Flusso e Processo nel Web
Articolo pubblicato su Players Magazine con illustrazioni di Domenico Barra:
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Gli studenti sono invitati a leggere l'articolo e a pubblicare i propri commenti come reply a questo post.
L'articolo è stato inserito anche nelle dispense a disposizione degli studenti presso la copisteria Kubri (Diego).
Trovo interessanti gli interrogativi posti durante la trattazione soprattutto perchè inducono a riflettere su due fenomeni che ci toccano sempre più da vicino: i limiti alla creatività e la "massificazione".
RispondiEliminaLa creatività viene canalizzata e trasformata in piccoli movimenti, in "click" o in "mosse" ripetute meccanicamente e che,ormai, compiamo abitualmente; Il "mezzo" limita considerevolmente le nostre "azioni", poichè il suo creatore imprime degli standard ben definiti e quindi non flessibili.
Il secondo comporta che il mezzo "semplifichi" l'assoggettazione alla massa, il cercare e il trovare ciò che si ha in comune (pensiero politico, morale, letture ecc.), il conformarsi e, non in ultima analisi, il tentativo riscontrare il maggior numero di "apprezzamenti".
Teresa Merone
Mi hanno colpito molto due concetti espressi nell'articolo: l'idea di Manovich secondo cui il privato e l'individuale perdono la propria unicità a favore della massificazione, e il concetto che le tecnologie dell'età dell'informazione favoriscono l'identificazione verso la struttura mentale altrui. Ne è un chiaro esempio il fenomeno dei social network in cui si compie molta "physical interactivity" ma spesso con troppa leggerezza, senza cioè pensare molto o senza pensare affatto al significato che può avere il mettere un "mi piace" ad una pagina o ad una foto perchè lo si fa spesso per abitudine o perchè lo fanno tutti. Questo concetto esprime quello che nell'articolo viene definito come "vittoria del significante sul significato", fenomeno secondo me ormai molto comune nel mondo del social network che porta le persone ad uniformarsi alla massa.
RispondiEliminaMarianna Schiavone
Considerando i gesti meccanici e l'estrema facilità con cui adesioni a gruppi, inviti e pagine siano attualmente possibili, è del tutto vero che questa leggerezza d'animo sia ben radicata negli utenti. Eppure, se consideriamo il social network essenzialmente come uno strumento con cui "si scende a patti", di cui si rispettano regole e privazioni atte a favorire la fruibilità delle notizie e la popolarità stessa del programma (mi limito a Facebook), numerose sono le persone che accettano consciamente queste restrizioni nel termine più materiale: pubblicità e denaro. Ho l'impressione che la differenza basilare tra un sito di vendite come "ebay" ed un altro come "facebook" stia venendo meno, portandomi a vedere il secondo come un ebay in miniatura, più ristretto, imperfetto e "familiare" dove a mettersi in vetrina non sono solo gli oggetti. Questa sensazione mi viene costantemente confermata dalla crescita inverosimile di inviti a pagine di chi pubblicizza i propri prodotti, pubblicando foto, condividendole, adoperando tag e qualsiasi altro mezzo gli sia messo a disposizione. E' essenziale ricordare che questi social networks dovrebbero essere solo delle "piattaforme" di scambio culturale, qualcosa da usare, e non da cui essere usati e controllati. Uno dei cardini portanti di questi siti di sharing sarà anche quello, appunto, di "condividere" sprazzi della propria vita, ma dove la privacy viene quasi del tutto annullata dalla possibilità di sapere minuti, secondi, visualizzazioni, pubblicazioni di amici su bacheche di non-amici (per citare alcuni esempi)..mi chiedo quanto ci sia di condivisione e quanto di controllo. Il che mi ricorda la fatidica: "big brother is watching you".
RispondiEliminaMonica Barba
Il conformismo non è un fenomeno nato da poco, ma tende a presentarsi in maniere sempre differente a seconda dei "mezzi" a disposizione. Qui si parla del mondo del Web. L'affluenza ai social network è impressionante e se teniamo conto del numero di adolescenti minorenni iscritti, possiamo percepire la vena conformista che li spinge a ciò. Nell'articolo si parla di "cliccare" nei più comuni motori di ricerca i primi risultati ottenuti. Qui penso che non si tratti di non voler effettuare un viaggio proprio nel Web, ma semplicemente andare a cercare la fonte che più risulta essere accertata. Una cosa che mi ha particolarmente colpito è stato il concetto di MONOLINGUISMO, molto diffuso soprattutto nei social network. Non è raro trovare su Facebook commenti e/o stati personali che provengono dalle più disparate fonti già proposti da politici, personaggi famosi ecc... Ciò ovviamente rende difficile individuare le idee provenienti da quel determinato utente.
RispondiEliminaAntonio Cioffo
Leggendo questo articolo ho trovato interessante soprattutto un punto in particolare e cioè quando si paragona il comportamento degli utenti del web a quello di un uccello che vola in stormo:cosi come questi può distaccarsi dallo stormo per compiere azioni individuali,cosi anche l'utente è liberò di dare libero sfogo ai propri pensieri e alle proprie idee,percorrendo un cammino diverso dalla massa,ma in realtà non fa altro che omologarsi ai flussi principali che non sono altro che traiettorie mentali altri,traiettorie alle quali tutti noi ci adeguiamo.Come afferma Lovink: << i want to see what you see >>.Non facciamo altro che seguire ciò che la maggior parte degli utenti predilige:si va dai brani musicali al top delle categorie "most viewed" alle chat-rooms con più ospiti.Non facciamo altro che affidarci al pensiero altrui,quello dominante:le traiettorie mentali altrui sono un pascolo sufficiente a saziare la fame della maggior parte degli utenti del web.
RispondiEliminaSara Esposito
Leggendo l'articolo mi sono davvero resa conto che è facile usare inconsciamente alcuni mezzi proposti nella società, e di conseguenza adattarsi ad essi senza, in qualche modo, aver dato un "consenso", senza accettare razionalmente i canoni previsti, i modi, le strutture, tutto il sistema del web. Tutto ciò non rassicura molto, poichè ci si ritrova parte di un sistema, ci si ritrova omologati e conformati, perdendo così gradualmente parte della propria personalità.
RispondiEliminaIo credo però che bisogna in qualche maniera distinguere caso per caso. Ad esempio, credo sia nocivo maggiormente ai giovani, specialmente quelli della nuova generazione, i quali iniziano ad usare internet, e tutto ciò che esso offre, in un'età estremamente precoce, senza quindi aver acquisito prima una certa maturità, da permettergli di valutare, soffermarsi, elaborare alcuni pensieri, prima di condividere un post piuttosto che caricare un video su youtube. Credo inoltre che non tutti siano omologati a questo sistema, o meglio, credono di non esserlo.
L'importante forse è essere consapevoli delle proprie azioni o del modo in cui si usufruisce del web e dei social networks in particolare, lasciando spazio anche ad altro, in cui magari poter essere artefici e produttori, non solo dei meri consumatori.
Ilaria Ceccarelli
Leggendo l'articolo ho trovato molto interessante il sottolineare come i social network producono un effetto di "massificazione" e un'assenza di "creatività", che gli stessi utenti non riescono a captare. Può sembrare strano come esseri pensanti, uomini dotati di raziocinio possano essere così tanto influenzati, eppure succede! E' anche giusto sottolineare il ruolo che il prosumer(producer/consumer)ha sul web. Infondo, tutto ciò che il web ci offre è dato dalla produzione, dalla creatività di una persona per poi finire con l'essere soltanto un flusso incondizionato.
RispondiEliminaFederica Abenante
Dopo aver letto l'articolo ci è sembrato interessante pubblicare il pensiero di Pirandello riguardo la naturale tendenza dell'uomo ad uniformarsi alla massa,anche se questo vuol dire indossare delle "maschere":
RispondiEliminaL’uomo ha una naturale tendenza a fissarsi in forme, tendenza che viene fomentata dalla società, creando così un’immagine di se stesso che non corrisponde sempre con la vera essenza dell’individuo. Un gruppo di uomini che costituisce una società finisce quindi per comportarsi come la società vorrebbe. Nello stesso istante l’uomo si troverà ad essere ‹‹uno›› per se stesso e per gli altri, mentre in realtà rappresenta tanti individui diversi, a seconda di chi lo guarda. Tutte le forme che l’uomo assume vengono chiamate maschere, che sono imposte sia da se stesso che dalla società. Ma sotto quelle maschere in realtà non c’è nessuno, c’è solo il fluire indistinto della vita.Queste maschere imposte dal sistema sociale in cui viviamo non rendono gli individui liberi e assoluti, ma liberi solo all’interno di determinati schemi prefissati.
"I like it" diventa la nuova "maschera" che indossiamo per comunicare e soprattutto per farci accettare dagli altri.
Marta Mazzarelli, Clementina Luciano, Claudia Donato
Mi è piaciuto molto l'articolo ed in generale la rivista, dopo averla spulciata un po' ho notato come vengano trattati argomenti molto particolari e molto più vicini ai giovani e alle loro problematiche, passioni e tematiche rispetto a molte altre riviste. Tornando all'articolo in sè, a mio parere si cerca di analizzare qualcosa di inspiegabile: cioè il perchè l'uomo cerchi sempre di massificare qualsiasi sua azione, scendendo anche a 'compromessi', come il semplice mettere 'mi piace' ad un link di Facebook, piuttosto che esprimere pienamente se stesso scrivendo una pagina di diario, virtuale o cartaceo che sia. Ebbene, qui c'è in gioco il voler partecipare agli eventi che ci circondano, secondo noi più 'attivamente', in realtà, riducendoci soltanto a fare minimi interventi non facciamo altro che essere passivi nei confronti della società. Infatti, il passo dell'articolo che ho apprezzato di più era quello in cui si parlava della fondazione di un gruppo su Facebook semplicemente per attirare consensi e non per reale convinzione nell'impresa descritta, come quella del salvataggio delle balene. Bisognerebbe 'sfruttare' le potenzialità del web così come 'sfruttano' noi per le pubblicità: ovvero trarne il meglio e magari cercare di far partecipare le persone più attivamente alla 'vera' vita (per esempio c'è Greenpeace che fa un uso molto intelligente di Twitter e Facebook)
RispondiEliminaClaudia Camillo
In gran parte sono d'accordo con la visione di considerare il web, anche quello 2.0, come un continuo incanalarsi su strade gia battute, nonostante ciò la genialità e la creatività di chi utilizza questo media sta proprio nell'intelligenza di saper usare queste strade in modo diverso.
RispondiEliminaPosto qui di seguito un esempio esplicativo
http://www.youtube.com/watch?v=PPu83kxbKvc
Come si può ben vedere il canale utilizzato è quello di youtube, ma grazie all'indicizzazione e ai link che ci permettono di andare da un video all'altro, è stato possibile creare una storia con finali diversi.
Questo è un esempio lampante di come pur rimanendo all'interno di codici stabiliti (in questo caso youtube), è possibile creare qualcosa di nuovo, di creativo.
Di seguito un altro esempio su questa linea anche molto divertente
http://www.youtube.com/watch?v=4ba1BqJ4S2M
Rosa Bove
[12.14.32] rosaria vitiello: Ho trovato molto interessante quest'articolo, in particolare perchè riesce a mettere in luce le ombre del mondo del web, mondo di cui ormai noi giovani siamo entusiasmati e utilizziamo quotidianamente. In particolare, questo sistema che per noi può essere una porta aperta per far emergere la nostra creatività e magari sfruttare questa anche a livello lavorativo, diventa invece un limite.Infatti, sono poche le persone che usano questo strumento in questo modo. Il visualizzare tutte queste "opere" ci bombarda così tanto da limitare la nostra libertà di pensiero. Il risultato è un gruppo che si limita a cliccare "i like it", invece di creare un qualcosa di nuovo, oppure ad emulare i"prodotti" degli altri. Sembriamo tante pecore che hanno gli stessi gusti, le stesse passioni e gli stessi pensieri.
RispondiEliminaAltro punto molto interessante è la non piena coscienza del funzionamento di questi social network che la maggior parte di noi utilizza quotidianamente.La facilità con cui si postano elementi di vita personale su facebook, per esempio, sottolinea questa non coscienza.
Mariarosaria Vitiello