto iniziò così, con una filastrocca, in un giorno lontano del 1931. Era il primo anno di Alan Turing a Cambridge. Quelli erano gli anni più felici, delle scoperte scientifiche e della scoperta del teatro. Quelli che seguirono, furono gli anni dell’affermazione scientifica e della solitudine umana. Quelli erano gli anni in cui nacque l’Intelligenza Artificiale.
Accolta da alcuni come l’alba di una nuova era, osteggiata da altri come fosse una bottega di ciarlatani, una pseudoscienza avida di soldi e avara di risultati. Una disciplina senza padre né madre, ma con tante madrine: psicologia, filosofia, biologia, fisica, matematica, ingegneria. Una scienza bambina, presuntuosa ed impavida, creativa e spudorata, allevata nel calore delle passioni diversissime di ricercatori eclettici, vissuta tra agi e stenti alterni, adulata e disprezzata, coccolata e abbandonata.
Una scienza ibrida, figlia del secolo ventesimo, proiettata nel ventunesimo, ma con radici antiche nel mito ebraico del Golem e nella filosofia leibniziana. L’IA è un’avventura che sa insieme di scienza e di mito, di sfida e di mistero, che vive nel silicio e nelle astrazioni della logica formale, ma che mira anche al segreto delle emozioni, delle passioni e degli istinti dei viventi.
Nel 1950, dopo una vita di successi scientifici e di fallimenti umani, dopo essere stato uno degli eroi più sconosciuti della seconda guerra mondiale, dopo aver inventato la ‘macchina universale’ (prototipo del moderno computer), Turing scrisse quello che ancora oggi resta uno dei testi fondamentali dell’IA: Computing Machinery and Intelligence.
L’articolo cominciava alla maniera informale, chiarissima e provocatoria tipica di Turing. “Propongo di considerare la domanda, «Possono le macchine pensare?». Bisognerebbe cominciare con le definizioni di cosa significhino ‘macchina’ e ‘pensare’, ma invece di tentare tale definizione, sostituirò la domanda con un’altra, che è strettamente connessa e si può esprimere con parole relativamente non ambigue. La nuova forma del problema si può esprimere nei termini di un gioco. Lo chiameremo gioco dell’imitazione”.
Tutto l’articolo è così: limpidissimo e ironico. Venti pagine senza una formula, senza una frase che non sia comprensibile a un sedicenne. Venti pagine da cui traspare il genio ribelle di Alan Turing. Venti pagine in cui Turing sembra aver immaginato molti sviluppi dell’IA e previsto tutte le critiche da lì a quarantanni. Venti pagine in cui inventò il ‘test’ che diventerà uno dei punti più dibattuti della disciplina.
Turing prese le mosse da un gioco che chiamò gioco dell’imitazione. Un ricercatore è chiuso in una stanza e può comunicare col mondo esterno solo tramite una tastiera con la quale invia messaggi e uno schermo sul quale legge le risposte. In altre due stanze, anch’essi isolati, ci sono un uomo e una donna. Il ricercatore deve riuscire a capire solamente dalle risposte che danno, chi dei due sia l’uomo e chi la donna.
I due però hanno il diritto di mentire spudoratamente: loro scopo infatti è di non lasciar capire il proprio sesso. Cosa c’entra l’IA? È proprio qui che entra in gioco la provocazione lanciata da Turing. Cosa accadrebbe se lasciassimo che una macchina giochi al posto di uno dei due? Il ricercatore sbaglierebbe l’identificazione lo stesso numero di volte? E sarebbe capace di riconoscere, anziché il sesso dei due giocatori, quale dei due sia la macchina? Se si avesse una macchina tanto sofisticata – sostenne Turing - da reagire in tutto e per tutto come un essere umano, non si sarebbe costretti a concludere che essa pensi?
Otto anni prima dello sconvolgente articolo di Turing, un giovane ventiduenne, molto prima che vedessero realmente al luce, iniziava a pensare in maniera scientifica ai Robot. Nel 1942 immaginava che i robot del futuro sarebbero stati costruiti per essere in tutto e per tutto i migliori amici dell’uomo. Immaginava che, al momento della costruzione, ad ogni robot venissero impresse in modo indelebile nel cervello delle leggi a tutela dell’uomo. Immaginò, anzi inventò, le tre leggi della robotica. Quel ragazzo si chiamava Isaac Asimov.
Fino ai primi decenni del ventesimo secolo gli esseri meccanici erano chiamati automi, dal greco autòmaton, ciò che si muove da sé. Nel 1921 lo scrittore ceco Karel Capek scrisse il dramma teatrale R.U.R.: Rossum’s Universal Robots (I Robot universali di Rossum). La parola robot deriva dallo slavo robota e vuol dire lavoro forzato, schiavitù (la radice è la stessa per le parole che denotano il lavoro in russo e in tedesco: robota e arbeit). Capek fu candidato al nobel, ma non lo vinse. Morì nel 1938 mentre era ricercato dalla Gestapo per le sue posizioni antinaziste. Il suo R.U.R. sarebbe passato alla storia.
IA forte e IA debole, cibernetica, robotica, artificial life, rete neurali, sistemi esperti. Sono tutte scienze figlie più o meno legittime delle idee di Alan Turing. Oggi i campi di ricerca si muovono in nuove direzioni rispetto all’inizio. La stessa IA, oltre che essere stata scorporata in più discipline, vive un forte scisma al suo interno, nato da un approccio diametralmente opposto alla materia. La cosiddetta corrente forte dell’IA predica la possibilità di creare macchine pensanti a partire dalla creazione di un determinato algoritmo, un programma. Sostiene cioè che l’intelligenza possa nascere dalla creazione di un particolare sistema formale che manipoli simboli.
La corrente debole dell’IA, anche chiamata approccio bottom-up, sostiene invece che il solo modo per arrivare ad un’intelligenza artificiale sia quello di costruire una serie di reti neurali così potenti che permettano l’emersione di un apparato intelligente autonomamente, senza bisogno di una programmazione umana che la guidi. Una rete neurale è un sistema nel quale inseriamo una serie di numeri o di segnali elettrici che possono rappresentare, per esempio, un’immagine o un suono, e che risponde fornendo altri numeri o segnali elettrici.
Ciò che il programmatore decide della rete è il numero di neuroni, la maniera in cui sono collegati tra loro e il ‘peso’ delle loro connessioni, ovvero quanto valgono i numeri che un neurone riceve dai propri vicini (cioè, nell’analogia col cervello, se le sinapsi sono inibitorie o eccitatorie). Poi la rete impara il resto da sé. C’è anche chi negli ultimi anni ha provato a coniugare le due correnti, convinto che la soluzione sia nel mezzo.
Insomma a più di 50 anni dalla sfida lanciata da Turing - può una macchina pensare? – la querelle è tutto tranne che superata. Anzi, se si pensa che nel febbraio scorso, a Fukuoka, è stata annunciata la “Fukuoka World Robot Declaration”, documento sugli intenti benefici dei robot prodotti dall’industria giapponese, si può tranquillamente pensare che una risposta a quella domanda sia finalmente vicina.
Ma per Turing tutto finì com’era iniziato. Il 7 giugno 1954 Alan Turing immerse una mela nel cianuro e la morse. Il genio che lanciò al mondo il pomo della discordia (Può una macchina pensare?), moriva per una mela avvelenata. L’uomo che per anni fu leader di uno dei progetti più segreti del pianeta, l’eroe in incognito, che fu prima corteggiato dai militari e poi trattato alla stregua di un criminale, costretto per un anno a causa della sua omosessualità a una tortura chimica, si spengeva in silenzio. Personaggio dai cento misteri, Alan Turing moriva nell’atmosfera da favola di una mela avvelenata.
Uno stupido incidente, a detta della madre. Suicidio, secondo il medico legale. Forse Turing ha scelto un suicidio dubbio per non creare altri scandali in famiglia. E forse, con l’ironia e il gusto del teatro che gli erano propri, ebbe la forza di canticchiare in quegli ultimi momenti la canzone che amava ai tempi di Cambridge, quella della strega di Biancaneve:
Deep the apple in the brew
Let the Sleeping Death sep trough*
* Immergi la mela nell’infuso
Lascia che vi si insinui il sonno di morte
Giulia Eleonora Zeno
Alan Turing è nato il 23 giugno 1912 a Londra ed è morto il 7 giugno 1954 a Manchester. E' stato uno dei pionieri dello studio della logica dei computer così come la conosciamo oggi ed il primo ad interessarsi all'argomento dellintelligenza artificiale.
RispondiEliminaUna delle sue caratteristiche fu di non usare il lavoro di scienziati precedenti, bensì di ricreare le scoperte precedenti. Trasferitosi alla Princeton University iniziò ad esplorare quella che poi verrà definita come la Macchina di Turing.
La macchina di Turing non è altro che l'odierno computer.
Turing descrisse una macchina che sarebbe stata capace di leggere una serie su una banda composta dalle cifre uno e zero. Questi uni e questi zeri descrivevano i passaggi che erano necessari per risolvere un particolare problema o per svolgere un certo compito.
La macchina di Turing avrebbe letto ogni passaggio e l'avrebbe svolto in sequenza dando la risposta giusta.
Questo concetto era rivoluzionario per quel tempo in quanto molti computer negli anni '50 erano progettati per un scopo preciso o per uno spettro limitato di scopi.
Ciò che Turing intravvedeva era una macchina che riusciva a fare tutto, una cosa che oggigiorno diamo per scontata.
Nel 1936 formulò il modello teorico del calcolatore a istruzioni memorizzate, la cosiddetta 'macchina di Turing'.
Un risultato analogo veniva fornito nello stesso anno, ma indipendentemente da lui, dal logico polacco Emil L. Post (1897-1954).
Il metodo di istruzione del computer era molto importante nel concetto di Turing. Far eseguire ad un computer un compito particolare era soltanto una questione di suddivisione dell'istruzione in una serie di istruzioni più semplici, lo stesso processo che viene affrontato anche dai programmatori odierni.
Turing era convinto che si potesse sviluppare un algoritmo per ogni problema. La parte più difficile stava nel determinare quali fossero i livelli semplici e come spezzettare i grossi problemi.
Durante la seconda guerra mondiale Turing mise le sue capacità matematiche al servizio del Department of Communications inglese per decifrare i codici usati nelle comunicazioni tedesche, in quanto i tedeschi avevano sviluppato un tipo di computer denominato Enigma che era capace di generare un codice che mutava costantemente.
Turing ed i suoi compagni lavorarono con uno strumento chiamato Colossus che decifrava in modo veloce ed efficiente i codici tedeschi creato con Enigma. Si trattava, essenzialmente di un insieme di servomotori, ma era il primo passo verso il computer digitale.
Turing era dell'idea che si potesse creare una macchina intelligente seguendo gli schemi del cervello umano.
Scrisse un articolo nel 1950 in cui descriveva quello che attualmente è conosciuto come il Test di Turing.
Il test consisteva in una persona che poneva delle domande tramite una tastiera, rivolgendosi sia ad una persona che ad una macchina intelligente.
Era convinto che se, dopo un ragionevole periodo di tempo, la persona che poneva le domande non fosse stata capace di distinguere le risposte della macchina da quelle dell'altra persona, la macchina in qualche modo si poteva considerare "intelligente".
Ipersensibile, incompreso, circondato dallo scetticismo e dall'ostilità dell'ambiente scientifico, il matematico inglese si suicidò il 7 giugno 1954, mangiando una mela al cianuro, per motivi mai chiariti. Due anni prima era stato coinvolto in uno scandalo per una relazione omosessuale (all'epoca considerata un reato in Gran Bretagna) e condannato a seguire una terapia ormonale che lo aveva reso impotente.
Fonte:http://www.windoweb.it/edpstory_new/ep_turing.htm
Valeria Pezzella
Alan Turing
RispondiEliminaIl matematico che sconfisse Hitler
Alastair Denniston era a capo del Government Code and Cipher School (GC&CS) dal 1919. Di volti nuovi, in venti anni di onorata carriera nel servizio criptoanalitico, ne aveva visti sempre pochi. Paga scarsa e lavoro tutt'altro che entusiasmante rendevano le sale del quartiergenerale del GC&CS tutt'altro che affollate. Ma in quell'estate del '38, alle soglie del secondo conflitto mondiale si trovò di fronte un ben più vasto campionario di intelligenze, invitate per essere selezionate per la più grande opera di spionaggio della storia.Tra queste persone, si materializzò, sceso da un transatlantico proveniente da oltreoceano, uno che incarnava tutti i peggiori timori di Denniston su quel vasto campionario di aspiranti agenti segreti: un matematico.
Come molti colleghi appartenenti alla GC&CS, Denniston considerava i matematici gente troppo strana e fuori dalla realtà per poter servire alla causa, ma quel bizzarro personaggio li batteva tutti. Il capo operativo della GC&CS ancora non lo sapeva, ma quel matematico dall'aspetto non proprio impeccabile e dalla voce insopportabilmente stridula, sarebbe riuscito laddove le armate di sua maestà avrebbero fallito: sconfiggere i terribili sottomarini U-Boot di Hitler e far volger le sorti del conflitto in favore degli Alleati.
Se per Denniston, Alan Mathison Turing era il peggior concentrato di timori con il quale avesse mai avuto a che fare, per la comunità scientifica era invece il matematico che aveva pubblicato un articolo rivoluzionario all'interno del quale si nascondeva un'intuizione di rara bellezza: l'idea della macchina universale. Era la primavera del 1936 quando Turing attraversava correndo il viale del King's College in quel di Cambridge per consegnare quel suo articolo. Il "Prof." come lo chiamavano i suoi vicini, era tutto fuorchè uno studente modello. Alan Turing in versione maratoneta Adorava correre, andare in bici, fare canottaggio; era un ottimo maratoneta ma era anche un tipo assai particolare e per questo molto poco amato. Trasandato e sporco, si presentava a lezione con il pigiama o giocava a tennis solo con un impermeabile. Andava in biblioteca alle ore più impensabili lasciando tutti i libri sparpagliati per la disperazione del custode. A volte era persino sgradevole nel relazionarsi con gli altri e non esitava ad abbandonare l'interlocutore qualora la conversazione non era di suo interesse. Questo era il mondo di Alan Turing tra le mura del King's College. E fu in questo mondo che immaginò che le macchine potessero pensare.
Alan Turing era giunto a Cambridge nel 1931; vi giunse, in un certo senso, per amore. Nato nel 1912 da un impiegato del servizio civile britannico in India, secondo di due figli, era stato spedito in un convitto inglese all'età di nove anni dalla madre che giudicava l'ambiente indiano inadatto all'educazione dei figli. Nulla nella tipica educazione inglese poteva assecondare e ispirare un ragazzino chiuso e sensibile come Alan. Di certo non fu un'infanzia particolarmente felice. Amava inventare esperimenti di chimica, sdraiarsi e osservare il passaggio delle nuvole oppure, come avrebbe ricordato la madre, "guardar crescere le margherite". Leggeva moltissimo e aveva una spiccata intuizione, ma gli insegnanti avevano di lui una pessima reputazione. Sebbene alcuni insegnanti notarono in lui caratteristiche non comuni " A.M. Turing ha dimostrato di avere attitudini non comuni e notare gli aspetti meno evidenti di certe questioni…", su di lui non si riversava alcuna speranza perché, come scrisse il preside della scuola dove si diplomò, Turing era destinato a "essere il tipo di ragazzo condannato a rappresentare un problema in ogni tipo di scuola e comunità".
Diplomatosi con difficoltà, nel 1931 giunse a Cambridge. La strada che lo portò al prestigioso istituto aveva un nome, Christopher Morcom. Lo conobbe nel 1928 e tra i due fu immediato feeling. Turing era tanto pasticcione, irritante, geniale e bizzarro, per quanto l'altro era gentile, raffinato, intelligente, in breve uno studente e un figlio modello. I due, mistero delle grandi amicizie, legarono fortemente ed era facile trovarli a discutere di alti problemi scientifici o a scherzare goliardicamente.
Nel 1928 Morcom fece domanda al Trinity College. Turing decise di seguire l'amico. Risultato: Morcom promosso all'esame di ammissione, Turing bocciato. Ma il peggio doveva ancora venire. Due mesi dopo, l'amicizia tra i due si interruppe nel modo più drammatico; il grande amico di Alan, sofferente di tubercolosi, morì dopo aver trascinato la malattia per anni. Turing fu sconvolto. Scrisse alla madre di Cristopher numerose lettere nelle quali cercava di confortare la donna. Voleva dimostrare che lo spirito del giovane era ancora vivo seppur separato dal corpo. Tali riflessioni erano supportate dalla convinzione che la meccanica quantistica avrebbe potuto permettere tale possibilità. A tal proposito decise di approfondire le problematiche che iniziarono a serpeggiare nella nuova descrizione del mondo dettata dalla fisica quantistica. Ma non si fermò. Decise fermamente di entrare al King's College come se volesse rendere l'ultimo omaggio all'amico scomparso. Riuscì a ottenere una borsa di studio al Trinity dove ebbe modo di essere allievo di Eddington, Hardy, Shaw e Russell; dove conobbe uno degli amori più grandi della sua vita: il teatro e in particolare lo spettacolo Biancaneve e i sette nani. Per settimane canticchiò il ritornello che accompagnava la scena nella quale la strega cattiva immergeva la mela nella pozione avvelenata. Un ritornello che lo accompagnerà fino all'ultimo dei suoi giorni.
Nel 1934 Alan si laureò in matematica con ottimi voti, assecondato dai professori che avevano capito il genio estroso di quell'allievo tanto eccentrico. In questo ambiente ricco e stimolante, che lo accolse senza condannare le sue stramberie, Turing attraversò di corsa quel viale con il suo articolo più celebre, quello che lo avrebbe innalzato al rango di uno dei pensatori più brillanti del secolo: Sui numeri computabili con una applicazione al entscheidungsproblem. Con questo articolo Turing si era cimentato con una questione che il grande matematico David Hilbert aveva lanciato al mondo scientifico alcuni anni prima.
Nel 1928, al termine di una straordinaria carriera che lo aveva portato a essere un'autorità assoluta, Hilbert rinnovò la sfida che aveva lanciato quasi trenta anni prima quando aveva individuato ventitré punti sui quali la matematica e i matematici avrebbero dovuto confrontarsi in futuro. Le questioni che rilanciò si concentrarono sugli aspetti fondamentali della matematica, soffermandosi su tre problemi: quello della coerenza, quello della completezza e quello della decidibilità o entscheidungsproblem.
I primi due furono risolti da Gödel. Il terzo da Alan Turing, alla sua maniera, inventando una macchina immaginaria. La domanda a cui dare una risposta era questa: esiste sempre un modo rigoroso di stabilire se un enunciato matematico sia vero o falso? La logical computing machine, o più semplicemente macchina di Turing, è costituita da un nastro di carta scorrevole diviso in caselle, un pennino e un apparecchio che ha la possibilità di compiere quattro operazioni: far scorrere il nastro in avanti, indietro, segnare una casella vuota con una x, oppure cancellarne una quando la incontra. Tutto qui. Turing intuì che una macchina così fatta, opportunamente istruita dal suo costruttore, ossia opportunamente munita di un "programma", poteva effettuare una infinità di operazioni poiché era in grado di imparare. Anzi. La macchina di Turing poteva risolvere qualsiasi calcolo che fosse calcolabile in maniera meccanica cioè in un numero finito di passi utilizzando un numero finito di simboli. In altre parole, la straordinaria intuizione di Turing fu che una macchina come quella che lui aveva immaginato poteva effettuare qualunque operazione fosse rappresentabile mediante un algoritmo. Insomma era una macchina universale. Il moderno concetto di computer come noi lo intendiamo era appena nato. La macchina di Turing poteva mettere delle crocette su un nastro di carta ma poteva anche giocare a scacchi, analizzare frasi e anche dare una risposta al quesito di Hilbert. Turing dimostrò che esistevano una classe di problemi matematici sulla quale la macchina non sarebbe stata in grado di dare una risposta; o meglio, che esistevano una categoria di affermazioni matematiche per le quali era impossibile sapere in anticipo se il calcolatore si sarebbe fermato per dare una risposta o avrebbe continuato per un tempo indefinito. Hilbert aveva ottenuto la sua risposta: se per il calcolatore, che poteva rappresentare il linguaggio della matematica, esistevano problemi "indecidibili", allora la risposta al quesito era NO, non è possibile stabilire in maniera certa e meccanica la verità o la falsità di tutti gli enunciati matematici.
Il primo al quale Turing presentò il suo lavoro in quell'aprile del 1936 fu A. Newman, brillante topologista di Cambridge. Newman era sconcertato. Stentava a credere al risultato di Turing. Troppo brillante e alternativo. Purtroppo però altri erano riusciti ad avere la meglio sul quesito di Hilbert. Fu lo statunitense Alonzo Church che all'interno di un lavoro molto complicato riuscì a dimostrare quello che Turing aveva fatto con la sua macchina immaginaria. Ma Church era abituato a muoversi in ambienti accademici e non esitò a pubblicare il suo lavoro mentre Turing si era limitato, come al solito, a fare il genio solitario.
Newman allora scrisse una lettera sincera e aperta al matematico statunitense ove mostrata l'originalità dell'approccio di Turing.
Church lesse la lettera e si comportò da vero gentiluomo. Ammise che le argomentazione di Turing erano migliori delle sue e invitò il giovane matematico a Princeton. Sul finire di settembre Alan Turing si imbarcò per gli Stati Uniti alla volta della prestigiosa università di Princeton. Von Neumann, Weyl, Einstein, erano i mostri sacri che attraversavano i corridoi dell'istituto per il quali, con passo incerto, si avventurò anche Turing.
Ma l'esperienza durò poco e non fu particolarmente apprezzata. Continuò a lavorare su problemi di logica matematica, migliorò alcuni teoremi di Church e si dedicò ad alcune implicazioni del teorema di incompletezza di Gödel. Sebbene iniziò ad essere piuttosto famoso, Turing rimase estraneo all'ambiente di Princeton; lavorava da solo, legava poco, era spesso stanco e depresso, angosciato da una tesi che non aveva alcuna voglia di scrivere e deluso dal fatto che i mostri sacri che circolavano lì dentro erano in realtà per lui ombre sfuggenti e irraggiungibili. Tranne uno. Il grande Von Neumann si accorse che quel giovane nascondeva sotto un atteggiamento non particolarmente socievole grandi potenzialità e decise di proporgli di divenire suo assistente. Roba di cui essere fieri per il resto della vita. Ma a Turing non interessò. A fine maggio discusse la tesi e poco dopo si imbarcò per tornare in patria. Il 18 luglio del 1938 sbarcava a Southempton dal transatlantico Normandie.
Aveva portato con se, oltre le sue stranezze, una misteriosa macchinetta messa a punto nella sua stanza di Princeton tra una lezione e l'altra. Nel periodo americano, infatti, Alan si era appassionato a i codici segreti. Scrisse alla madre quale poteva essere una delle applicazioni della matematica "…trovare quale sia il più generale codice cifrato possibile e costruire codici particolari e interessanti". Nel disordine della sua camera Turing mise in pratica la sua idea costruendo un marchingegno cifrante in grado di moltiplicare tra loro due lunghi numeri binari, uno era un testo in chiaro, l'altro la chiave.
Moltiplicati tra di loro davano il testo in codice. Secondo Turing la chiave poteva essere così lunga che avrebbero potuto scoprirla solo "cento tedeschi che lavorano con un calcolatore meccanico otto ore al giorno per cento anni", come raccontò il fisico Mac Phail amico di Alan. E non a caso, parlando con il collega, Turing si riferì ai tedeschi. Accanto alla passione per i codici segreti crebbe in lui l'avversione per il nazismo. Fu questo strano miscuglio di genialità e abilità pratica supportato dal terrore verso i nazisti che si presentò nelle sale del GC&CS di Alan Denniston nella tarda estate del 1938. Meno di un anno dopo Turing, ufficialmente borsista al King's College, fu assoldato dai servizi segreti britannici, per compiere una grande impresa.
Gli agenti di sua maestà stavano impazzendo di fronte a un problema apparentemente irrisolvibile ma dal quale potevano dipendere le sorti di un mondo che stava piombando verso la catastrofe. Il problema si chiamava Enigma.
L'incubo degli Alleati aveva le forme e le dimensioni di una macchina da scrivere incastrata dentro una scatola con coperchio. Serviva alla forze dell'Asse per scambiarsi messaggi cifrati. Fu inventata negli anni venti dall'ingegnere tedesco Arthur Scherbius che intendeva mettere a disposizione la sua creazione a industriali desiderosi di proteggere i loro segreti. L'invenzione non ebbe fortuna e tutte le aziende che ne acquistarono il brevetto ne dovettero constatare il fallimento. Eppure la macchina era un piccolo gioiellino. Dopo avere immesso il testo da cifrare mediante la tastiera, una serie di dischi ruotanti muniti ciascuno di 26 contatti elettrici su ciascuna faccia, modificava la lettera in uscita; questa veniva spedita a una sorta di riflettore che inviava nuovamente la lettera sui dischi ruotanti per fare il percorso inverso. Avendo la possibilità di scambiare i dischi e di alterare la posizione dei 26 contatti, si otteneva che il testo in entrata veniva codificato in maniera del tutto casuale per chi lo leggeva e senza una apparente chiave di lettura.
Questa macchinetta attrasse l'attenzione del servizio segreto tedesco che decise di acquistarla. Per gli esperti del Reich Eigma era inattaccabile, un'assoluta sicurezza. Si sbagliavano. Negli anni trenta tre matematici polacchi riuscirono a risolvere Enigma, riuscendo così a leggere il traffico segreto dei tedeschi. Ma agli inizi del '39 la situazione cambiò radicalmente e i Polacchi si ritrovarono al buio. I tedeschi avevano reso ancor più complicato il marchingegno, aggiungendo nuove ruote dentate e, alla fine, anche un pannello di commutazione munito di spinotti che garantiva una serie infinita di combinazioni. Miliardi e miliardi di combinazioni rendevano i messaggi delle forze armate de Hitler di nuovo al sicuro da sguardi indiscreti. I polacchi a questo punto chiesero aiuto agli inglesi. Mentre i carri armati con la croce uncinata e i famigerati U-Boot iniziarono a imperversare per mare e per terra, il CG&GS trasferì la sua sede fuori Londra, in una villa di stile vittoriano a Bletchey Park 80 km dalla capitale.
"Terrificante" e "orrenda" erano gli aggettivi più usati per descrivere la nuova dimora di Bletchey Park, laddove si consumò la più grande opera di spionaggio della storia. Fu in questo posto che Alan Turing poté dare il suo enorme contributo alla causa alleata. Il matematico e i suoi collaboratori iniziarono a studiare il problema e già alla fine del '40 furono in grado di costruire un apparecchio elettromeccanico in grado di simulare una macchina Enigma. Il traffico di messaggi segreti non poteva ancora essere letto in tempo reale ma dopo poco tempo Turing riuscì a rendere più veloce ed efficiente, di ben 26 volte, la macchina inventata dai polacchi alcuni anni prima, quella che fu chiamata "bomba". Con l'invenzione di Turing fu possibile leggere tutto il traffico segreto della Luftwaffe, l'aviazione tedesca. Quello della marina continuava, però, a essere inespugnabile.
I mercantili con i rifornimenti continuavano a colare a picco sotto i colpi degli U-Boot, rendendo la situazione degli alleati disperata. Ma Turing, coadiuvato da un team affiatato ed esperto formato da matematici, professori di tedesco e di storia, maestri di scacchi e giocatori di cruciverba riuscì a risolvere l'enigma navale. Costruì un congegno elettromeccanico enorme, Colossus, un mastodonte fatto di relè, fili e motori elettrici in grado di decifrare il codice segreto tedesco. Nel 43 la guerra prese decisamente un'altra direzione. Gli alleati potevano sapere in anticipo le mosse del nemico. I famigerati "branchi di lupi" come erano state soprannominate le piccole flotte di sottomarini che infestavano i mari del pianeta furono trovati, braccati e distrutti. La guerra era vinta.
Al termine della guerra, nel 1946, Turing fu insignito di un'alta onorificenza militare, l'Ordine dell'Impero Britannico.
Turing era un eroe e ben pochi sapevano il perché. Dovranno passa altri 30 anni prima che il mondo venga a conoscenza di questa vicenda e dei suoi protagonisti.
Dopo il conflitto Turing fu assunto dal National Phisical Laboratory (NPL) dove, con i mezzi messi a disposizione dal laboratorio, si dedicò alla costruzione della sua macchina universale. Progettò un vero e proprio computer, ACE, Automatic Computer Engine. Ma non fu capito, né aiutato. Erano passati i tempi di Bletchey Park; burocrati, politici e politicanti, scarsa collaborazione e, soprattutto, scarso rispetto per le sue idee, mortificarono l'eroe di guerra che pertanto decise di abbandonare la posizione e tornare a Cambridge. Prima di tornare nel posto che lo aveva scientificamente battezzato, Turing lavorò a Manchester alla progettazione della macchina MADAM (Manchester Automatic Digital Machine), sviluppandone gli algoritmi e i programmi. Si era convinto che entro l'anno 2000 i computer avrebbero potuto replicare il funzionamento del cervello umano.
Nel '47 era di nuovo a Cambridge. Riprese con entusiasmo a lavorare, dedicandosi anche alla neurologia e alla fisiologia. E riprese a correre moltissimo, tanto da poter vantare tempi da selezione olimpica. Si innamorò anche, stavolta ricambiato, di uno studente del college.
Intanto era pronto a sorprendere il mondo un'altra volta: " dobbiamo porci la questione di quanto, in linea di principio, sia possibile per una macchina calcolatrice simulare l'attività umana". Per Turing il calcolatore era come la mente di un bambino: pronta a imparare. Arrivò a ipotizzare macchine capaci di percepire l'ambiente esterno e ricavarne informazioni per mezzo di telecamere, sensori, microfoni ruote e quant'altro potesse farlo muovere nell'ambiente circostante. E come il bambino impara a conoscere il mondo giocando, così anche il computer si sarebbe dovuto esercitare, apprendendo attraverso il gioco degli scacchi, il filetto, la logica matematica, i codici segreti. Nel 1950 pubblicò un altro articolo rivoluzionario, Computing Machinery and Intelligence, apparso sulla rivista "Mind". Turing esordì così: "Propongo di considerare la domanda " possono le macchine pensare"? ". La sfida era lanciata. I semi dell'I.A., l'Intelligenza Artificiale, appena germogliati. Nell'articolo, l'autore inventò quello che è conosciuto come "test di Turing". Ci sono tre giocatori chiusi in stanze differenti, senza avere la possibilità di vedersi, muniti di tastiera e di uno schermo. Uno dei tre partecipanti ha il compito, attraverso una serie di domande, di individuare chi degli altri due è un maschio e chi è la femmina. I due giocatori in questione, da parte loro, possono mentire spudoratamente alle domande. A questo punto possiamo pensare di sostituire un giocatore umano con una macchina.
Cosa accadrebbe allora all'esaminatore? Sbaglierebbe l'identificazione una percentuale di volte analoga al caso con soli umani? Riuscirebbe a individuare la macchina? Qualora non vi riuscisse non avrebbe forse confuso un umano con una macchina e viceversa? Non si potrebbe affermare che, se l'esaminatore non riuscisse a individuare la macchina in un tempo ragionevole, la macchina possa essere intelligente? Le osservazioni di Turing colpirono nel segno e la discussione non tardò a infuocarsi.
Un aspetto poco noto delle ultime ricerche di Turing riguardò la biologia. Nel 1952, due anni prima di morire, pubblicò " Le basi chimiche della morfogenesi", l'unico articolo che riuscì a terminare, nonostante ne avesse iniziati altri. Nell'articolo Turing si pose il problema di come fosse possibile che da una singola cellula uovo che si divide in altre cellule identiche, poteva svilupparsi un bambino piuttosto che uno scoiattolo o un geranio. Cercò di sviluppare un modello matematico che potesse descrivere la morfogenesi, arrivando a strutturare una teoria affascinante ma incompleta. Teoria che si basava su un concetto cruciale in fisica quantistica: la rottura spontanea di simmetria. Mediante questa intuizione è possibile spiegare come un sistema in una configurazione iniziale simmetrica, come una sfera, può giungere ad assumere una configurazione non simmetrica. Le ricerche in questa direzione non furono mai terminate.
La mente e il corpo di Alan Turing stavano combattendo un'altra battaglia, ben diversa dalla risoluzione di problemi matematici.
Nello stesso anno dell'articolo sulla morfogenesi, Turing denunciò in commissariato due ladruncoli che si erano intrufolati in casa sua. Durante l'interrogatorio emerse che il matematico aveva avuto rapporti omosessuali con uno dei due ladri.
Per "atti osceni gravi" Turing fu imprigionato il 31 marzo. Il suo calvario era appena iniziato. L'Inghilterra omofoba e puritana non poteva tollerare simili deviazioni, e Turing fu processato. Riconosciuto insigne scienziato nonché eroe di guerra sebbene per meriti sconosciuti, gli fu concessa la possibilità di salvarsi dal carcere al quale era stato condannato a patto di sostenere un trattamento a base ormonale che lo "curasse" dalla malattia e lo rendesse impotente. Turing accettò. Fu l'inizio della fine.
Il bombardamento ormonale a cui fu sottoposto iniziò a minarne il fisico, la mente e il morale. Sempre sorvegliato dai servizi segreti, impossibilitato ad avere una vita normale si gettò a capofitto nel lavoro. Ma era sempre più stanco, depresso, insoddisfatto, sull'orlo del tracollo. Fino a quando la crisi non divenne insuperabile. Nel 1953, la polizia interrogò senza tanti riguardi un amico di Turing giunto in Inghilterra per venirlo a trovare. Fu il colpo di grazia. I soprusi a cui era continuamente sottoposto lo portarono a prendere la decisione estrema. Il teatro fu il grande amore della sua vita e con un atto che ricordava la scena tanto amata della strega cattiva di Biancaneve, il 7 giugno del 1954 immerse una mela nel cianuro e la morsicò. Nel referto medico venne scritto " Causa del decesso: cianuro di potassio autosomministrato in un momento di squilibrio mentale".
Nel nuovo millennio le domande di Turing non hanno trovato ancora risposta. Nel 1982, nel celebre capolavoro di R. Scott, Blade Runner, Harrison Ford interrogava alcuni individui, invero mediante uno strano apparecchio, facendo loro domande apparentemente banali per capire dalle loro rispose se, dietro l'apparenza di esseri umani normali, potevano invece essere pericolose macchine robot. Per ora solo la fantascienza ha dato una risposta alla domanda "le macchine possono pensare?".
(Biografia a cura di Paolo Magionami)
Fonte: http://www.torinoscienza.it/personaggi/apri?obj_id=247
è strabiliante come giunti nel 2009, dove ormai le tecnologie sono in continua evoluzione, grazie al perfezionamento delle invezioni di notevoli fisici e matematici, come lo stesso Turing, ci sia stato un ritorno al passato. Infatti è stata riproposta, dalla LEGO, la macchina Turing in formato giocattolo, come dimostra il video trovato su youtube.
RispondiEliminaEcco il link: http://www.youtube.com/watch?
Velia Santulli
Se vi capita di andare a Roma al Teatro Belli c'è uno spettacolo dedicato ad Alan Turing:
RispondiEliminahttp://www.techblogs.it/uchronia/2009/03/alan-turing-colosso-al-teatro.html
http://notiziegayit.blogspot.com/2009/03/alan-turing-e-la-mela-avvelenata-al.html
http://www.iniziativa.info/index.php?option=com_content&task=view&id=5189&Itemid=28
http://www.abitarearoma.net/index.php?doc=articolo&id_articolo=12312
http://www.teatrobelli.it/
Giusy Di Marsilio
Dal: il Sole-24 Ore, domenica 6 giugno 2004
RispondiEliminadi Umberto Bottazzini
All'inizio della guerra Alan Turing viene chiamato al Bletchey Park per far parte del gruppo che lavora alla decrittazione dei messaggi tedeschi, è un brillante logico di Cambridge.A Bletchey Park Turing collabora con matematici, ingegneri, esperti di crittografia e il suo contributo alla decifrazione di Enigma è determinante.Al termine della guerra viene chiamato a elaborare un progetto di calcolatore: l’ACE (Automatic Computing Engine).Tale successo venne in certo qual modo interrotto quando, nel 1952 Turing viene arrestato e rinviato a giudizio. Con disarmante sincerità ha infatti confessato alla polizia, chiamata per denunciare un furto nella propria casa, di avere una relazione omosessuale, un reato per l'Inghilterra di quegli anni. Turing viene rimesso in libertà condizionata, con l’obbligo di sottoporsi per un anno a cure a iniezioni di estrogeni.Per Turing le conseguenze del processo sono devastanti, sia sul piano fisico che sociale, la sua omosessualità, di dominio pubblico, lo ha reso, dinanzi alle autorità, un pericolo in quanto al corrente di troppi segreti di Stato. E così il 7 giugno, riprendendo come esempio Biancaneve e i sette nani, mangiò una mela intrisa di cianuro, ritrovato dalla sua governante disteso sul letto, esamine. Per la legge inglese il suicidio era un crimine, degno di riprovazione sociale, e forse anche per questo la madre continuò per tutta la vita a pensare che si fosse trattato di un incidente.Si è anche detto che nella sua morte c’era la mano dei servizi segreti. Ma perchè mai dovevano interessarsi a Turing al punto da volerlo eliminare? L’enigma, che aveva avuto una parte così importante nella sua vita, sembrava ora doverlo accompagnare anche nella morte.Il suo corpo fu cremato alla presenza della madre, del fratello e di un’amica e le ceneri disperse nel giardino circostante. Sul luogo non fu posta nessuna lapide.
Tania Santulli
Il matematico inglese Alan Turing negli anni 50 ha ideato una sorta di macchina ideale e relativo test per capire se chi l’ha creata ha sostituito realmente Dio.
RispondiEliminaIl povero uomo, tanto geniale quanto depresso, soffriva di omosessualità (cosa non tanto ben vista nell’Inghilterra del 1950). La sua genialità non lo salvò e dopo violente cure ormonali in un gesto di follia diede un morso ad una mela imbevuta in cianuro di potassio: un omaggio a biancaneve e un offerta Steve Jobs (con fondatore di Apple Inc nota come Apple Computer, Inc, attualmente il suo nome è associato anche al famoso lettore di musica digitale iPod)
Ogni anno si prova ad assegnare il premio Turing a 6 macchine che entrano in competizione tra loro: quest’anno è la volta di Jabberwacky, Alice, Elbot, Brother Jerome, Ultra Hal e Eugene Goostman. 6 macchine che devono sfidare il test di Turing per capire quanto sono intelligenti.
Il test di Turing è un criterio, introdotto da Alan Turing nell'articolo "Computing machinery and intelligence", apparso nel 1950 sulla rivista Mind, per determinare se una macchina sia in grado di pensare.
Il test consiste in un gioco, noto come gioco dell'imitazione, a tre partecipanti: un uomo A, una donna B, e una terza persona C. Quest'ultimo è tenuto separato dagli altri due e tramite una serie di domande deve stabilire qual è l'uomo e quale la donna. Dal canto loro anche A e B hanno dei compiti: A deve ingannare C e portarlo a fare un'identificazione errata, mentre B deve aiutarlo. Affinché C non possa disporre di alcun indizio (come l'analisi della calligrafia o della voce), le risposte alle domande di C devono essere dattiloscritte o similarmente trasmesse.
Il test di Turing si basa sul presupposto che una macchina si sostituisca ad A. Se la percentuale di volte in cui C indovina chi sia l'uomo e chi la donna è simile prima e dopo la sostituzione di A con la macchina, allora la macchina stessa dovrebbe essere considerata intelligente, dal momento che - in questa situazione - sarebbe indistinguibile da un essere umano.
Per macchina intelligente Turing ne intende una in grado di pensare, ossia capace di concatenare idee e di esprimerle. Per Turing, quindi, tutto si limita alla produzione di espressioni non prive di significato.
Nell’articolo si legge:
“Secondo la forma più estrema di questa opinione, il solo modo per cui si potrebbe essere sicuri che una macchina pensa è quello di essere la macchina stessa e sentire se si stesse pensando. [...] Allo stesso modo, la sola via per sapere che un uomo pensa è quello di essere quell'uomo in particolare. [...] Probabilmente A crederà "A pensa, mentre B no", mentre per B è l'esatto opposto "B pensa, ma A no". Invece di discutere in continuazione su questo punto, è normale attenersi alla educata convenzione che ognuno pensi.”
Il test di Turing è stato via via riformulato durante gli anni.
http://uomochecorre.blogspot.com/2009/02/alan-turing-e-la-corsa.html
RispondiEliminaMeno conosciuta al pubblico è forse la sua passione per l'atletica. Turing entrò infatti a far parte del Walton Athletic Club vincendo le gare delle 3 e 10 miglia con il miglior tempo. Il 25 agosto del 1947 ottenne il suo personale sulla maratona con il tempo di 2h46'03": il risultato diventa ancora più incredibile se si pensa che alle Olimpiadi dell'anno successivo il vincitore della 42 chilometri correrà in un tempo di soli 11 minuti inferiore a quello del grande genio matematico. Del resto il connazionale Tom Richards, medaglia d'argento in quella stessa gara, era stato battuto da Turing in una corsa campestre disputatasi pochi mesi prima.
http://www.peacelink.it/mediawatch/a/17220.html
La mela avvelenata di Alan Turing
Nel pomeriggio di martedì 8 giugno 1954 a Cambridge, Alan Turing, insigne matematico del King's College, fu trovato morto, compostamente disteso sul letto, dalla sua governante. La presenza di schiuma attorno alla bocca, il reperimento in casa di un recipiente contenente cianuro di potassio e di un barattolo di marmellata pieno di sali di cianuro, condussero gli inquirenti a ipotizzare un decesso per avvelenamento risalente alla notte di lunedì. Stranamente non fu data molta importanza ad una mela, trovata accanto al letto, e più volte morsicata. Il frutto non venne analizzato e non fu così riscontrato il fatto, decisamente probabile, che la mela era stata intinta nel cianuro sì che mangiandola lo scienziato aveva incontrato la morte. Chiusa l'inchiesta, il verdetto del coronerfu di suicidio «attuato in un momento di squilibrio mentale». A queste conclusioni il magistrato pervenne soprattutto sulla scorta di quanto si sapeva di Turing. Infelice, tendente alla depressione, in cura da uno psichiatra, Turing era stato processato due anni prima per omosessualità e condannato alla castrazione chimica, restandone sconvolto. Poco dopo la tragica scomparsa, che privava l'Inghilterra della straordinaria mente di un uomo ancora giovane - era nato nel 1912 - cominciarono a circolare voci inquietanti: Alan Turing non si era suicidato, ma, semmai, era stato suicidatoda un qualche agente, inglese o americano, dei servizi segreti. Tanto l'«Intelligence Service» britannico quanto la Cia avevano il timore che Alan, il quale durante la guerra aveva collaborato in una posizione chiave alla decrittazione di «Enigma», il sistema dei cifrari della Germania nazista, e che continuava a lavorare in questo settore di ricerche, potesse divulgare, anche senza volerlo, contenuti coperti da segreto militare. Avrebbe potuto farlo e forse poteva averlo fatto proprio per le sue abitudini omosessuali che lo portavano a incontrare molti giovani nel corso di viaggi incontrollabili, prestandosi a facili ricatti o, più semplicemente, lasciandosi andare a imprudenti confidenze. Si era allora in piena guerra fredda e molti scienziati inglesi - alcuni dei quali, d'altronde, erano fuggiti in Unione Sovietica - erano sospettati di simpatizzare per il comunismo. Ma c'è di più. Nel pubblico inglese e americano, come anche in molti politici, si era creato il terrore di una triangolazione «viziosa», densa di pericolo per il «mondo libero», costituita dai tre angoli della « Big Science», dell'omosessualità e del filocomunismo. Non è allora per nulla inverosimile, anche se non provata, l'eventualità che Alan Turing fosse stato vittima, fra tanti altri, di questa odiosa versione di caccia alle streghe.
Questa ipotesi viene ora ventilata da un bel libro di Andrew Hodges, matematico inglese "Alan Turing. Una biografia". La sua, nella cornice di una biografia documentatissima, è un'implicita indagine sulla relazione tra vissuto dei sentimenti e avventura intellettuale in un protagonista della matematica del XX secolo, uno studio che, tra l'altro, getta una luce insospettata sulla sua omosessualità. Alanapparteneva allo strato per così dire inferiore della high classingleseSotto un certo aspetto i Turing, nell'Inghilterra dell'età imperiale, erano degli outsider, che potevano sperare di uscire dalla loro condizione solo attraverso i figli, sempre che questi frequentassero una buona public school, ossia una scuola privata prestigiosa, che ne facesse dei gentiluomini i quali, una volta diplomati, potessero essere accolti a Oxford o a Cambridge. Alan fu iscritto in quella di Sherborne. Non riuscì ad adattarsi facilmente al suo sistema e ai contenuti dell'insegnamento. La scuola, che risaliva al 1550, era incentratasull'educazione umanistica. Alan non solo non mostrava alcuna inclinazione per le lingue classiche, ma sembrava assolutamente insensibile alle regole dello stesso inglese, tanto che per anni i suoi lavori furono disseminati di errori di grammatica e di ortografia. Contemporaneamente mostrò, ancora prima di raggiungere l'adolescenza un forte interesse per la chimicaper la natura vivente e per l'astronomia, associandovi una predisposizione per la matematica talmente spiccata da consentirgli di inventare addirittura nuove regole di calcolo e di impostazione dei problemi. Parallelamente, prese a nutrire una forte curiosità per il sesso o, come si diceva allora, per il mistero della vita, arrivando alla conclusione che solo la scienza gli avrebbe fornito le risposte che cercava.
Dalle pagine di Hodgesemerge l'immagine di un ragazzo assetato di conoscenza e di amore.
A 15 anni conobbe Christopher Morcom, di un anno più vecchio di lui, con il quale strinse una calda amicizia. Quando Chris, affetto da una gravissima malattia polmonare di origine virale, il 13 febbraio 1930 morì a Londra, Alan ne provò un dolore tanto forte da indurlo a fare dell'amico un oggetto di culto e della madre di Chris una seconda madre, se non addirittura la sua vera madre.
Da quel che ci dice Hodges non risulta che tra i due giovani vi fosse stata un'esplicita relazione omosessuale, ma non c'è dubbio che il sentimento nutrito da Alan per Chris non fosse tanto un'amicizia, quanto piuttosto un amore, per di più ricambiato. In realtà il luogo di incontro tra loro non era il corpo, né a spingerli l'uno verso l'altro l'eventuale (e naturale) pulsione omofila di due adolescenti, ma il mondo delle idee e degli interessi scientifici condivisi, culminanti nella ricerca della verità. Morto Chris, Alan ebbe più tardi, almeno sino al 1952, frequenti rapporti omosessuali che nascevano in parte dal bisogno di ritrovare in un altro uomo l'amico perduto, in parte dall'esigenza, crescente con l'avvento della maturità, di rompere una solitudine sempre più dolorosa, una volta accettata, non senza travaglio, la sua condizione di omosessuale. Poiché non risulta che in Alan vi fosse una marcata misoginia, la sua omosessualità non può neppure essere spiegata come l'epifenomeno di quella speciale forma di edonismo che contrassegnò in quegli stessi anni personalità eminenti quali l'economista Keynes o lo scrittore Forster. Fu un'altra cosa e, per taluni aspetti, fu il ritorno, nel complicato clima dell'Inghilterra tra le due guerre, dell'eros socratico-platonico in un uomo perso, come si direbbe a Roma, dietro a una visione vertiginosa e ideale della matematica, che invitava perentoriamente alla ricerca di un nuovo altro se stesso, quale era stato lo sfortunato Christopher Morcom, il vero specchio nel quale Alan poteva rispecchiarsi. A guidarci in questa convinzione è la teoria fondamentale del matematico inglese, la «macchina di Turing», alla quale Hodges dedica alcune tra le pagine più penetranti della biografia.
Risposte illegittime
Tra il 1936 e il 1937 Turing pubblicò un lavoro dal titolo On Computable Numbers, with an Application to the Entscheidungs problem(«Sui numeri computabili con un'applicazione al problema della decisione», cioè della dimostrazione della congruenza di un sistema matematico). Ora che cosa significa «numero computabile»? E' un numero calcolabile da parte di una macchina. Naturalmente si tratta di una macchina ideale («macchina di Turing»). Seguendo per semplificare la lucida esposizione che ne dà Umberto Bottazzini (vedi «Gödel e gli sviluppi recenti della logica», in P. Rossi, Storia della scienza moderna e contemporanea, UTET, 1988), diciamo che «una macchina di Turing è una macchina capace di un numero finito di stati mentali - detti anche configurazioni - prefissati e dotata di un nastro potenzialmente infinito che l'attraversa in entrambe le direzioni». Il nastro è diviso in riquadri, ognuno dei quali può essere vuoto o contenere un simbolo. «In ogni istante c'è un solo riquadro "in esame" nella macchina e dunque c'è solo simbolo di cui la macchina sia per così dire consapevole. Tuttavia, cambiando la sua configurazione, la macchina può effettivamente ricordare alcuni dei simboli che ha "visto" (esaminato) in precedenza». In buona sostanza, la macchina riproduce schematicamente il meccanismo essenziale di un computer, il suo software, suscettibile di produrre un numero illimitato di operazioni. Sotto questo aspetto, la macchina di Turing costruisce schematicamente una intelligenza artificiale, intendendo con questa espressione una simulazione esaustiva dell'intelligenza propriamente detta, cioè umana. Naturalmente questa simulazione ha un limite preciso, consistente nel fatto che la macchina, se produce, riproduce e traduce informazioni, non contiene tuttavia una peculiarità dell'attività mentale, vale a dire l'intenzionalità. Ci spieghiamo. Se chiediamo a una persona «sai l'ora?», questa ci risponde le «12,22», mentre il computer ci risponde semplicemente «sì» senza darci l'informazione richiesta. Per ottenerla dobbiamo mutare quesito, ossia chiedere «che ora è?», in altre parole modificare la configurazione. A questo punto intervengono alcune riflessioni, alcune delle quali compiute dallo stesso Turing, specie nelle sue conversazioni con Wittgenstein. La prima è di merito. Una macchina di Turing, dotata di un softwaresupportato da un hardwareadeguato, può - è vero - aumentare enormemente le nostre conoscenze, ma rischia di fornire risposte illegittime a interrogativi sui quali man muss schweigen(bisogna tacere) come concludeva Wittgenstein nell'ultima proposizione del Tractatus Logico-philosophicus. Dobbiamo evincerne che tutte le questioni di merito, vale a dire le domande di tipo etico, giuridico, teologico, sono fuori - devono esserlo- della portata di una macchina di Turing, ossia dell'intelligenza artificiale. Per contro, se vogliamo avere informazioni sullo stato del mondoo informazioni su contesti di informazioni, la macchina è indispensabile. Lo è, tra l'altro, se vogliamo decifrare la reale natura di un sistema formale. Alla luce della macchina ideale, un sistema formale non è altro che un procedimento meccanico per generare teoremi. In altre parole, sotto il profilo del futuro sviluppo della matematica di essa non possiamo fare a meno. Ma c'è ancora un'altra cosa sulla quale intendiamo attirare l'attenzione del lettore. Dobbiamo chiederci se davvero le questioni di merito interessassero al nostro matematico. Se, in altre parole, non fosse animato da un'angoscia metafisica che non poteva che condurlo a una posizione diametralmente opposta a quella di Wittgenstein. Sospettiamo di sì. Vediamo perché.
La perdita dello specchio
Dalla dettagliata ricostruzione di Hodges apprendiamo che Alan Turing non solo collaborò attivamente alla decrittazione di «Enigma», ma contribuì in modo decisivo, con la messa a punto delle «bombe», cioè dei sistemi di decrittazione, a sottrarre il controllo dell'Oceano Atlantico da parte della Germania già a partire dalla fine del 1942 (pur restituendolo piuttosto agli Stati Uniti che all'Inghilterra che, anche per questa ragione, iniziò ad attraversare il suo declino, perdendo il vecchio ruolo di prima potenza mondiale). Molte delle «bombe» non erano che particolari applicazioni della sua macchina, talché non sarebbe azzardato affermare che uno dei vincitori della seconda guerra mondiale è stato proprio lui. Risulta allora singolare la desolazione e la depressione in cui cadde nei sette anni dalla fine della guerra alla morte. Abbiamo avuto l'impressione, leggendo il suo libro, che la causa prima di questo stato sia per Hodges riconducibile alla caduta di Alan in una sindrome assai simile a quella che afflisse Robert Oppenheimer pentito di aver partecipato al Progetto Manhattan, cioè alla costruzione della prima bomba atomica. Come dire che la macchina ideale si risolveva di fatto in un'usurpazione dei diritti della naturale intelligenza umana. In altre parole, una catastrofe umanitaria, come si direbbe oggi, persino più grave della distruzione di Hiroshima e Nagasaki. In realtà, non è così. Quello cui Alan aveva mirato, con la sua macchina ideale, era proprio pervenire ad aumentare a dismisura la conoscenza possibile dell'universo, accumulando un numero stellare di informazioni, senza chiedersi il perché del loro possibile uso. La macchina era stata per lui la riproduzione del delirio di onnipotenza conoscitiva della fanciullezza e della adolescenza, uno specchio di se stesso. L'utilizzazione pratica glielo aveva mandato in frantumi e, tra l'altro, essendo un tale specchio un sostituto dell'amico morto, aveva compromesso una difficile riparazione del lutto. Ammesso che Alan Turing si sia suicidato, probabilmente mangiando la mela avvelenata, verrebbe fatto di pensare che avesse voluto, lui ateo, ripercorrere a modo suo il mito biblico del frutto proibito. Morderlo non già per acquisire il dono della conoscenza, ma per punirsi di averla per sempre perduta. E' davvero sbagliato pensarlo?
HO CERCATO DELLE COSE DIVERSE DA QUELLA CHE E’ LA BIOGRAFIA, CHE POSSIAMO LEGGERE SU WIKIPEDIA E ANCHE SU INTERVENTI PUBBLICATI SU QUESTO BLOG .HO RACCONATO UNO SPETTACOLO TEATRALE REALIZZATO IN ONORE DI ALAN TURING,LA NASCITA DELLA MACCHINA DI TURING, E UNA BATTAGLIA CHE HA PORTATO “UN GRANDE MATEMATICO”AL SUICIDIO.
RispondiEliminaIL TEATRO HA REALIZZATO ANCHE UNA commedia CHE FA CONOSCE RE DA PIU' VICINO LA VITA,MA SOPRATTUTTO LA MORTE DI UN “GRANDE” (Alan Turing, e la mela avvelenata.) Una storia vera, riscritta e raccontata da Massimo Vincenzi, con la regia di Carlo Emilio Lerici, in visione al Teatro Belli.
E’ appunto la storia del matematico e logico britannico, Alan Turing, considerato anche uno dei padri dell’informatica, che decise di togliersi la vita, mangiando una mela avvelenata, come Biancaneve, personaggio che lo stregò fin da bambino. Ed è proprio a Biancaneve che rivolge il suo ultimo dialogo prima di addormentarsi per sempre. Come lei, Alan ha aspettato ed amato il suo principe azzurro, ha sognato una vita da favola, ha cantato e cercato la serenità, ma per lui, il finale sarà diverso, il suo principe non arriverrà mai a svegliarlo con un bacio: il suo principe è morto ed Alan lo raggiungerà nell’aldilà, dove vivrà felice al suo fianco, come Biancaneve nel castello incantato. Una rappresentazione teatrale fatta, dunque, di dialoghi immaginari, dove fa da padrone quello con la madre, che risulta essere anche il più forte e commovente. Quella di Alan è una madre a cui lui chiede scusa e perdono per come è: per la sua omosessualità, le sue idee sulla religione e su Dio, la paura di non essere accettato e le sue svariate manie. Alan andava in bicicletta con la maschera antigas nei periodi dell’impollinazione; giocava a tennis nudo con indosso solo un impermeabile; legava la tazza da tè al termosifone con un lucchetto, per paura gliela rubassero; portava la giacca del pigiama al posto della camicia; imparò a fare la maglia; girava sempre con un aspetto trasandato, con la barba lunga e le unghie sporche. Il giorno di Natale quando aveva già ventidue anni si fece regalare un orsacchiotto di pezza da cui non si staccò mai, e soprattutto perse la testa per il film Biancaneve, e canticchiava continuamente le canzoni ed il ritornello dell’incantesimo della strega sulla mela avvelenata. Inoltre Alan gettava nel cestino le lettere della madre senza leggerle. Ma lei, la madre, “non lo ha mai giudicato, lo ha solo amato“. Alan ripercorre insieme al pubblico del Belli la sua vita in modo frenetico, ride poi piange; dorme poi si alza di scatto; urla e poi sussurra canzoncine. “Alan dice che le macchine pensano. Alan giace con gli uomini. Quindi le macchine non pensano“, è questo poi l’enigma ed il sasso che il protagonista lancia. La sua vita oltre al rapporto con la matematica e alle sue strane manie, verte sulla sua omosessualità che lo porterà all’arresto e poi alla morte. E così, Alan, in un giorno qualunque, decise di iniettare del cianuro in una mela, perchè è così che aveva sempre pensato di morire, in modo romantico, come Biancaneve. E mentre spiega il suo atto al pubblico, dietro di lui, come fossero una proiezione della sua mente, scorrono le immagini del cartone di Walt Disney ,e la sua Biancaneve, dal sogno di una vita con il suo amato principe, si ritroverà a giacere a terra, per aver morso una mela rossa che sembrava allettante, ma che conteneva la sua morte. E come lei, Alan muore, schiacciato dal pregiudizio di una società a cui ha dato tanto: la sua intelligenza, le sue scoperte, le sue invenzioni, come la realizzazione nel 1942 di una macchina chiamata Colossus (lontana antesignana dei computer)che decifrava in modo veloce ed efficiente i codici tedeschi creati con Enigma. Ma nonostante questo, la voce del Tribunale, lo schiaccia, ed ”arresta” la sua personalità e ad Alan, divenuto ormai impotente con un seno calante, non rimane che dare un morso alla mela, assaporando così quel veleno, che poi, a detta sua, non è così cattivo, nessuno è cattivo in realtà, neanche la strega di Biancaneve. Una leggenda vuole che il logo della Apple sia un omaggio ad Alan Turing. La notizia non è stata mai confermata né smentita dall’azienda.
"esiste sempre un modo rigoroso di stabilire se un enunciato matematico sia vero o falso?".
Alan Turing risolse il quesito e lo fece alla sua maniera, inventando una macchina immaginaria, detta Logical Computing Machine, o più semplicemente "macchina di Turing". Egli la introdusse per dimostrare che l'attività matematica non è completamente meccanicizzabile (ed è quindi impossibile in linea di principio sostituire i matematici con le macchine), scoprendo da un lato una macchina (detta universale) in grado di svolgere i compiti di qualunque macchina calcolatrice presente o futura (simulandone un programma), e mostrando dall'altro che anche tale macchina ha i suoi limiti. Così facendo, Turing introdusse la nozione di computer moderno e allo stesso tempo ne stabilì i limiti alla potenza teorica. L'intuizione geniale del matematico fu quella di "spezzare" l'istruzione da fornire alla macchina in una serie di altre istruzioni semplici, nella convinzione che si potesse sviluppare un algoritmo per ogni problema: un processo non dissimile da quello affrontato dai programmatori odierni.
Lo scopo ultimo della "macchina universale" è, per Alan, quello di poter simulare l'intelligenza umana. Alan sogna questa cosa sin dalla pubblicazione di "On computational Number". Nel corso degli anni, e maggiormente dopo il suo ingresso all'NPL, queste idee divengono sempre più chiare nella sua mente. Nonostante questa convinzione, vi è molto scetticismo attorno a questa idea al punto da essere un elemento aggiuntivo all'isolamento di Alan. Nel resoconto di chiusura del suo rapporto con l'NPL, datato febbraio 1947, Alan spiega i timori, infondati, legati alla possibilità di una macchina pensante, che sono:
• temere di avere rivali in quanto a capacità intellettuali;
• motivi religiosi;
• l'inadeguatezza delle macchine per il calcolo fino a quel momento funzionanti, che differivano radicalmente dal concetto di macchina di Turing ed erano inadeguate dal punto di vista della velocità.
Nella mente di Alan le idee, invece, sono molto chiare. Vengono messe chiaramente su carta nell'articolo intitolato "Computing machinery and intelligence". In questo articolo è descritto un criterio tramite il quale è possibile determinare se un sistema è intelligente. Alla base dell'articolo vi è il concetto che ciò che può essere verificato è il comportamento della macchina: il comportamento intelligente è una cosa che può essere determinata. Per fare ciò viene proposto il "gioco dell'imitazione". Si tratta di una conversazione dattiloscritta tra la macchina da testare che si comporta come un essere di sesso femminile, una donna, e una terza persona in qualità di interrogante. Questi ha il compito, tramite una serie di domande, di stabilire quale sia l'uomo e quale la donna. Dal canto loro la macchina e la donna hanno altri compiti: la macchina deve ingannare l'interrogante e portarlo a fare un'identificazione errata, mentre la donna deve aiutarlo. Se l'interrogante non riesce a stabilire che la macchina non è un essere umano, questa deve essere considerata intelligente in quanto è riuscita ad imitare il comportamento dell'uomo.
“UN UOMO COSTRETTO A COMBATTERE”
La mente e il corpo di Alan Turing stavano combattendo un'altra battaglia, ben diversa dalla risoluzione di problemi matematici. Nello stesso anno dell'articolo sulla morfogenesi, Turing denunciò in commissariato due ladruncoli che si erano intrufolati in casa sua. Durante l'interrogatorio emerse che il matematico aveva avuto rapporti omosessuali con uno dei due ladri. Per "atti osceni gravi" Turing fu imprigionato il 31 marzo. Il suo calvario era appena iniziato. L'Inghilterra omofoba e puritana non poteva tollerare simili deviazioni, e Turing fu processato. Riconosciuto insigne scienziato nonché eroe di guerra sebbene per meriti sconosciuti, gli fu concessa la possibilità di salvarsi dal carcere al quale era stato condannato a patto di sostenere un trattamento a base ormonale che lo "curasse" dalla malattia e lo rendesse impotente. Turing accettò. Fu l'inizio della fine. Il bombardamento ormonale a cui fu sottoposto iniziò a minarne il fisico, la mente e il morale. Sempre sorvegliato dai servizi segreti, impossibilitato ad avere una vita normale si gettò a capofitto nel lavoro. Ma era sempre più stanco, depresso, insoddisfatto, sull'orlo del tracollo. Fino a quando la crisi non divenne insuperabile. Nel 1953, la polizia interrogò senza tanti riguardi un amico di Turing giunto in Inghilterra per venirlo a trovare. Fu il colpo di grazia. I soprusi a cui era continuamente sottoposto lo portarono a prendere la decisione estrema. Il teatro fu il grande amore della sua vita e con un atto che ricordava la scena tanto amata della strega cattiva di Biancaneve, il 7 giugno del 1954 immerse una mela nel cianuro e la morsicò. Nel referto medico venne scritto " Causa del decesso: cianuro di potassio autosomministrsquilibrio mentale".
GRIMALDI MARIA
La "macchina" di Turing:
RispondiEliminahttp://digilander.libero.it/ollecram/turing.htm
Eugenio Francesco Rimo
I colleghi e le colleghe prima di me hanno già ampiamente descritto la vita di Turing, vorrei quindi aggiungere due link a quanto già detto:
RispondiEliminaIl primo riguarda una petizione di firme per dedicargli una moneta europea: http://grammidistoria.wordpress.com/2010/09/03/una-moneta-per-alan-turing/
Il secondo riguarda il centenario che si festeggerà nel 2012:
http://www.mathcomp.leeds.ac.uk/turing2012/
Claudia Salerno