martedì 12 aprile 2016

Miroslav Tichý

Gli studenti sono invitati a trovare informazioni (articoli, saggi critici, notizie biografiche, immagini, video ecc.) sul fotografo Miroslav Tichý (e/o su altri fotografi che utilizzano macchine fotografiche inusuali) e a pubblicarle come reply a questo post.

59 commenti:

  1. Segnalo questo fotografo ucraino di nome Oleg Oprisco, fotografo contemporaneo che scatta a pellicola ed utilizza una Kiev 6C e una Kiev 88 con pellicole medio formato. Le sue foto hanno la particolarità di essere fortemente surreali senza il minimo intervento di postproduzione.
    In un'intervista afferma:
    “I often hold workshops and it’s very funny sitting in front of many photographers with $2000 – $3000 cameras and lenses, and on my table is an old Kiev 6C, which is worth about $50.”
    ("Spesso tengo dei workshop ed è divertente sedere di fronte a tanti fotografi con DSLR e lenti da 2000-3000 dollari, mentre sul mio tavolo c'è una vecchia Kiev 6C che vale circa 50 dollari")

    Di seguito l'intervista: http://www.boredpanda.com/surreal-film-photography-oleg-oprisco/

    Il suo sito: http://www.oprisco.com/

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    1. Non conoscendo le suddette macchine fotografiche, sono poi così rudimentali come queelle di tichy?

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    2. In realtà no le macchine sono queste qui

      Kiev 88 http://farm4.static.flickr.com/3232/2734922541_ed7b440864.jpg
      Kiev 6C http://farm4.static.flickr.com/3051/2734880063_eb01750b9a.jpg

      Spero di far passare il mio punto di vista con questo commento.
      Ovviamente mi rendo conto che sono due fotografi completamente diversi, però a mio parere è bello come Oprisco riesca ad ottenere scatti spettacolari senza utilizzare mezzi "moderni", e vedo il loro allontanarsi dalla massa un fattore che li accomuna, anche se dettato da diverse condizioni.

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  2. Ho trovato degli articoli a proposito di questo fotografo che a mio avviso riguardano interessanti teorie.

    " Timido, sfuggente, poco avvezzo alle docce, non è mai stato ad una sua mostra e costruisce macchine fotografiche, obiettivi e ingranditori con scarti e materiali poveri. Tutti pensano che siano dei giocattoli, mentre lui fotografa per davvero e lo fa molto bene. Solo che per molto tempo nessuno se ne accorge. Dipinge prima di darsi alla fotografia. Frequenta l’Accademia delle Belle Arti di Praga e, durante gli anni del Socialismo Reale, entra a far parte del collettivo artistico Brněnská Pětka (Brno Five), ostile all’ideologia dominante. Negli anni Cinquanta, scopre la fotografia e iniziano le sue prime sperimentazioni. Nel mezzo c’è la Primavera di Praga, l’opposizione al regime e lunghi soggiorni in carceri e ospedali psichiatrici. La sua salute mentale è sempre stata fragile e la sua arte e la sua persona sono sempre stati considerati una minaccia. Miroslav è uno spirito libero, eccentrico, indipendente, folle. Sceglie una vita al limite e si accontenta di una baracca di legno nella città della sua infanzia. Quando la fotografia diventa la sua missione, decide di fare cento scatti al giorno per un certo numero di anni. Però se gli si chiede se è una regola o meno, lui risponde che non lo è. Dipende tutto dal tempo, è il tempo che sceglie, non lui.
    Così, mentre la terra compie i suoi giri intorno al sole, lui esce ogni giorno a passeggiare per fare foto. Nella maggior parte dei casi, protagoniste sono le donne. Le trovi affacciate a un balcone, che parlano su una panchina, in bici, in piazza, in piscina, distese su un prato. Le vedi di schiena, mentre si aggiustano i capelli o mentre camminano per andare a fare la spesa. Ammiri le loro caviglie sottili, il sedere rotondo o troppo grande. Ti sorprendono la cellulite e le calze smagliate. Non sembra che lui le stia spiando. E invece è lì e da non troppo lontano coglie tutti quei dettagli, i gesti e le smorfie che le rendono inconsapevolmente belle. È la sua interpretazione personale dell’azione di sorveglianza esercitata dal regime. L’immagine che ci ritorna, però, non contiene sospetti, condanne e giudizi.
    Ci sono solo i momenti, lo spazio e il tempo di una bellezza che diventa un sogno. Le foto sono sfocate e impolverate come un ricordo; strappate, graffiate e macchiate come la realtà. Il movimento è naturale, la perfezione un’illusione, l’erotismo fantasia.
    Fotografare è dipingere con la luce. Un atto concreto che si compie senza pensare a nulla. E poi, sedersi e dormire sulle foto, sviluppare la pellicola di notte in una vasca da bagno, immergere le mani nell’acido.È la naturale imperfezione della realtà che crea la poesia.
    La maggior parte dei suoi soggetti non erano a conoscenza di essere fotografati poiché non si rendevano conto che la parodia della macchina fotografica che portava con se era reale. Le sue foto in soft-focus e gli scorci fugaci delle donne di Kyjov risultano oblique, macchiate e mal stampate; viziate dai limiti della sua attrezzatura primitiva e una serie di errori in fase di sviluppo deliberate voluti con lo scopo di aggiungere imperfezioni poetiche."

    Chiara Barbera


    http://blog.contemporarytorinopiemonte.it/?p=1417 ; http://marcocrupifoto.blogspot.it/2012/10/miroslav-tichy-artista-fotografo-e.html

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  3. Qualche cenno biografico sull'artista, uomo, a mio parere, di interessante ingegno (basti pensare alle sue capacità nel creare una rudimentale fotocamera dal nulla) e interessante filosofia di vita ripudiando ogni standard della società.

    "Miroslav Tichý è stato un fotografo che dal 1960 al 1985 scatto migliaia di immagini di donne nella sua città natale di Kyjow, Repubblica Ceca, dove è nato nel 1926, con macchine fotografiche artigianali costruite con tubi di cartone, lattine e tutti i materiali a portata di mano.
    Nonostante sia oggi considerato artista outsider, Tichý ha studiato presso l’ Accademia di Belle Arti di Praga e per un certo periodo sembrava essere sulla via della pittura modernista. Dopo gli studi Miroslav si ritirò ad una vita di isolamento nella sua città natale . Alla fine del 1950 abbandonò la pittura e dalla fine del 1960 ha iniziato a scattare fotografie principalmente a donne locali , in parte con le macchine create da lui stesso. In seguito montava i risultati su telai a mano aggiungendo rifiniture a matita, quindi, spostava l'opera dalla fotografia al disegno. Il risultato sono opere di qualità formale sorprendentemente insolita, che non rispetta le regole della fotografia tradizionale. Esse costituiscono una grande opera poetica, un sogno che fa intravedere le bellezze femminili di un piccolo paese sotto il regime comunista cecoslovacco.
    Le sue opere sono rimaste nascoste per diversi anni fino a quando furono scoperte da Harald Szeemann che ha organizzato un mostra alla Biennale d’Arte Contemporanea di Siviglia nel 2004."

    Informazioni sui suoi strumenti:

    "La macchina fotografica tipica dell'artista cecoslovacco, costruita in compensato, fissava l’immagine grazie alla luce riflessa dalla strada asfaltata con un otturatore in compensato dotato di una finestrella, gestito da un sistema di bobine di fili ed elastici. Il teleobiettivo poteva essere costruito da tubi di cartone o tubi di plastica. Le lenti erano ricavate da plexiglas levigato con carta vetrata e lucidato con un impasto di dentifricio e cenere di sigaretta.
    Una volta che la foto veniva stampata, Tichý tagliava le parti indesiderate per migliorare la composizione. Le immagini particolarmente riuscite venivano incollate su un cartoncino. Spesso disegnava linee con una penna o una matita per rinforzare i contorni del soggetto o per aumentare l’espressività di un'immagine. Anche i margini venivano decorati da disegni. "

    fonte: http://www.outsiderartnow.com/miroslav-tichy/

    Alessandro Buzzi

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  4. "[...]Il laboratorio di Tichý era un angolo della catapecchia ove abitava, separato dal resto con pezzi di stracci, con la finestra offuscata per mezzo di un pennarello nero e una lampadina dipinta con vernice rossa. L'ingranditore era fatto dello stesso materiale riciclato con cui egli costruiva le sue macchine fotografiche. Tichý viveva tra cumuli di foto, vi camminava sopra, tra ratti che rincorrevano scarafaggi, e spesso ne bruciava un po' per scaldarsi.

    Messo sotto sorveglianza e perseguitato politicamente a causa delle sue prese di posizione da dissidente, Tichý si ritirò completamente dalla vita pubblica e dalla scena artistica, finendo in un stato di quasi abbandono, finché non venne scoperto - solo nel 2008 - dal celebre critico Harald Szeemann. Tichý è oggi un autore di culto assoluto (un suo scatto costa fino a 10.000 dollari), celebrato da musei come il Centre Pompidou di Parigi o l'International Center of Photography di New York."

    Di seguito condivido un'immagine,un'esempio di scatto rubato che fa pensare a come il risultato finale possa dipendere dal suo "dispositivo" di acquisizione,passaggio che un pò ci ricorda ciò che stiamo analizzando con I-disclaim. In questo caso la fotocamera di cartone contribuisce alla naturalezza della foto, difatti la maggior parte dei suoi soggetti non si rendeva conto di quanto quella parodia di fotocamera fosse reale . http://foto.ilsole24ore.com/SoleOnLine5/Cultura/Arte/2013/Miroslav-Tichy/img_Miroslav-Tichy/09_590-490.jpg


    di Damiano Laterza,Il Sole 24 Ore
    Link della fonte (con gallery)
    http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2013-06-28/praga-omaggia-tichy-voyeur-161605.shtml?uuid=AbRJPT9H

    Miroslav Tichy è morto nel 2011. Sulla sua insolita vita ha scritto una poesia:
    Se fosse una passione, sarebbe il people watching.
    Se fosse l’arte, sarebbe un’idea.
    Se fosse un’ossessione, sarebbe una donna.
    Se fosse un oggetto, sarebbe qualsiasi oggetto.
    Se fosse un posto, sarebbe il cassetto di un comodino.
    Se fosse un limite, sarebbe il tempo.
    Se fosse lui, sarebbe un bel nome.

    fonte: The Post Internazionale

    Giada Semeraro

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  5. Miroslav Tichy è la dimostrazione di come la poetica di un'immagine non nasca da una macchina fotografica, ma dallo sguardo che sta dietro di essa.
    Ciò che conta per lui non è solo l'immagine, che rappresenta solo il momento finale di un processo fotografico, che passa dalla nascita dello strumento fotografico, alla scelta dei materiali per costruirlo e dei chimici per svilupparlo. Un’immagine che non è mai stabile e completa. Fotografie che nelle macchie, nei graffi e nelle impronte digitali trovano la loro unicità. Sono allora i difetti a diventare mezzo stesso di espressione, ricreando una realtà, temporanea, ed evanescente, inevitabilmente destinata a scomparire.
    http://fotogartistica.blogspot.it/2011/10/miroslav-tichy-fotografo-invisibile.html
    Eleonora Cervello

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    1. Per contribuire all'argomento di cui stavi parlando riporto qui un video dove l'artista commenta insieme all'intervistatore alcune sue foto notando questi "difetti" che fanno parte di esse e che di fatto non sono visti come tali.
      In particolare dal minuto 7:00

      https://www.youtube.com/watch?v=BAA-0pEB08g

      Anna Maria Orsini

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  6. A mio parere, più che una breve descrizione della vita e di chi lui fosse, una poesia può rendere l'essenza dell'artista, artista di strada e fotografo:Se fosse una passione, sarebbe il people watching.
    Se fosse l’arte, sarebbe un’idea.
    Se fosse un’ossessione, sarebbe una donna.
    Se fosse un oggetto, sarebbe qualsiasi oggetto.
    Se fosse un posto, sarebbe il cassetto di un comodino.
    Se fosse un limite, sarebbe il tempo.
    Se fosse lui, sarebbe un bel nome.

    http://blog.contemporarytorinopiemonte.it/

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  7. Di seguito riporto un trailer della mostra "Tarzan Retired", questo video mostra brevemente dove e come Tichy' viveva, alcune sue riflessioni e alcuni suoi punti di vista sul mondo e sull'arte.

    https://www.youtube.com/watch?v=V3sEyHtg0yc

    Ciò che mi ha colpito maggiormente e che io trovato molto contemporaneo è un'affermazione in merito alla fotografia, prima di dedicarsi alle fotografie Tichý disegnava e quando gli fu chiesto perché questo cambiamento lui rispose:
    "All drawings have already been drawn. All paintings have already been painted. What was there left for me to do?"
    Questo mi fa capire la sua necessità di esprimersi con mezzi nuovi rispetto a quelli del passato e nel suo caso in un modo totalmente singolare confronto a fotografi suoi contemporanei.

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  8. "Prima di tutto è necessario avere una macchina fotografica scadente" e "Se vuoi essere famoso, è necessario fare qualcosa peggio di chiunque altro al mondo".
    Miroslav Tichý

    Io stesso da anni ritengo che la macchinetta non fa il fotografo. possiamo scattare con qualsiasi mezzo ma siamo noi a decidere lo scatto. Inoltre cito qui una frase letta in un libro di fotografia che accompagna tutt'ora il mio ideale di arte. "Non c'è fotografo che valga, non c'è strumento che possa sostituire il cervello del fotografo. Anche con una macchinetta di cartone si può produrre un'immagine che rimarrà per sempre nella storia della fotografia"

    Qui riporto un video intitolato worldstars che riassume in breve una collaborazione di una mostra del fotografo: https://youtu.be/Pg9rTIGtENs

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  9. In seguito alle ricerche effettuate su Miroslav Tichý ho approfondito le tipologie di camere create nel corso della storia della fotografia, fra queste mi ha molto colpito il "cronofotografo" o "fucile fotografico". Questo strumento fu ideato nel 1881 dal cardiologo, fisiologo ed inventore francese Etienne-Jules Marey. Il cronofotografo funzionava come un normale fucile da caccia, ma dotato di lastre fotografiche circolari od ottagonali poste in una piccola camera oscura, mentre la canna fungeva da mirino e all'interno di essa era collocato l'obiettivo, questo strumento permetteva a Marey di fissare fotograficamente le varie fasi di un movimento a scopo di studio.

    Fonte: http://www.storiadellafotografia.it/2009/12/05/etienne-jules-marey/

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  10. “Non importa quello che stai guardando, ma quello che riesci a vedere.” Thoreau

    Una piccola videografia dedicata a Miroslav Tichy'

    Di sé disse:

    Non sono un pittore.

    Né uno scultore.

    Né uno scrittore.

    Sono Tarzan in pensione.

    https://www.youtube.com/watch?v=BAA-0pEB08g breve documentario
    https://www.youtube.com/watch?v=cNRNi2Pr3Uo mostra dedicata all'artista
    https://vimeo.com/8145442

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  11. Mi è piaciuto molto il fatto che Tichy fotografi le donne nelle loro piu svariate espressioni e azioni. Ed inoltre il fatto che lui faccia una ricerca con i poveri strumenti che ha, di cio che lo circonda e di cercare di fermare le immagini che trova attorno a se.
    «Io non scelgo niente», dice Tichy, «metto i negativi nell’ingranditore e stampo ciò che è più simile al mondo. Tutto ciò che è, è il mondo». Usa un equipaggiamento tecnico totalmente fatto in casa. Ingranditori e macchine fatti di compensato e cartone. Tubi di plastica o cartone come obiettivo, lenti prese da macchine fotografiche giocattolo o fabbricate col plexiglas lucidato con dentifricio, cenere e carta vetrata, il sistema di riavvolgimento e l’otturatore regolati dalla tensione di un elastico da sartoria. Tichy è monotematico. Il soggetto è classico, il corpo femminile, le donne. Alla fermata dell’autobus, in piscina, nello spiazzo davanti alla chiesa, alcune sorridono, altre non sanno di essere fotografate. I corpi sono sfocati, le immagini piene di macchie, graffi e impronte digitali, con un’esposizione inadeguata, spesso incollate su pezzi di cartone colorato che fanno da cornice. Tichy si dichiara atomista, ciò che gli interessa è la creazione di un’immagine della realtà, temporanea, evanescente, inevitabilmente destinata a scomparire a causa del deperimento chimico. «Le macchie chimiche, gli scolorimenti e altri difetti fanno sembrare le immagini di Tichy come memorie molto personali di desideri universali, ma le memorie che svaniscono sono così indistinguibili dai desideri, da non poter essere mai essere realizzati»

    http://www.archiviocaltari.it/2011/02/10/miroslav-tichy-un-fotografo-delleta-della-pietra-2/#sthash.Vweefyac.dpuf

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  12. Non avendo mai fatto esperimenti del genere a scuola ero molto incuriosito dal come abbia fatto Tichý a crearsi i propri apparecchi fotografici. Di seguito ho riportato dei ritrovamenti che ho ritenuto interessanti.


    1.
    Un video su come costruire una macchina fotografica utilizzando un kit assemblabile già pronto.
    http://mashable.com/2013/08/12/lomography-diy-camera/#Sp5nMmSLd5qO

    Un link per acquistare il kit:
    http://shop.lomography.com/en/konstruktor


    2.
    Molto più interessante del precedente, è una collezione di tutorial per assemblare apparecchi fotografici da materiali (quasi) di scarto.
    http://www.diyphotography.net/23-pinhole-cameras-that-you-can-build-at-home/

    Tra quelli elencati ad esempio, questo è molto ben strutturato e facilmente comprensibile:
    http://www.matchboxpinhole.com/

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  13. stefano domenichetti13 aprile 2016 alle ore 18:39

    Riporto l'articolo che pubblicizzava una mostra personale dell'artista organizzata in collaborazione con la fondazione Tichy Ocean di Praga alla Galleria SIX di Milano, purtroppo è finita proprio il 30 marzo di quest'anno.
    http://milano.czechcentres.cz/program/travel-events/vystava-ceskeho-fotografa-miroslava-ticheho-v-mila/

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  14. "Caratteristica che probabilmente ha contribuito a rendere celebre Miroslav Tichý è la particolarità degli strumenti con cui realizza gli scatti. Non possiede una macchina fotografica o degli obiettivi così come siamo abituati a conoscerli oggi. Così come lo sviluppo delle fotografie anche il corpo macchina e gli obiettivi sono realizzati a mano da lui, una volta appresi i meccanismi alla base della fotografia e il funzionamento di questo dai tempi dell’Accademia, non è mai un’impresa ardua per lui che crea da sé tutto ciò di cui ha bisogno. Gli obiettivi hanno solitamente un corpo in cartone e le lenti vengono realizzate ritagliando del plexiglass, che viene poi levigato minuziosamente fino a renderlo dello spessore utile, e pulito con un miscuglio di dentifricio e cenere di sigaretta. Il corpo macchina ha soltanto l’aspetto di qualcosa di improvvisato perché nella costruzione sono presenti le stesse cure che si dedicano all’obiettivo. Il sistema di riavvolgimento della pellicola è gestito da un tappo di bottiglia, i tempi di scatto da un’elastico e dei rocchetti e così via. Tutto improvvisato ma niente lasciato al caos."

    Fonte: http://www.lindiependente.it/miroslav-tichy-tra-erotismo-e-poesia/

    Di seguito un video con le fotografie di M.Tichý: https://www.youtube.com/watch?v=0yHZThuO_W0

    Morena Foglia.

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  15. Miroslav Tichy al primo impatto si presenta agli occhi di un ventenne come un senzatetto che se ne va in giro con la sua bizzara macchina fotografica autoprodotta con rottami che ricorda molto un congegno "steampunk", insomma un personaggio che sembra nato dalla matita di un fumettista.Invece no.

    Non sappiamo come fosse il giovane Miroslav, le notizie che troviamo sulla sua vita sono tutte abbastanza labili e ripetitive ed in realtà non esiste una vera e propria biografia di quest' uomo, ma possiamo sicuramente leggere di cosa "è stato fatto diventare"
    SI "fatto diventare" perchè a mio avviso anni passati tra carceri e ospedali psichiatrici ad opera delle autorità comuniste non lo hanno reso un "outsider", termine con cui lo descrivono in maniera impropria molti articoli sul web, ma un PAZZO agli occhi della gente e forse non solo.

    Gli scatti di Tichy potrebbero sembrarci non dissimili dal nostro progetto sulle "foto rubate" ma hanno un significato personale completamente diverso, facilmente comprensibile da questa sua frase « io non scelgo niente,metto i negativi nell’ingranditore e stampo ciò che è più simile al mondo. Tutto ciò che è, è il mondo»
    Le sue infatti sono immagini che non nascono per essere esposte ad un pubblico ma per riprendersi una parte di quel "mondo" che la prigionia gli aveva tolto e il tema principale di esse ovvero "la donna" potrebbe anche essere analizzato in questa ottica che non esclude anche un certo voyuerismo non per forza nell'accezione negativa del termine.

    Naturalmente questo è il mio criticabilissimo punto di vista che avevo voglia di condividere con i compagni di corso

    P.S. sarebbe bello riuscire a trovare qualche testimonianza fotografica delle sue opere pittoriche e metterle a confronto con la sua successiva evoluzione.

    Eugenio De Magistris

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  16. ANTICONFORMISTA E FOLLE. MIROSLAV TICHY.
    Eccentrico, anticonformista e un pizzico di genialità folle che non guasta mai, Miroslav Tichý è stato un artista piuttosto originale. Nato a Kyjov, Repubblica Ceca, nel 1926 aveva iniziato la sua carriera dipingendo, ma nel 1948 quando il partito comunista cecoslovacco vince le elezioni cominciano i problemi per lui e tutti coloro che si ribellavano al regime totalitario, persino in campo artistico. Dopo essere stato arrestato e rinchiuso in cliniche psichiatriche, una volta tornato in libertà decide di discostarsi completamente dai cliché della società e inizia a vivere come un clochard nella sua stessa città che adesso non gli appartiene più. Cambia anche idea sulla pittura sostenendo che “tutto ciò che doveva esser disegnato era già stato fatto e per lui non restava più nulla”, e decide di dedicarsi alla fotografia, che definisce essere un qualcosa di più concreto rispetto al pensiero che precede la creazione di un quadro.

    Tutti lo credono pazzo, non solo per il suo stile di vita, ma anche per gli attrezzi che usa per fare i suoi scatti: sin dagli anni ’60 si costruisce da sé le macchine fotografiche con pezzi di ricambio trovati qua e là e tubi di cartone, tutti li credono semplici giocattoli ma lui fa realmente delle fotografie che si riveleranno straordinarie. È solo nel 2004 che un critico e curatore d’arte svizzero arriva a questa rivelazione e lo fa conoscere al mondo organizzando la sua mostra alla Biennale di Siviglia. Ritrae quasi sempre donne, visi, corpi, scatti rubati di nudità oppure in mezzo a una strada, donne in pose languide e sensuali oppure assorte e spiate. Ogni giorno faceva le sue immancabili passeggiate che diventavano il risultato del suo sguardo attento immortalato sulla pellicola. Tichý fotografa la pura e cruda realtà, la bella ed erotica realtà con tutte le sue imperfezioni che la rendono perfetta.
    Fonte: http://www.sociartnetwork.com/anticonformista-e-folle-miroslav-tichy/

    Allego inoltre un link di un video della durata di pochi minuti, con interviste e diversi spezzoni di vita quotidiana dell'artista,dove si possono capire al meglio il suo lavoro e la sua personalità.

    Lorena Bassolino

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  17. "Tichý realizzò di nascosto dal 1960 al 1985 migliaia di foto di donne nella sua città natale di Kyjov, Repubblica Ceca, con macchine fotografiche costruite artigianalmente con tubi di cartone, lattine e altri materiali(...)La maggior parte dei suoi soggetti non erano a conoscenza di essere fotografati poiché non si rendevano conto che la parodia della macchina fotografica che portava con se era reale."

    Questa affermazione, che ho letto nel blog di Marco Crupi, mi ha stupito molto. Non in realtà per quello che diceva ma per la somiglianza nell'esercizio che il professore ci ha dato per Tumblr.
    Sempre nel blog di Crupi era scritto:
    Dei suoi metodi Miroslav Tichý ha detto:"Prima di tutto è necessario avere una macchina fotografica scadente" e "Se vuoi essere famoso, è necessario fare qualcosa peggio di chiunque altro al mondo".

    Questa sua affermazione penso sia tragicamente realistica.

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  18. allego questa intervista.

    Vice: Hi Mr. Tichý. How are you doing?
    Tichý: How do you think such a great man like me is doing the evening before a global catastrophe?

    Those people over there by the shop told us they remember you snapping pictures of them ages ago...
    What do you care about some people in a shop? Just look at them, they’re absolute losers.

    We were just asking them how to find you. They said that you’re the man who took their pictures.
    See? And what’s the name of that international organization? The... the...
    Mrs. Hebnarova: Interpol.
    Tichý: That’s right! That’s who got me. Totally fucked!

    And where are your photos, Mr. Tichý?
    I could have made—what—four thousand pictures during all that time. And that Buxbaum [A former friend and collector of Tichý's work who Tichý severed ties with in 2009.] he took every one of them.
    Mrs. Hebnarova: [browsing through a book about Tichý that came out abroad] Well that’s you!
    Tichý: See? Wouldn’t it be nice if I owned the picture?!
    Mrs. Hebnarova: And he took it all the way to China!

    And what about the rest of your pictures? When are they going to see the world?
    Tichý: I don’t have any. He took everything!

    But you’re the most famous Czech photographer in the world right now. You can’t just ignore that.
    I can do whatever I want.

    Well, sure you can... but I don't think you should. Kids studying photography admire you. Maybe it would help them if you said something about how and why you took the pictures you did… explain how you came up with this stuff.
    Everyone is as he is born.

    But we were wondering how you came up with it.
    I never came up with anything. I just did whatever came to my mind. Like Tereza here...
    Mrs. Hebnarova: He took photos of whatever amused him.
    Tichý: I don’t approve of any form of amusement.

    ...continua nella risposta

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  19. Then tell me why you chose to take pictures of women at the public pool.
    Oh come on. They would never let me inside the premises. I took those pictures from behind the fence. I was hiding in the shadows, and from there I could take pictures with ease. But the things that I can do no one else in the whole wide world can. I knew everything during the first couple of days after I was born. What was and will be. Like when I went into that shop to take pictures of the store manager, I didn’t even know what I was seeing—I was working completely automatically.

    All these girls in this book, Mr. Tichý, hmm? Look at those legs...
    Yeah, yeah. You still have feelings.

    And what is your opinion of the world, Mr. Tichý?
    I don’t care about the world.

    What do you care about?
    Oh, I don't care about anything.

    So you’re a nihilist or what?
    Oh, come on. A person doesn’t have to be A, B, or C.

    And what about history? Do you care about that?
    The classics, philosophers, I’ve got all that memorized, but it’s way more complicated than you would think. Take Cesar. He spent his whole life building an empire, then they called for him. And he didn’t really have to go, but something told him to go there. That something sees the world. And once they killed Cesar off he rose to the first place in the whole universe. And that’s the way it happens.



    Do you still drink?
    Not anymore. I only drank for five years. Not even when I was young.
    Mrs. Hebnarova: He had this hunch a few years ago and after that he was unstoppable. But now, even if I offer it to him he doesn’t like the way it tastes.
    Tichý: Do you know what freedom is? Everybody keeps talking about it. Some say that freedom is communism. Some say that freedom is Havel [last president of Czechoslovakia and first president of the Czech Republic]. It’s something else for everyone. A person has the ability to be free because he is born. He keeps being told that that is supposed to be right. So let’s say that I’m going to believe in the communists. That way I’m going to limit myself. Mostly to complete bullshit. I don’t want to limit myself, I want to think. Ponder. At least as much as a pig might. The pig ponders the best of all creatures [Tichý smiles, real cute].

    Her husband [Mrs. Hebnarova’s] keeps chasing the cats off the table because cats aren’t supposed to be on the table. But how does he know that? How does he know that cats aren’t supposed to be on the table?

    Well, people built walls and then they walk between them. So they could live better.
    I don’t need no walls.

    I can see that.
    If the whole world believed in god there wouldn’t have to be any rules. Everyone needs to have their own ideas.



    Mr. Tichý, would you say a few words for us on camera? Your image is rather distorted, and people won’t know the truth until they see it with their own eyes.
    You can write whatever you want, but no cameras.

    OK. Maybe in the future?
    After those rockets take off that will be something different. It only takes one to take a whole Europe off the maps. Because Europe is the closest to China. Russia? That’s just a bunch of dumb assholes who can’t even count to five. There’s nothing left of Russians today. But there’s a lot of the Chinese and they have the money. I wasn’t even 13 when I started talking to the Chinese.

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  20. OK, we’ll be going now Mr. Tichý. But what should we bring you next time? What do you like?
    I don’t like anything. And I don’t eat pigs on principle. They’re the most intelligent of all creatures. The world has its plan and that’s what it rules by. Whoever I said would come to power did. I was talking about China a long time ago. And what do I say now? What comes after China? Africa!

    And after Africa?
    After Africa... nothing. You know what I heard on the radio? That today’s negroes like Slavic songs.

    I heard the communists used to lock you up in institutions so you couldn’t ruin the parades on the 1st of May, is that true?
    Well, they would just put me in a cage for four days. And on the third day I always had a vision of a three meter large Hitler head. Do you know how Czech history works? What’s inside the people no one will ever get out of them.

    So you don’t like the Czechs?
    Czechs... The Czechs would always degrade other great Czechs. Servants of the powerful. But that’s what the pope was as well. And those who didn’t want to serve they’d burn at the stake.

    And what do women mean to you?
    I’m no homosexual. I don’t care about women. I made some sketches, that was fun. I think the worst of women. Their heads are hollow. They have no insight and believe everything they’re told. Soups, dresses, haircuts... great. Then they get married and cry. I had other interests. Every being has its purpose here. You bring a baby into this world and so on. But not everyone has the time or interest.

    And how did you come to this perspective?
    Because I didn’t want to achieve anything. Something just pushed me to think. I know that I know nothing. Get it?
    Mrs. Hebnarova: Mr. Tichý, Mr. Tomas here wanted to ask you if I’m helping you with anything.
    Tichý: Well, you help and you harm. You keep wanting to dress me up in all this nonsense.
    Mrs. Hebnarova: Like clean pants, Mr. Tichý, right?
    Tichý: Those pigs are the most intelligent...

    We’ll come back later Mr. Tichý.
    I’ll be dead by then.
    Mrs. Hebnarova: Don’t start with death again!
    Tichý: Death is my hobby.

    We’ll be off then...
    Did you steal anything?

    No.
    I’m just kidding. But I’ll tell you something about photography. You know what I liked to take photos with the most? Cameras I carved out of wood myself. But I don’t really remember much more about it.

    INTERVIEW BY T. ZILVAR, P. ČEJKA
    PHOTOS OF TICHY BY P. ČEJKA

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  21. Miriam Mastrostefano14 aprile 2016 alle ore 08:33

    L'autenticità di questo uomo è la cosa che piu mi ha colpita.

    "Si fabbricava le sue macchine fotografiche da solo con le scatole delle scarpe, con le lenti degli occhiali oppure col plexiglas.
    Le foto venivano sviluppate in casa. Le ritoccava con la biro o con la matita.Ognuna delle sue foto è un pezzo unico, elaborata non solo dalle mani dell’artista ma anche trasformata da ciò che succedeva in casa: alcune sono state macchiate dal bromuro, altre sono state mangiate dai topi oppure pestate dalle sue scarpe."

    http://www.abitare.it/it/archivio/2011/02/07/silent-miroslav-tichy/

    Miriam Mastrostefano

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  22. Tichý era un autodidatta assoluto, un genio e un mattoche, oltre ad inventarsi la macchina fotografica, si era inventato anche uno stile particolare. La sua produzione è basata prevalentemente sulle donne immortalate, a loro insaputa, in piscine pubbliche, in strada, in situazioni banali di tutti i giorni. Per lui, le donne erano un oggetto scultoreo e naturale. La maggior parte dei suoi soggetti non erano consapevoli di venire fotografati, forse anche per il fatto che la scatola di cartone utilizzata da Tichý non sembrava vera. Lo stesso Tichý provvedeva poi alle stampe, montando le immagini in passepartout di cartone fatti a mano.

    Il laboratorio di Tichý era un angolo della casa in cui abitava, separato dal resto con pezzi di stracci, con la finestra offuscata per mezzo di un pennarello nero e una lampadina dipinta con vernice rossa. L’ingranditore era fatto dello stesso materiale riciclato con cui costruiva le sue macchine fotografiche. Tichý viveva tra cumuli di foto, topi e scarafaggi e a volte camminava sopra alle sue creazioni che venivano anche bruciate per scaldarsi.

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  23. La Fotografia Analogica Oggi
    ''La pellicola ha ancora un posto nella cultura e nella società?''

    http://www.lomography.it/magazine/255738-la-fotografia-analogica-oggi

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  24. “Il tempo di una mia passeggiata determina quello che voglio fotografare...”

    "Se vuoi essere famoso, è necessario fare qualcosa peggio di chiunque altro al mondo".

    “Io sono un profeta della decadenza e un pioniere del caos, perché solo dal caos è possibile che emerga qualcosa di nuovo.”

    Miroslav Tichý

    Allego questo articolo dove è descritto non solo l'insolito mezzo fotografico homemade dell'artista, ma dove sono anche illustrati in breve la sua vita e il suo lavoro. Sono inoltre riportati alcuni dei suoi scatti e frammenti di svariati articoli su di essi : https://fstoppers.com/natural-light/photographer-snaps-nearly-hundred-photos-day-homemade-camera-4848

    Arianna Cordeschi

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  25. Vi consiglio due link, uno in cui parla di Lucus Landers e della sua macchina a stampa istantanea e un link sulle fotocamera più strane e su come costruirle.

    http://www.lomography.it/magazine/283186-lucus-landers-and-his-handmade-instant-press-camera

    http://www.thephoblographer.com/2015/03/21/9-homemade-cameras-worth-the-diy-effort/#.Vw9-fzCLSUk

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  26. Le opere di Tichý divide i critici in due: quelli che le ammirano e quelli che considerano il suo successo solo un risultato di una manipolazione dei curatori. In qualche modo riviviamo la storia di Paul Cézanne. Anche l’opera di Cézanne divise i critici in due campi: moderni e conservatori. I primi lo considerarono un grande artista, per i secondi fu un sincero e innocente dilettante, che non sapeva dipingere.
    Tichý, per chi si e per chi no è considerato un grande artista che soddisfa i canoni, particolarmente cari all’arte contemporanea.

    1) Autenticità. Dagli anni sessanta, Tichý ha cercato la sua espressione attraverso la fotografia. Si fabbricava le sue macchine fotografiche da solo con le scatole delle scarpe, con le lenti degli occhiali oppure col plexiglas.
    Le foto venivano sviluppate in casa. Le ritoccava con la biro o con la matita. Ognuna delle sue foto è un pezzo unico, elaborata non solo dalle mani dell’artista ma anche trasformata da ciò che succedeva in casa: alcune sono state macchiate dal bromuro, altre sono state mangiate dai topi oppure pestate dalle sue scarpe.
    Non solo la sua opera, ma anche la sua vita è autentica. Tichý si è coscientemente costruito un’immagine di sé difficile da inquadrare. Non si taglia i capelli e neanche la barba. Porta sempre lo stesso cappotto, che è diventato una specie di sicurezza e di protezione per lui. All’inizio degli anni settanta ha reso visita al direttore della società d’assicurazione locale per chiedergli se fosse possibile assicurare il suo cappotto, per un prezzo che ora corrisponderebbe a quello di una macchina lussuosa. Una performance che batterebbe tutte quelle di Josef Beuys. Lo stile di vita di Tichý sotto il comunismo fu considerato talmente pericoloso che, ad ogni festività nazionale, Tichý veniva in maniera preventiva rinchiuso in clinica psichiatrica. In modo simile a Van Gogh, la vita di Tichý conferma la sua opera: un genio libero e indipendente dalla società.

    2) Originalità. Tichý ha sviluppato un suo stile che è riconoscibile al primo sguardo. Le sue foto somigliano più a dipinti che a fotografie. Tichý è affascinato dal femminile. Un motivo tipicamente classico, che essendo rimasto ai margini dell’arte contemporanea, rende Tichý originale. La donna ritorna in Tichý, ciò che non era più stata dai tempi del simbolismo e dell’impressionismo – femme fatale, petite fille, baigneuse. Le sue donne sono una poesia, un sogno erotico. Ognuna è originale e irripetibile.

    3)Universalità. Tichý ha creato sotto il comunismo in un ambiente estremamente circoscritto e chiuso. Ma le foto raccontano di una quotidianità, in cui ognuno si può riconoscere. Sono personali e universali. In questo senso Tichý ha rinnovato un rapporto tra l’arte e la vita, sistematicamente negato dagli artisti moderni ossessionati dall’idea dell’autonomia artistica.

    4)Bellezza. Se le foto della pubblicità sono il nuovo accademismo che presenta una falsa bellezza, le foto di Tichý sono il nuovo impressionismo che presenta la bellezza vera.

    Fonte:http://www.abitare.it/it/archivio/2011/02/07/silent-miroslav-tichy/?refresh_ce-cp

    Silvia Tosto

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  27. Non è mai stato tanto difficile definire l’uomo e l’artista come nel caso di Miroslav Tichý: un carattere multiforme, in larga parte inaccessibile, che si riflette nella sua poetica e nella estrema complessità del suo essere. Il suo lavoro è il frutto di un rituale ossessivo e meccanico che ripeteva quotidianamente: l’artista percorreva le strade di Kyjov – il suo villaggio natale in Moravia – per lo stesso lasso di tempo ogni giorno, senza avere un itinerario preordinato e lasciando che fosse il caso a dettare i suoi incontri. Le protagoniste indiscusse della sua opera sono le donne in cui si imbatteva nei dintorni di casa; le sue immagini sono l’espressione di un’inquietudine creativa, di una necessaria formula per la sopravvivenza del suo io. Il risultato finale è un corpo d’immagini poetiche ed evanescenti che scatenano nello spettatore una smania enigmatica sulle corde di un’irresistibile fascinazione.

    Fonte: https://admiraphotography.com/?portfolio=miroslav-tichy

    Documentario: Miroslav Tichý- I grandi fotografi
    https://www.youtube.com/watch?v=mwDth7zyLdc

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  28. Ho trovato questo fotografo Britannico chiamato Hugh Turvey a mio parere straordinario. Riuscendo a unire uno strumento utilizzato principalmente per scopi medici realizza dei lavori interessantissimi.

    Hugh Turvey fotografo e artista britannico, usa la tecnologia radiografica per creare quelli che lui chiama "Xograms", fondendo immagini scattate nello spettro della luce visibile e in quello dei raggi X. "Sono uno sperimentatore e penso per immagini", spiega. "Lavoro con i raggi X dalla fine degli anni Novanta ma noto sempre con stupore che continuo a saperne molto poco".
    Is a British artist, photographer and experimentalist who works primarily with X-ray technology. His work fuses art and science, graphic design and pure photography. In September 2014, he was awarded an honorary fellowship by the Royal Photographic Society in recognition of his work as an advocate for imaging innovation and its role in the advancement of science and understanding.

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  29. Scrollando di poco il sito, di cui allego il link, suggerisco la lettura di questo pdf dove è stata riportata dalla rivista Aracne l'intervista a Enrica Viganò, curatrice della mostra dedicata alla fotografia outsider di Miroslav Tichy del SI Fest #20 Savignano Immagini Festival. La sopracitata si interessa molto alla vita personale dell'artista, di cui cita tratti biografici da ricollegare alle sue scelte stilistiche e alla sua creatività inquieta.

    PDF: http://www.aracne-rivista.it/intervista%20vigano%20candara.pdf

    Fonte: http://www.aracne-rivista.it/Fotografia%20outsider.html

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  30. Io ho trovato dei video interessanti, una sfida, dove danno delle macchine fotografiche "scadenti" a dei fotografi professionali e poi vedono il risultato. http://youtu.be/jDAnNjRJxOQ
    potete mettere su youtube :"Lara jade cheap camera challenge"
    È molto interessante, ti fa capire che non è la macchina fotografica , ma la sensibilità del fotografo ad creare delle fotografie grandiose.
    https://sinfiltrosenellente.wordpress.com/2015/02/07/lara-jade-la-camara-no-hace-al-fotografo/

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  31. Miroslav Tichy (20/11/1926 - 12/04/2011) è stato un artista e fotografo ceco. Da giovane studiò pittura, ma la abbandonò perché "Tutti i disegni sono già stati tratti. Tutti i dipinti sono già stati dipinti." (cit. Tichy). Iniziò a vivere come un vagabondo quando la polizia cecoslovacca tentò di catturarlo, poiché considerato un dissidente. Una condizione che, tuttavia, non lo fermò dall'intraprendere una povera vita da fotografo, autosufficiente, ai margini della società. Con un invidiabile ingegno e vari materiali di scarto, Tichy ricavò una macchina fotografica con cui realizzò migliaia di fotografie di donne, a Kyjov. Fotografie sfocate, sporche, oblique, macchiate, disegnate, stropicciate, strappate; le grezze fotografie di Tichy ritraggono donne in contesti di quotidianità e tempo libero. Tichy fotografava sia in incognito, sia mostrando la sua macchina fotografica (mai considerata vera dalle donne inquadrate). Negli anni 2000, il critico d'arte Harald Szeeman, scoprì le fotografie di Tichy e nel 2004 organizzò una mostra alla Biennale d'Arte Contemporanea di Siviglia, infine diffusa in tante altre importanti gallerie del mondo. Tuttavia Tichy non andò mai a vedere le sue fotografie esposte, in una intervista descrive il suo concetto di Arte e Fotografia "Il pensiero è troppo astratto. La fotografia è qualcosa di concreto [..] ed è necessario prima di tutto una cattiva macchina fotografica. [..] Le donne sono il tema principale nella mia arte. Naturalmente. Ma che cosa è l'arte? L'arte è solo un'idea".

    https://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=V3sEyHtg0yc

    http://marcocrupifoto.blogspot.it/2012/10/miroslav-tichy-artista-fotografo-e.html

    Sono rimasto affascinato non solo dai momenti di autentica naturalezza delle donne fotografate. Ma soprattutto da ciò che Miroslav Tichy è riuscito ad ottenere: un occhio meccanico dal quale le persone non fuggono/resistono.

    Simone Cera

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  32. ''La giusta poesia dell’imperfetto'' - Miroslav Tichy a Milano

    Galleria Six, Milano – fino al 30 marzo 2016. L'arte si deposita nell'errore ben più che nella ricerca della perfezione e della compostezza. Ce lo insegna un occhio artistico singolare, scoperto solo negli ultimi decenni tra i frammenti dell'ex URSS.

    Se davanti a celebrità oggi a loro agio nel brillante mondo dello star system, credete che il mito dell’artista appartato, povero per scelta, che si procura scarti di stoffa, lattine, corde e altri materiali di recupero per realizzare i propri strumenti di lavoro, sia solo una montatura, c’è almeno un’eccezione che dovete fare: Miroslav Tichy (Netcice, 1926 – Kyjov, 2011).
    Sopravvissuto al socialismo reale, fedele alle proprie idee, trascorrendo anni fra carcere e reparti psichiatrici, con lo sguardo puro di un fotografo che da voyeur osservava le donne dentro obiettivi di cartone e lenti di plexiglas, da lui stesso messi a punto per catturare la luce, ha lasciato ai posteri istantanee di una vita irreparabilmente di passaggio. Eppure, in quel passaggio, condensata, toccante. Del resto, dopo una più breve esperienza come pittore, Tichy affermava che fotografare è come dipingere attraverso la luce. Visitando la mostra, le parole di Harald Szeemann, che nel 2004 fece sì che la colossale opera di Tichy venisse esposta per la prima volta, diventano reali: “L’intensità trova sempre il suo medium”. Lucia Grassiccia

    Milano // fino al 30 marzo 2016
    Miroslav Tichy
    GALLERIA SIX
    Piazzale Piola 5
    349 6680813
    info@galleriasix.it

    http://www.artribune.com/2016/03/mostra-miroslav-tichy-galleria-six-milano/

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  33. ''THIS BOOK IS A CAMERA'' di Kelli Anderson

    http://www.kellianderson.com/books/camera.html

    Mix tra fotografia analogica, grafica, editoria.

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  34. La Fotocamera Ikea di Cartone

    http://www.dphoto.it/altre-fotocamere/la-fotocamera-ikea-di-cartone-arriva-per-tutti.html
    http://www.juniper-xs.it/news/114001/ikea-knappa-un-economica-fotocamera-digitale-di-cartone.htm

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    1. Questo link mi ha incuriosito molto. Credo sia importante avanzare proposte di natura eco-tecnologica,strutturalmente semplici e funzionali allo stesso tempo. Soprattutto che possano essere alla portata di tutti.

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  35. Cito Noris Lazzarini perché le sue foto vivono in un mondo incantato, in cui non Instagram o le Polaroid. Le macchine fotografiche che costruisce sono quasi vere opere d'arte.

    Noris era in Colombia dove le hanno rubato tutte le macchine fotografiche in un colpo solo. Da lì ha iniziato a tirar fuori la sua esperienza, partita per l'Amazzonia con una pentola trasformata in macchina fotografica. Venti giorni a piedi, tre foto stenopeiche. Tornando a casa a casa sviluppandole, ha scoperto che erano venute bene.

    “Bella esperienza, con gli Indios. Loro fermi venti minuti con i loro cani, io con una pentola sull'albero e loro che mi guardavano come fossi matta. Anche perché oggi, con il camper, sviluppo subito e lascio la foto ai miei soggetti, loro invece non videro nulla. Mi regalarono la loro fotografia.”

    Le sue fotocamere sono tutto quello che è intorno: scatole di biscotti, scatole di ogni tipo, una sua foto famosa la ritrae con una zucca riadattata a macchina stenopeica.

    http://www.artsblog.it/post/56653/le-strane-macchine-fotografiche-di-noris-lazzarini
    http://www.photogalleria.it/index.php?autore=noris%20lazzarini

    Francesco Marino

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    1. Mi hai battuto sul tempo (e anche di un bel po').
      Per cui aggiungo solo un altro link dove trovare altre fotografie di Noris Lazzarini:

      http://www.studiofahrenheit.it/gallerie/noris-lazzarini-portfolio

      Guendalina Fazioli

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  36. MARIO GIACOMELLI

    - Da www.fotografareblog.it/blocnotes/kobell-mario-giacomelli/, un articolo di Massimiliano Sandri:

    «Ricordo benissimo la prima volta che abbiamo sfogliato un libro con le immagini di Mario Giacomelli. […] Della camera oscura di Mario Giacomelli non scoprimmo mai un granché, a dire il vero. Si sapeva che aveva il laboratorio nella sua tipografia, e stop. L’unico elemento che possedevamo per metterci sulle tracce del bianco e nero di Giacomelli era un suo ritratto con macchina fotografica: ma che accidente di macchina era quella? Dopo qualche anno lessi in un’intervista che quella strana macchina era una Kobell. […] Giacomelli usava una Kobell Press del 1955, con obiettivo Voigtländer Color-Heliar 1:3,5/105. Questa Kobell (che in tedesco significa “miscuglio”) era uno stranissimo apparecchio artigianale, nato nel primo dopoguerra dalle intuizioni e dalle necessità di un fotografo italiano, Luciano Giachetti, e dall’abilità di un artigiano milanese “il Boniforti”. La Kobell era proprio un miscuglio: un po’ Leica (il mirino e l’otturatore a tendina, anche se su molti obiettivi veniva montato anche un otturatore centrale di tipo Compur) ed un po’ Plaubel (il formato 120). Era una gran macchina, che usava ottiche intercambiabili Zeiss, Voigtländer o Schneider, ma restò sempre ad un livello quasi sperimentale; pare che non ne siano stati prodotti più di 500 esemplari appartenenti a varie serie, oggi archeologicamente misteriose. La Kobell di Giacomelli era ancora più fuoriserie: il Maestro aveva fatto ridurre il formato da 6X9 a 6X8 per scattare più immagini sullo stesso rullo, e l’aveva talmente spremuta che alla fine stava in piedi col nastro adesivo ed altri accrocchi. Anche così, non ne so poi molto sulla Kobell, ma tanto mi basta. D’altra parte lo stesso Giacomelli confermò che quella era una macchina magica, dotata di una sua personalità. Ho letto che confessò di temere che la Kobell si rompesse in modo irreparabile, perché allora non avrebbe più saputo come fotografare».

    - Sulla questione della macchina fotografica di Mario Giacomelli riporto qui un estratto di un’intervista realizzata da Frank Horvat e che fa parte del libro Entre Vues (per la versione integrale: http://maledettifotografi.it/interviste/mario-giacomelli):

    H: E la macchina fotografica? Tu non hai una macchina come noi tutti, Kodak o Nikon o Leica.

    G: Io non so cosa hanno gli altri. Io ho una macchina che ho fatto fabbricare, una cosa tutta legata con lo scotch, che perde i pezzi. Io non sono un amante di queste cose. Ho questa da quando ho iniziato, sempre la stessa. Con lei ho vissuto le cose, belle o brutte, con lei ho diviso tanti attimi della mia vita. Mi rattrista solo l’idea di staccarmi da lei.
    H: Ma questa macchina da dove viene?

    G: L’ho fatta fare io. Ho smontato un’altra macchina di un amico mio, togliendo tutte le cose inutili. Per me l’importante è che ci sia la distanza e… cosa c’è d’altro? Io non so come funzionano queste cose. L’importante è che non passi la luce. È una cassa senza niente.
    H: E che film ci metti?
    G: Quello che trovo.

    - Infine propongo questo video realizzato dalla Galerie Berthet Aittouares in occasione di una mostra su Mario Giacomelli in cui c’è sia la testimonianza del figlio del fotografo che descrive la macchina fotografica del padre, che un filmato piuttosto raro di Giacomelli stesso che mostra la sua attrezzatura da lavoro modificata e rivisitata:

    www.youtube.com/watch?v=gCjq9BQd-TA dal minuto 1.30

    Ilaria Restivo

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  37. Questa descrizione su Miroslav mi ha particolarmente colpito, descrive in breve la personalità e, di conseguenza, la fotografia di questo artista. Quello che più ho apprezzato di Miroslav è la semplicità con cui fotografa le persone ma sopratutto la bellezza delle sue fotografie imperfette, che rendono la sua arte originale.

    Fonte: [http://blog.contemporarytorinopiemonte.it/?p=1417]
    Miroslav è uno spirito libero, eccentrico, indipendente, folle. Sceglie una vita al limite e si accontenta di una baracca di legno nella città della sua infanzia. […] Se gli si chiede se è una regola o meno, lui risponde che non lo è. Dipende tutto dal tempo, è il tempo che sceglie, non lui. […] Nella maggior parte dei casi, protagoniste sono le donne. Le trovi affacciate a un balcone, che parlano su una panchina, in bici, in piazza, in piscina, distese su un prato. Le vedi di schiena, mentre si aggiustano i capelli o mentre camminano per andare a fare la spesa. Ammiri le loro caviglie sottili, il sedere rotondo o troppo grande. Ti sorprendono la cellulite e le calze smagliate.
    Non sembra che lui le stia spiando. E invece è lì e da non troppo lontano coglie tutti quei dettagli, i gesti e le smorfie che le rendono inconsapevolmente belle. È la sua interpretazione personale dell’azione di sorveglianza esercitata dal regime. L’immagine che ci ritorna, però, non contiene sospetti, condanne e giudizi. Ci sono solo i momenti, lo spazio e il tempo di una bellezza che diventa un sogno. Le foto sono sfocate e impolverate come un ricordo; strappate, graffiate e macchiate come la realtà. Il movimento è naturale, la perfezione un’illusione, l’erotismo fantasia. Fotografare è dipingere con la luce. Un atto concreto che si compie senza pensare a nulla. E poi, sedersi e dormire sulle foto, sviluppare la pellicola di notte in una vasca da bagno, immergere le mani nell’acido.
    È la naturale imperfezione della realtà che crea la poesia.

    Qui un video con le sue fotografie: https://www.youtube.com/watch?v=sdgwvYuubu8

    Clarice Armiento

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  38. Dopo aver letto vari articoli sul web e varie riflessioni, vorrei aggiungere un paio di mie riflessioni.
    Intanto penso sia da sottolineare che stiamo parlando di un emarginato sociale, e di un prigioniero politico. Non abbiamo tantissimi approfondimenti su cosa gli è successo in prigione o di come esattamente viva la condizione di vagabondo, quindi ogni riflessione che si può fare è molto personale e potrebbe non essere attinente alla realtà, in ogni caso guardando le fotografie mi viene un po di tristezza, perchè ho la sensazione che lo sguardo è quello di una persona che non ha più un vero e proprio posto nella società. Concordo con chi sopra ha scritto che parlare di outsider è un po forzato, perchè un outsider è una persona che seppure fuori dalla società ha comunque una possibilità di dialogo, cosa che nelle foto di Tichy non sembra esserci, sembrano quasi tutte fatte da uno spioncino, cercando di partecipare a un mondo che non gli appartiene e a cui non appartiene. Ma questa chiave di lettura, questo vouyerismo, lo possiamo trovare in molti fotografi, magari non in situazioni così estreme, ma penso che spesso chi si approccia alla fotografia cerca un modo di approcciarsi al mondo, un modo di leggerlo, un modo di comunicarci. Questa è una riflessione ancora più personale, perchè è uno dei motivi che mi ha spinto ad appassionarmi alla fotografia dieci anni fa, sei timido e troppo giovane e non abbastanza sicuro di te da partecipare a un mondo che per quanto ti sforzi di raggiungerlo continua a scivolarti tra le dita, e quando cominci a scattare hai finalmente la sensazione di poterlo prendere in mano. Di poter partecipare attivamente, e pian piano di poterlo vedere veramente e capire a fondo. Fino a quando ti rendi conto di poterlo in qualche modo cambiare, modellare. Ho paura di essere andata un po fuori discorso, ma volevo condividere questa riflessione.

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  39. Francesca Ceccarelli18 aprile 2016 alle ore 22:29

    Tarzan Retired: https://www.youtube.com/watch?v=BAA-0pEB08g
    Breve documentario estremamente interessante al fine di comprendere la personalità Miroslav Tichý, al limite fra la genialità e la pazzia.
    Provato dall'esperienza in carcere e negli istituiti psichiatrici a causa dei suoi dipinti lontani dagli ideali del regime totalitario, diventa un emarginato per scelta. Si ritira e comincia a vivere quasi come un barbone, iniziando ad interessarsi alla fotografia. L'abbandono della pittura dipende dal fatto che secondo Tichy era già stato disegnato tutto e quindi non le era rimasto altro che dedicarsi alla fotografia, che si basa sulla percezione ed è più reale di un disegno. Tichy produce tutto in maniera completamente autonoma, a partire dalla macchinetta (le cui lenti sono pezzi di plexiglass tagliati a mano) fino ai metodi di sviluppo, utilizzando materiale di scarto. Inizia a scattare circa 100 fotografie al giorno, ma senza nessuna intenzione premeditata: sono le fotografie e giungere da lui e non l'inverso.
    Anche il processo di selezione degli provini da stampare, che per i fotografi più "tradizionali" è sempre un momento cruciale, in lui assume una valenza diversa. Non c'è nessun criterio prettamente estetico, ma direi più "empatico": si stampa ciò che corrisponde al mondo reale.

    In molti avevano paura di lui, visto il suo atteggiamento fuori dal comune e il suo aspetto decisamente trasandato, nessuno lo aveva mai preso sul serio o aveva mai pensato che quelle macchine fotografiche fatte di materiali poveri come cartone ed elastici fossero reali.
    Vista la natura dei mezzi con cui scattava, le fotografie di Tachy risultano imprecise, sfocate e piene di graffi e imperfezioni: eppure la loro bellezza è proprio questa ed è ciò che le rende voyeuristiche e un poco pittoriche (forse un legame con il suo passato da pittore?), impreziosite spesso da interventi a matita fatti dallo stesso Tachy.

    Il documentario si chiude con una intensa riflessione: "Sai dirmi di cosa è fatto il mondo? È fatto di numeri. Ma qual è il più alto e quale il più basso? È impossibile dirlo. È infinito."

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  40. Volevo condividere un sito che mette in luce diverse soluzioni pratiche e stilistiche (dall'origami alla lavorazione tradizionale) per realizzare macchine fotografiche. Il sito ha come allegati pdf,link,tutorial, per la realizzazione a mano.

    http://www.frankenphotography.com/category/fotografia/stenoscopia-pinhole-photography/paper-cameras/

    Questo è un esempio dell'efficacia della Dippold Pinhole Camera, di Francesco Capponi.

    https://www.flickr.com/groups/1414784@N21/pool/

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  41. Mariateresa Gilbo
    Oltre tutto ciò che è stato già detto sull'eclettico "frankenfotografo", ho trovato interessante uno spezzone del film a lui dedicato, Tarzan Retired, appellativo che amava e che lo ritraeva, come cellula impazzita nella giungla della società in cui ha vissuto come emarginato pazzo, ma sul cui conto tutti i contemporanei hanno dovuto ben presto, prima della sua morte, ricredersi. Dietro quell'apparente giocattolo, composto dai più svariati materiali, l'arma fotografica era davvero capace di rubare ed immortalare tutte le donne che tanto amava osservare e fotografare.

    In questo video emerge il suo spirito alto ed evoluto che ha già superato l'aspetto superficiale della perfezione fotografica per cogliere nelle figure femminili immortalate che la loro anima. Le sue fotografie hanno infatti questa evanescenza surreale dovuta alla poca nitidezza delle immagini e della povertà dei materiali utilizzati, ma donano alle stesse quella sensazione di ultraterreno che tanto riesce ad affscinarci.

    Guardando le fotografie di Tichy mi permetterei quasi di dire che lo si possa considerare un fotografo di auree, della quintessenza femminile dove i candidi nudi non sono che i simboli della purezza femminile.

    il filmato ci mostra la sua persona come si presentava, nella sua rozzezza autentica, intento a mostrasci i suoi tesori nel suo laboratorio, le fotografie ma anche i suoi dipinti. l'ambiente in cui lavora è lo specchio ideale della sua vita, ridotto all'essenziale, in una confusione dove solo lui riusciva a trovare l'ordine.

    Nonostante la lingua sia per me incomprensibile ho trovato interessante poter ascoltare il suo timbro di voce, al tempo stesso vivace ed eroso dalla vita.

    https://www.youtube.com/watch?v=V3sEyHtg0yc

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  42. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  43. Miroslav Tichy muore nel 2011 e della sua vita singolare e straordinaria scrive in poesia:

    Se fosse una passione, sarebbe il people watching.
    Se fosse l’arte, sarebbe un’idea.
    Se fosse un’ossessione, sarebbe una donna.
    Se fosse un oggetto, sarebbe qualsiasi oggetto.
    Se fosse un posto, sarebbe il cassetto di un comodino.
    Se fosse un limite, sarebbe il tempo.
    Se fosse lui, sarebbe un bel nome.

    Federica Oliva

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  44. http://www.tichyocean.com/
    Miroslav Tichý
    This last master of the 20th century photography was only discovered some 6 years ago and left a radical and unorthodox body of photography focussed on the female figure. After studying at the Academy of Arts in Prague, Miroslav Tichý withdrew to a life in isolation in his hometown of Kyjov, Moravia, Czech Republic. In the late 1950s he quitted painting and became a distinctive Diogenes-like figure. From the end of the 1960s he began to take photographs mainly of local women, in part with cameras he made by hand. He later mounted them on hand-made frames, added finishing touches with pencil, and thus moved them from photography in the direction of drawing. The result are works of strikingly unusual formal qualities, which disregard the rules of conventional photography. They constitute a large oeuvre of poetic, dreamlike views of feminine beauty in a small town under the Czechoslovak Communist régime.



    Solo Exhibitions

    2011
    Braunschweig University of Art, Braunschweig, Germany
    Wilkinson Gallery, London, Great Britain
    2010
    International Centre of Photography, N.Y.C., USA
    GEM, Museum Voor Actuele Kunst, Den Haag, Netherland
    Howard Greenberg Gallery, N.Y.C., USA
    Galerie Hlavního Města Prahy, Prague, Czech Republic
    2009
    Jiri Svestka Gallery, Berlin
    Gallery Elisabeth & Klaus Thoman, Innsbruck, Austria
    Gallery Kewenig, Palma de Mallorca, Spain
    Gallery Kewenig, Cologne, Germany
    Ivorypress Art Space, Madrid, Spain
    2008
    Michael Hoppen Gallery, London, Great Britain
    Douglas Hyde Gallery, Dublin, Ireland
    Centre Pompidou, Musée national d'Art Moderne, Paris, France
    Kunsthaus Bregenz, KUB Billboards, Bregenz, Austria
    Museum of Modern Art (MMK), Frankfurt, Germany
    Tanja Bonakdar Gallery, New York City, USA
    2007
    Taka Ishii Gallery, Tokyo, Japan
    Beijing Art Now Gallery, Beijing, China
    Beijing Art Now Gallery, Shanghai, China
    2006
    De Hallen, Frans Hals Museum, Haarlem, Netherlands
    Dům Umění Města Brna (Brno House of Art), Brno, Czech Republic
    Michael Hoppen Gallery, London, Great Britain
    Galerie Šternberk, Šternberk, Czech Republic
    Presentation House Gallery, Vancouver, Canada
    2005
    Kunsthaus, Zürich, Switzerland
    Galerie Arndt&Partner, Berlin, Germany
    Zeno X Gallery, Antwerp, Netherlands
    Nolan/Eckmann Gallery, New York City, USA



    Selected Group Exhibitions

    2008
    Miroslav Tichý and Julia Margaret Cameron, Magasin 3 Stockholm Konsthall, Stockholm, Sweden
    Revolutions – Forms That Turn, Biennale of Sydney, Sydney, Australia
    International Triennale of Contemporary Art, National Gallery of the Czech Republic, Prague, Czech Republic
    Miroslav Tichý and Annelies Strba, Douglas Hyde Gallery, Dublin, Ireland
    2007
    Collection photographique, Centre Pompidou, Paris, France
    Like Leaves, Tanya Bonakdar Gallery, New York, USA
    Miroslav Tichý: Dreamy Images of Female Beauty by a Moravian Photographer, Central European House of Photography, Bratislava, Slovakia
    2006
    Artists for Tichý– Tichý for Artists, Moravská Galerie, Brno, Czech Republic
    Déjà vu, Artibus Foundation, Ekenas, Finland
    Black Night, Salzburger Kunstverein, Salzburg, Austria
    Artists for Tichý– Tichý for Artists, East Bohemian Gallery, Pardubice,
    Czech Republic
    5th International Ink Biennial, Shenzhen, China
    Artists for Tichý– Tichý for Artists, Museum Moderner Kunst Stiftung Wörlen,
    Passau, Germany
    2005
    Arnulf Rainer et sa collection d'art brut, La maison rouge, Paris, France
    Rencontres de la Photographie, Arles, France
    2004
    Bienal Internacional de Arte Contemporáneo de Seville (International Biennial
    of Contemporary Art), Seville, Spain. Curated by Harald Szeemann, 1990
    Von Einer Welt zu'r Andern, Die Blaue Kunsthalle DuMont, Cologne, Germany.
    curated by Roman Buxbaum and Pablo Stähli

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  45. Pubblico un breve articolo che tratta della poetica delle immagini di Miroslav Tichý.
    http://www.style.it/lifestyle/delicious/2010/02/04/tichý-a-new-york.aspx#?refresh_ce

    Ciò che mi ha colpito del modo di operare di Tichý è la poetica dell'imperfezione che caratterizza le sue fotografie. In un'epoca in cui siamo ormai abituati a immagini tecnicamente perfette, le fotografie di Tichý assumono un forte valore proprio perché sono lo specchio della vita, rappresentata per quella che è essa stessa, senza alcun filtro. Le fotocamere inusuali di Tichý avvalorano poi il fatto che non è l'apparecchiatura dalle prestazioni perfette a fare la poetica di una immagine, ma è il pensiero, è l'uomo che sta dietro di essa. 


    Riguardo fotografi che utilizzano fotocamere inusuali ho trovato in rete un articolo sull'autore Wayne Martin Belger : egli costruisce, per ogni serie fotografica, apparecchiature con foro stenopeico. Esse, oltre a possedere caratteristiche differenti l’una dall’altra, sono delle vere e proprie opere d’arte che vengono esposte insieme alle fotografie. Differentemente da Tichý, Belger non utilizza materiale di scarto, ma le sue macchine fotografiche sono costruite (con metallo, legno o materia organica) a seconda del soggetto da fotografare (come ad esempio la macchina fotografica che progettò per immortalare alcuni malati di AIDS utilizzando, al posto dei filtri fotografici, lastre di vetro contenenti lo stesso sangue infetto dei soggetti fotografati). Nell'articolo sono riportate alcune fotografie di Belger e le relative macchine fotografiche realizzate. 
    http://marcocrupifoto.blogspot.it/2011/01/wayne-martin-belger-e-le-sue-macchine.html

    Federica Grasso

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  46. http://cameramaker.se/index.htm

    Mats Wernersson costruisce a mano le proprie macchine fotografiche dall'età di 10 anni.
    Ha composto una 3d camera fondendo insieme il corpo macchina di due Konica FS1, una fotocamera panoramica con tubi e pezzi di pvc, una micro macchina fotografica che usa pellicole 9x12mm ed è grande quanto una moneta da un euro e altre presenti sul suo sito, dove spiega inoltre come son fatte.

    Chiara Pireddu

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  47. La maggior parte dei suoi soggetti erano donne e non erano a conoscenza di essere fotografate poiché non si rendevano conto che la parodia della macchina fotografica che portava con se era reale. Le sue foto in soft-focus e gli scorci fugaci delle donne di Kyjov risultano oblique, macchiate e mal stampate; viziate dai limiti della sua attrezzatura primitiva e una serie di errori in fase di sviluppo deliberate voluti con lo scopo di aggiungere imperfezioni poetiche.
    Allego qui uno dei due video documentari sulle sue fotografie. https://youtu.be/0yHZThuO_W0
    Questo suo rubare fotografie mi colpisce particolarmente, dato che lo stiamo facendo anche noi col progetto ''I-disclaim''.

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  48. https://youtu.be/0yHZThuO_W0

    Segnalo questo video con le foto di Miroslav Tichý,
    mentre il secondo link tratta di un documentario sulla sua vita in cui viene ripreso all'interno della sua abitazione e mentre è all'opera.

    https://youtu.be/bf-bqWBdchI

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  49. Pubblico un breve articolo su Miroslav Tichý:

    Dipinge prima di darsi alla fotografia. Frequenta l’Accademia delle Belle Arti di Praga e, durante gli anni del Socialismo Reale, entra a far parte del collettivo artistico Brněnská Pětka (Brno Five), ostile all’ideologia dominante. Negli anni Cinquanta, scopre la fotografia e iniziano le sue prime sperimentazioni. Nel mezzo c’è la Primavera di Praga, l’opposizione al regime e lunghi soggiorni in carceri e ospedali psichiatrici. La sua salute mentale è sempre stata fragile e la sua arte e la sua persona sono sempre stati considerati una minaccia.
    Miroslav è uno spirito libero, eccentrico, indipendente, folle. Sceglie una vita al limite e si accontenta di una baracca di legno nella città della sua infanzia. Quando la fotografia diventa la sua missione, decide di fare cento scatti al giorno per un certo numero di anni. Però se gli si chiede se è una regola o meno, lui risponde che non lo è. Dipende tutto dal tempo, è il tempo che sceglie, non lui.
    Così, mentre la terra compie i suoi giri intorno al sole, lui esce ogni giorno a passeggiare per fare foto.
    Nella maggior parte dei casi, protagoniste sono le donne. Le trovi affacciate a un balcone, che parlano su una panchina, in bici, in piazza, in piscina, distese su un prato. Le vedi di schiena, mentre si aggiustano i capelli o mentre camminano per andare a fare la spesa. Ammiri le loro caviglie sottili, il sedere rotondo o troppo grande. Ti sorprendono la cellulite e le calze smagliate.
    Non sembra che lui le stia spiando. E invece è lì e da non troppo lontano coglie tutti quei dettagli, i gesti e le smorfie che le rendono inconsapevolmente belle. È la sua interpretazione personale dell’azione di sorveglianza esercitata dal regime. L’immagine che ci ritorna, però, non contiene sospetti, condanne e giudizi.
    Ci sono solo i momenti, lo spazio e il tempo di una bellezza che diventa un sogno. Le foto sono sfocate e impolverate come un ricordo; strappate, graffiate e macchiate come la realtà. Il movimento è naturale, la perfezione un’illusione, l’erotismo fantasia.
    Fotografare è dipingere con la luce. Un atto concreto che si compie senza pensare a nulla. E poi, sedersi e dormire sulle foto, sviluppare la pellicola di notte in una vasca da bagno, immergere le mani nell’acido.
    È la naturale imperfezione della realtà che crea la poesia.
    Nel video, vedrete le opere di Miroslav Tichy esposte fino al 22 gennaio alla galleria Guido Costa Projects, che ospita una mostra dedicata all’artista dal titolo Tarzan Retired. Non solo foto e disegni, ma anche un documentario sul lavoro e la vita dell’artista realizzato da Roman Buxbaum.

    questo è il video correlato all'articolo: https://www.youtube.com/watch?v=V3sEyHtg0yc

    fonte :http://blog.contemporarytorinopiemonte.it/?p=1417

    Marocchio Elena

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  50. Miroslav Tichy: fotografo invisibile
    “Il tempo di una mia passeggiata determina quello che voglio fotografare”….”“Io sono un profeta della decadenza e un pioniere del caos, perché solo dal caos è possibile che emerga qualcosa di nuovo.”
    Erotismo quasi ossessivo, contrapposizione alle norme sociali, automatismo rivelatore dell’invisibile. Miroslav Tichy è la dimostrazione di come la poetica di un'immagine non nasca da una macchina fotografica, ma dallo sguardo che sta dietro di essa. Nato nel 1926 a Kyjov, in Moravia (allora Cecoslovacchia), Tichy si trasferisce a Praga nel 1945 per iscriversi all’accademia d’arte e iniziare come pittore figurativo sulla scia delle avanguardie artistiche.
    Nel 1948 il partito comunista cecoslovacco vince le elezioni. La Cecoslovacchia si dichiara Democrazia Popolare e abbracciando i principi marxisti leninisti, diventa parte dell’Impero Sovietico come stato-satellite. All’accademia d’arte i professori non allineati vengono cacciati. L’imperativo artistico diventa ritrarre il proletariato e celebrare l’Uomo Sovietico. Arrestato negli anni '60 e rinchiuso in carcere e in cliniche psichiatriche, Tichy si emargina da una società che contesta. Torna a vivere nella sua città natale da "clochard", in una baracca di legno. In questa situazione trova nella fotografia il mezzo giusto di espressione artistica. Tichy ha il merito di reinventare la fotografia da zero. Usa un equipaggiamento tecnico totalmente fatto in casa. Ingranditori e macchine fatti di compensato e cartone. Tubi di plastica e cartone come obiettivi, lenti prese da macchine fotografiche giocattolo o fabbricate col plexiglas lucidato con dentifricio, cenere e carta vetrata.
    Ciò che conta per lui non è solo l'immagine, che rappresenta solo il momento finale di un processo fotografico, che passa dalla nascita dello strumento fotografico, alla scelta dei materiali per costruirlo e dei chimici per svilupparlo. Un’immagine che non è mai stabile e completa. Fotografie che nelle macchie, nei graffi e nelle impronte digitali trovano la loro unicità. Sono allora i difetti a diventare mezzo stesso di espressione, ricreando una realtà, temporanea, ed evanescente, inevitabilmente destinata a scomparire.

    Da invisibile, Tichy frequenta le strade, la stazione degli autobus, la piazza principale, rubando scorci intimi di Kyjov. Uno scatto istintivo, da voyeur che scruta in maniera particolare le donne, cercando di catturarne essenze e frustrazioni. Scoperto negli anni Novanta, dal collezionista svizzero Roman Buxbaum, viene incluso nella biennale di Siviglia del 2004 da Harald Szeemann.
    Morto il 12 Aprile del 2011 a Kyjov, lascia in eredita foto che esprimono la poesia dell’imperfezione e l’erotismo della fantasia.

    Allego un video: https://www.youtube.com/watch?v=0yHZThuO_W0

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  51. Immaginate una piccola telecamera USB senza mirino, nessuno schermo LCD, nessun pulsante tranne uno. Ridotta al minimo delle sue funzioni, questa mini fotocamera digitale USB ci riporta alla pellicola analogica con la sua sensazione di non sapere il risultato dei tuoi scatti con la facilità di trasferimento USB . Nessun cavo sono necessari. Basta inserire la spina subito nel computer. Il Designer di questa fotocamera è Sungwoo Park.

    http://www.yankodesign.com/2008/01/22/usb-digital-camera-fakes-analog/


    E ne esistono anche altre camere insolite e decisamente stravaganti, date un'occhiata qua:

    http://www.crookedbrains.net/2013/03/innovative-and-unusual-cameras.html

    Jessica Grandola

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  52. anche questo sito propone delle particolarissime, ma non sempre efficienti, macchine fotografiche

    http://www.chasejarvis.com/blog/6-weird-cameras-that-actually-work/

    Jessica Grandola

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  53. volevo segnalare questa raccolta di immagini che viene esposta da Mirko Errigo Photography, sotto forma di video, poichè ho trovato molto interessante lo sviluppo di Miroslav Tichý

    https://www.youtube.com/watch?v=mwDth7zyLdc

    Valentina Valanzano

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