lunedì 8 giugno 2009

Repubblica.it: I Pirati all'Europarlamento "Difenderemo la libertà sul web".

Clamoroso successo in Svezia: con il 7,4% otterranno forse due eurodeputati.
http://www.repubblica.it/2009/06/sezioni/politica/elezioni-in-europa-2/pirati-svezia/pirati-svezia.html

12 commenti:

  1. Giulia Eleonora Zeno8 giugno 2009 alle ore 19:57

    Risultato indubbiamente sorprendente per i “pirati” svedesi, soprattutto se messo in relazione con le precedenti elezioni generali del 2006 difatti il Pirate Party aveva raggiunto solo lo 0.63%.
    Questo partito spopola in particolare tra i giovani che sono coloro che più si sfamano di pane e file-sharing. Si può dunque affermare che è un movimento figlio della rete stessa e delle nuove tecnologie. Negli altri paesi europei non ha avuto lo stesso successo, e per l’Italia sembra debbano trascorrere 10 anni. Tuttavia una piccola goccia d’acqua ha iniziato a smuovere le cose e questo è già un passo avanti.
    Mi domando: “Ma Lovink, di ciò, cosa ne pensa?”

    Giulia Eleonora Zeno.

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  2. Sono contenta che Pirate Bay sia riuscito ad ottenere questo successo nonostante il precedente processo e spero che ciò possa davvero portare anche un piccolo cambiamento in Europa, e chissà magari in futuro anche noi in Italia potremo votare per movimenti come questo!

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  3. Per comprendere la attuale situazione del Partito Pirata quì in Italia,rispetto al successo ottenuto dai pirati svedesi,che con i loro 200.000 voti alle ultime elezioni europee e 2 seggi conquistati all'Europarlamento, si sono rivelati il partito più conosciuto tra chi ha meno di 30 anni, credo sia utile riportare le parole del portavoce dei Pirati italiani Alessandro Bottoni:
    «Da noi c'è molto meno interesse, rispetto alla Svezia, per i temi della libertà di internet e per la riforma del copyright. Credo che nei prossimi dieci anni almeno, il Partito Pirata non riuscirà a ottenere niente da noi. La posizione del Partito Pirata italiano è pure più moderata di quella svedese. Se lì l'obiettivo è eliminare il copyright tout court, «da noi proponiamo un compromesso tra i diritti degli utenti, degli autori e degli editori. Non vogliamo abolire il copyright, ma rendere libero e legale lo scambio di opere tra utenti, purché non a scopo di lucro ma solo per uso personale».

    Bottoni cerca di sensibilizzare la popolazione su questi temi, pur consapevole che l'impresa darà frutti forse solo sulle prossime generazioni. «In Europa però già la vittoria del partito svedese potrà cambiare qualcosa», aggiunge. «Un successo che si deve in parte al processo svedese contro Pirate Bay, ma non solo. È segno che i giovani vogliono ormai riconosciuto come diritto dei cittadini un'abitudine radicata, che vedono come normale: poter scambiare musica, film e giochi con i propri amici». Forse, adesso, «i governi saranno più cauti, abbandoneranno la linea dura contro il peer to peer, tutta a favore delle lobby dei copyright. Perché, con la vittoria svedese, sanno che sta crescendo un sentimento popolare ormai inarrestabile».

    Questo forse rappresenta uno dei primi casi in cui,grazie alla compattezza e alla perseveranza di una fascia,anche non così ampia di una popolazione,si sono visti dei risultati concreti che potrebbero davvero rappresentare l'inizio di un cambiamento o per lo meno di una presa di coscienza da parte delle autorità, di un'esigenza che ormai non appartiene solo ad una minoranza sconsiderata ma ad un numero sempre maggiore di persone che rappresenteranno in buona parte il futuro dell'Europa: noi giovani,noi utenti, noi "pirati" anche se non in prima persona e solo per un aderenza ad una linea di principio molto più vicina a noi di quanto non lo sia per i detentori di diritti del copyright.

    Gabriella Di Lena

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  4. Dare fiducia a questo tipo di partito è importante, non solo per i temi che intende portare avanti ma anche per il tipo di società in cui viviamo, dove ormai il contatto tra le persone avviene interagendo con gli schermi dei pc. E' sempre giusto difendere i diritti del copyright ma è altrettanto giusto lasciare libero il p2p: d'altra parte non vedo perché prima era possibile scambiarsi musicassette e cd masterizzati mentre lo scambio di contenuti in rete debba essere punito. Pensandoci bene se in rete ho già la possibilità di ascoltare una nuova canzone e la trovo bella, avrò buoni motivi per acquistare un disco. E poi grazie al Digital Rights Management i diritti d'autore possono essere comunque controllati e protetti, ma artisti ed autori dovrebbero cercare un compromesso ed adeguarsi al nuovo "mercato" libero del web(che è quello che porta loro più fans!). Mi dispiace solo che in Italia dobbiamo aspettare sempre per avere qualcosa di innovativo, e poi la otteniamo quando è già fuori moda!

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  5. La rivincita. Il futuro non si può fermare.

    Colpo alla legge anti-pirati
    "L'accesso al web è un diritto"
    La legge più rigida di Europa "corretta" dal Consiglio Costituzionale francese. "L'utente potrà essere solo avvisato"
    di ALESSANDRO LONGO


    Disinnescata la bomba francese dell'Hadopi, che doveva essere la legge più severa in Europa contro gli utenti peer to peer (che condividono file di opere pirata su internet).

    LEGGI IL BLOG DI VITTORIO ZAMBARDINO

    SCHEDA: CHE COSA DICE LA LEGGE

    Con un colpo di scena, il Consiglio Costituzionale francese ha stabilito che la connessione a internet è un diritto fondamentale del cittadino e che quindi nessuna autorità può alienarlo. L'Hadopi obbligava i provider internet a sospendere il contratto di accesso a internet agli utenti colti, per tre volte, a scambiare file pirata.

    Adesso, con la presa di posizione del Consiglio, cambia tutto. L'autorità preposta a questi controlli potrà solo avvisare l'utente, scrivendogli che è stato scoperto; non potrà più togliergli l'accesso a internet. Sparisce quindi la sanzione legata all'Hadopi. Resta solo un avviso di dubbio valore deterrente.

    Il Consiglio ha deciso sulla base della dichiarazione dei diritti dell'uomo del 1789, che protegge la libertà di espressione. È la prima volta che un'autorità stabilisce in modo così netto che l'accesso a internet fa parte dei diritti fondamentali di espressione. È quindi una decisione che potrà fare storia, spostando l'ago della bilancia del conflitto tra diritti degli utenti e tutela del copyright. Il legislatore francese, approvando l'Hadopi, aveva stabilito che il copyright è più importante del diritto d'accesso a internet. Il Consiglio ribalta la posizione.

    Il Consiglio ha deciso in tal senso anche perché - scrive - il diritto francese mette avanti a tutto la presunzione d'innocenza dell'utente (il titolare dell'abbonamento internet). L'Hadopi invece, togliendogli la connessione, lo presumeva colpevole prima di un effettivo processo. Il punto: in realtà, è sempre possibile- scrive il Consiglio- che a fare peer to peer non sia stato il titolare dell'abbonamento internet, ma qualcun altro che ha accesso alla sua connessione. Solo un processo può stabilire chi sia stato il responsabile.

    Il Consiglio così appoggia un'idea sempre sostenuta da coloro che, anche in Italia, difendono i diritti degli utenti contro misure severe come l'Hadopi. E cioè che non è possibile identificare con certezza, senza un processo, il titolare dell'abbonamento internet con il responsabile del traffico peer to peer.

    Esultano i socialisti francesi, che si erano appellati al Consiglio contro l'Hadopi, accusandola di incostituzionalità. Era l'ultima spiaggia per bloccare la legge, ormai approvata definitivamente. Mossa riuscita, ora si aspetta la reazione della controparte.

    Fonte: La Repubblica.it

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  6. Il Partito Pirata svedese ha ottenuto oltre il 7% dei voti ed è riuscito a mandare un suo rappresentante al Parlamento Europeo. Si tratta di un successo del tutto inatteso e del tutto privo di precedenti. Questo è stato possibile grazie a due cose: un impegno che si protrae da anni (ed è seriamente supportato sia da volontari che da finanziatori) e l’effetto boomerang del processo a ThePirateBay.
    Ora però il PPS si trova al parlamento europeo con un programma politico composto da una sola voce: “aboliamo il copyright”.
    questo evento dovrebbe fare capire che la cultura è di tutti e la cosiddetta pirateria rappresenta un veicolo pubblicitario
    quindi un contenuto scaricato non vuol per forza dire un contenuto in meno comprato, non c’è questo rapporto 1:1 che vogliono far credere le maggior parte delle persone.
    Il Partito Dei Pirati potrebbe esse considerato una voce “di noi” che ora deve essere per forza ascoltata, per di più in parlamento europeo.

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  7. Bellissimo il titolo "Difenderemo la libertà sul Web", mi è venuto in mente Lovink, non ci si stanca di lottare per ciò che si crede e si desidera, soprattutto quando si parla di libertà.Comunque è confortevole sapere che questa mobilitazione forse permetterà la fruizione da parte degli utenti( per uso privato chiaramente) di film, musica,libri e quant' altro. Motivazione fondamentale: TUTTI HANNO DIRITTO ALL'INFORMAZIONE".
    Il principale candidato del Partito,
    Christian Engstrom, dice:"“Se i politici vogliono impedire la condivisione di film, musica ed altre forme di cultura da parte dei privati cittadini, dovranno espandere costantemente la capacità di controllo – perché non appena le autorità fanno chiudere un sito di condivisione, subito ne nascerà un altro". Insomma gli svedesi non mancano certo di determinazione,allora speriamo che questa iniziativa abbia buon fine! Per quanto riguarda l'Italia, facciamo un sospiro e aspettiamo(come sempre) che le cose si realizzino!!!

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  8. Il partito dei pirati stupisce l'Europa ovvero i politicanti ancora una volta hanno dimostrato l'esistenza di uno scollamento con la base elettorale e cittadina non intuendo l'importanza del fenomeno.
    Su La Repubblica R2 c'è un approfondimento di Anais Ginori.

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  9. Magnus Eriksson, tra gli ospiti dell’«Hackmeeting» a Milano dal 19 al 21 giugno
    Il «partito dei pirati» sbarca a Milano
    «Il Pirate Party svedese è ha ottenuto un seggio in Europa perché dà a molti ragazzi un’alternativa politica»

    «La domanda non è se il file sharing è o deve essere legale o illegale. Bensì: è giusto spendere tante risorse per contrastarlo?». Così Magnus Eriksson, tra gli ospiti dell’«Hackmeeting» in programma dal 19 al 21 giugno a Milano, affronta la questione della condivisione di file su Internet. Il 28enne svedese è un esponente e cofondatore del Piratbyrån («bureau della pirateria»), organizzazione legata al Pirate Party, il partito che in Svezia, puntando su obiettivi come la libera circolazione delle informazioni e la tutela della privacy in Rete, ha appena ottenuto un seggio al Parlamento Europeo. «È la prima volta che un movimento sociale conquista un ruolo sulla scena politica partendo dal basso – commenta Eriksson – .Un successo dovuto in particolare a due fattori. Da un lato la crisi d’identità dei maggiori partiti politici, sia a destra sia a sinistra, e la conseguente insoddisfazione della popolazione. Dall’altro il processo giudiziario contro The Pirate Bay, che ha fatto arrabbiare molta gente».

    LA STORIA - Ecco l’antefatto. Negli ultimi mesi il sito di file sharing The Pirate Bay, sulla cui scia nel 2006 è nato il Pirate Party, è stato al centro di un processo che accusava i suoi sviluppatori di violazione dei diritti d’autore. Ad aprile Gottfrid Svartholm, Peter Sunde e Fredrik Neij sono stati condannati a un anno di prigione a testa e a una multa di 2,7 milioni di euro per risarcire gli interessi di molte società, tra cui Warner Bros, Sony e Columbia Pictures. Pochi giorni dopo il verdetto, però, un colpo di scena ha ribaltato la situazione: si è scoperto che uno dei giudici che aveva seguito il procedimento, Tomas Norström, fa parte di alcune delle principali associazioni scandinave impegnate nella difesa del copyright. «La notizia ha fatto sì che si recassero ai seggi per le elezioni europee molte persone che altrimenti se ne sarebbero rimaste a casa, il che ha permesso al Pirate Party di conquistare il 7,1 per cento dei voti – osserva Eriksson –. Tantissimo se si pensa che alle politiche svoltesi in Svezia nel 2006 si era raggiunto appena lo 0,6.

    IL PROGRAMMA POLITICO - Ora lo sforzo del neo-eletto Christian Engström andrà nella direzione di far inserire nell’agenda del Parlamento Europeo alcune istanze importanti come la tutela della privacy e il diritto a non essere monitorati dallo stato nelle comunicazioni online». Quello svedese non è l’unico Pirate Party nel mondo: «partiti dei pirati» esistono anche in altri paesi, dalla Spagna all’Austria alla Germania. In Italia il Partito-Pirata per le Libertà Digitali, che a dispetto del nome è un’associazione, ha candidato alle europee Alessandro Bottoni nelle fila di Sinistra Democratica, senza successo. «Ci piacerebbe coinvolgere nella nostra battaglia attivisti provenienti da altri Paesi – continua Eriksson –. Contro la volontà delle grandi multinazionali di bloccare sistemi di comunicazione come Skype e contro il Pacchetto Telecom che si sta esaminando al Parlamento Europeo: una serie di misure che rischia di limitare la libertà sul web, per esempio dando alle grandi società di telecomunicazioni il potere di filtrare il traffico dei contenuti in Rete». Misure che di certo non andrebbero a genio ai più giovani, cresciuti nell’era di Internet, dei social network e dei download digitali. «Se il Pirate Party svedese è riuscito nell’impresa di ottenere un seggio in Europa è perché ha dato a molti ragazzi un’alternativa politica, una speranza. In questo modo ha ottenuto la preferenza del 25 per cento degli under 30 svedesi, purtroppo per l’80 per cento maschi: anche se molte attiviste blogger sono donne, la cultura tecnologica è ancora dominata dagli uomini».

    Raffaella Oliva

    Fonte: corriere.it

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  10. Il nuovo volto dei pirati
    Scritto da: Federico Cella alle 11:10

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    Altro che corsari digitali, furfanti che nella visione più ottimistica rubano ai ricchi (le "major", musicali, cinematografiche e del software) per distribuire ai poveri (utenti della Rete). I pirati si sono ripuliti e dopo essere scesi - con successo - nell'agone politico europeo, ora si lanciano anche nel business. Legale. E' infatti notizia di oggi che l'azienda svedese di software Global Gaming Factory X AB ha annunciato che acquisterà The pirate Bay, il sito web di "consigli" per il file sharing di materiale protetto da copyright, che nei mesi scorsi è stato condannato da un tribunale svedese proprio per aver infranto la legge sul diritto d'autore. La softwarehouse ha precisato nel comunicato stampa che introdurrà un nuovo modello di business che permetterà di compensare i titolari del copyright per il materiale scaricato.

    Dopo lo sbarco online della versione beta di VideoBay e il conseguente (tentativo di) arrembaggio allo strapotere di YouTube, ora i "pirati" si guadagnano le virgolette e si mettono dunque a giocare sullo stesso tavolo dei vecchi "nemici". Che ora diventano concorrenti. La Global Gaming ha spiegato che pagherà il sito web tanto famoso 60 milioni di corone svedesi (7,7 milioni di dollari) e che, come detto, questo continuerà a svolgere il proprio ruolo di distributore di contenuti audio e video (ma anche di software e videogiochi) grazie a un nuovo modello commerciale che soddisferà sia i fornitori dei contenuti stessi, sia i titolari dei diritti d'autore. Sia, si spera, gli utenti, che diventeranno acquirenti. Ha spiegato l'amministratore delegato dell'azienda svedese, Hans Pandeya: "Vorremmo introdurre un modello in cui content provider e titolari di copyright saranno pagati per i contenuti scaricati dal sito". Senza spiegare meglio di cosa si tratti, tutti sarebbero così contenti. Anche le aziende musicali e cinematografiche tra cui Warner, MGM, Columbia, 20th Century Fox, Sony, Universal ed EMI, che al processo contro il sito dei pirati avevano chiesto un risarcimento di più di 12,6 milioni di dollari.
    Fonte: corriere.it

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  11. Leggendo questo articolo mi viene subito in mente un libro che ho letto poco tempo fa intitolato "La mente politica" di Drew Westen, un neurologo e psicoterapeuta americano che in quest' opera di eccellente sostanza e intelligenza ci spiega, con i dovuti riferimenti alla struttura del cervello umano, perchè gli americani (e io aggiungo anche gli italiani!) la pensano come i democratici e poi votano sempre per i repubblicani... perchè non si mette in uso la parte giusta del cervello, afferma Westen, quella dell'Amigdala, un nucleo di sostanza grigia facente parte del telencefalo e localizzato nella regione rostromediale del lobo temporale che è ritenuta da molti un centro di integrazione di processi neurologici superiori come le emozioni, coinvolta anche nei sistemi della memoria emozionale.

    è questo quello che ci manca e che probabilmente gli svedesi hanno dimostrato di avere: IL CORAGGIO DI PRENDERE DELLE DECISIONI DIRETTAMENTE DALLA NOSTRA PANCIA E DALLE NOSTRE VISCERE!... penso sia arrivato il momento giusto per fare spazio nel nostro parlamento europeo a due esponenti policiti che si battono per la libertà dei contenuti su Internet... in un periodo di paura come questo... CI SCANDALIZZIAMO PIù DELLA VITTORIA DEL PARTITO PIRATA SVEDESE CHE NON DELLA VITTORIA DI ALCUNI PARTITI XENOFOBI E RAZZISTI CHE HANNO PRESO IL SOPRAVVENTO NEL NOSTRO PARLAMENTO EUROPEO... QUESTO è IL VERO SCANDALO!

    D’altra parte lo scopo ufficiale del sistema del copyright è stato sempre di trovare un equilibrio fra gli interessi degli editori e quelli dei consumatori, per promuovere la creazione e la diffusione di cultura. Oggi questo equilibrio si è completamente perso, siamo arrivati al punto che le leggi sul copyright limitano severamente la cosa stessa che sono supposte promuovere. Il Partito Pirata desidera ristabilire l'equilibrio nella legislazione sul copyright. L'uso e la copia non-commerciale di opere devono essere completamente libere. Il file sharing e i networks p2p devono essere incoraggiati anzichè criminalizzati.
    Ha ragione Alesandro Bottoni, ”sinistra e libertà” non è riuscita neanche a raggiungere il 4 % dei voti necessari x lo sbarramento elettorale... e mentre in Europa si va avanti, noi come al solito restiamo sempre indietro...

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  12. LEGGE E WEB
    Attenti a registrare un sito web
    è carcere se vìola un marchio
    Secondo alcuni giuristi sarà questa una delle conseguenze del Decreto Sviluppo appena approvato: rallenterà l'attività internet delle aziende e scoraggerà gli utenti
    di ALESSANDRO LONGO

    ATTENZIONE, prima di registrare un sito web, con un nome a dominio: in Italia ora si rischiano fino a tre anni di carcere o una mega multa se il sito vìola un marchio, anche se poco conosciuto. Secondo alcuni giuristi sarà questa una delle conseguenza del Decreto Sviluppo, da qualche giorno diventato legge dopo il sì del Senato. Contiene misure contro la pirateria e la contraffazione, in teoria pensate per sostenere lo sviluppo delle aziende; "in pratica, tutto il contrario: ed è proprio questo l'assurdo, che il decreto si chiami "sviluppo". Invece rallenterà l'attività internet delle aziende e scoraggerà gli utenti che, con una buona idea commerciale, vogliano aprire il proprio sito web", accusa Fulvio Sarzana, avvocato esperto di internet e il primo a lanciare l'allarme.

    Il tutto perché la norma punisce chiunque registri un marchio o un dominio "potendo conoscere dell'esistenza del titolo di proprietà industriale". "Significa: basta che io possa conoscere dell'esistenza di un marchio simile a quello registrato perché ricada nel reato di contraffazione", dice Sarzana. "Ma i registri dei nomi a dominio sono pubblici, consultabili da tutti; quindi, in ogni caso varrà il fatto che io possa sapere dell'esistenza di un marchio simile, registrato in precedenza".

    Per esempio, secondo quest'interpretazione la norma espone, chi registra Uominidonne.it, a un rischio: di essere accusato di contraffare il marchio relativo al dominio Uominiedonne.it (la trasmissione di Maria de Filippi). Colpevole perché non ha controllato l'esistenza di quel dominio, "potendolo fare", anche se in buonafede. "Il rischio che alla fine si venga condannati è remoto", aggiunge Guido Scorza, un altro avvocato esperto della rete. "Di fronte al giudice, credo che saranno condannati per contraffazione solo quelli che registrano un dominio simile con la piena e palese intenzione del dolo", continua Scorza. Per esempio, un sito di borse cinesi contraffatte. Tutti quei casi, insomma, in cui il dominio è famoso e c'è l'intento di trarre profitto dalla sua notorietà". "Tuttavia, all'effetto pratico, ha ragione Sarzana: la norma spaventerà le aziende, costringendole a rallentare il lo sbarco sul web", continua Scorza. "Per la sola paura di subire una mega sanzione, per precauzione faranno mille controlli prima di registrare il dominio". Ci potrà essere poi il caso di chi, "piccola azienda o utente, denunciato da una multinazionale e rischiando una sanzione così elevata o una condanna penale, desisterà prima della sentenza, rinunciando al dominio", dice Sarzana.

    Quanto si rischia, in effetti? "Fino a tre anni di carcere per la persona fisica che registra. Per l'azienda, una sanzione in base al capitale sociale. Per esempio, fino a 10 milioni di euro per una Srl che ha un capitale di 2 milioni", dice Scorza.

    In rete ci si ricorda ancora della vicenda di Luca Armani, che registrò il dominio Armani.it per il proprio timbrificio e che poi un giudice costrinse a cedere al più famoso Giorgio Armani. Forse, con questa nuova legge, le cose sarebbero andate peggio per Luca.

    (24 luglio 2009)

    Fonte: Repubblica.it

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