Blog dedicato al corso di "Teoria e metodo dei mass media" (ABPC 65) prof. Vito Campanelli
giovedì 28 maggio 2009
Lovink - New media art: alla ricerca dell'indecifrabile cool.
Vi invito, quale ultima sollecitazione di questo corso, a commentare la lettura del saggio di Lovink che abbiamo svolto oggi in aula e a pubblicare eventuali contenuti che ritenete pertinenti.
[PARTE PRIMA] La new media art comincia a nascere attorno agli anni 80 ed è il risultato di una fusione tra cinema,teatro e fotografia che prima d’ora erano delle forme di arte nettamente separate. Nel fenomeno new media art contribuirà ad avere un’influenza su di essa anche la musica elettronica. Diversamente da quanto si può immaginare o ipotizzare il mondo di internet non è stato coinvolgo sin da subito, ma è stato diciamo chiamato in causa nettamente dopo la nascita del World Wide Web e precisamente attorno agli anni 1994-1995. Tuttavia tale New Media Art, a differenza del progresso tecnologico, non verrà compresa fin da subito anche perché sin ora l’essere umano è stato abituato a seguire dei determinati standard di vita e pertanto non risulta aperto a determinata innovazione tale come la New Media Art. Ma volendo dare un significato alla New Media Art dire che essa è un risultato dato dai nuovi media è errato, per il semplice motivo che la N.M.A. è un qualcosa che si trova all’interno dei nuovi media stessi. La N.M.A sin ora non ha avuto uno sviluppo immediato anche perché essa non ha saputo cogliere taluni aspetti basilari, l’obbiettivo della N.M.A. è quello di creare un nuovo tipo di linguaggio, linguaggio che ovviamente non sarà sin da subito comprensibile a tutti, ma ciò necessiterà dei tempi adeguati per la propria propagazione, magari tale nuovo linguaggio sarà sin da subito di facile apprendimento ed anche masticabile ad uno smanettone di internet, ma di certo non ad una vasta gamma di pubblico; logicamente tale linguaggio deve essere proposto e diffuso onde evitare di creare delle fazioni che comprendano tale linguaggio, alle quali si schiereranno delle controparti che rimarranno ignoranti in tale ambito o per meglio dire a tale update. Tuttavia vi è da spezzare una lancia in favore della New Media Art, la sua diffusione per ora non è ancora al top dei livelli, ma ciò è dato anche dal fatto che essa viene vista non solo come un qualcosa di primordiale e di scarso interesse, ma dagli informativi vien vista come il frutto generato da svariati smanettoni di pc ed internet e non prodotto di professionisti del settore tecnologico. Come se non bastasse questa forma di arte viene definita dagli artisti un’arte da “Città della Scienza” o meglio dire musei della scienza oppure come un qualcosa da mettere in mostra in parchi dei divertimenti perché nell’età contemporanea non vi è spazio per degli spettacoli di mezzo. Da aggiungere alla tematica dei N.M.A. il mito della “pagina bianca”. A primo impatto tale terminologia può apparire come un qualcosa che ha lasciato un buco, uno spazio vuoto, potrebbe sembrar significare che tale N.M.A. è un qualcosa di vacuo se non si san i fatti per intero. Il Mito della pagina bianca non è altro una sorta di lasciapassare per gli artisti del nuovo, ovvero coloro che offrono,ingegnano ciò che fin ora non è mai stato prodotto ed offerto avranno una vastissima gamma di scelte e potranno modellare il loro prodotto così come lo vogliono senza necessariamente dover seguire tendenza alcuna. Tuttavia Lovink definisce tale mito della pagina bianca un po’ come una sorta di handicap per il semplice motivo che proponendo e modellando su base propria un qualcosa di nuovo che fin ora non era mai esistito ne risulterà che non tutti comprenderanno sin da subito quanto offerto e non ci potrà essere confronto, del resto fotografia e cinema sono divenuti arte molto tempo dopo il loro lancio, in un primo momento era impensabile definirli arte!
Pertanto ne consegue un vero problema, ovvero il problema di come vivere tale N.M.A. e soprattutto come “portare pane a casa”. Se non si comprenderà sin da subito questa nuova forma di arte ne risulterà che l’artista si troverà in grande handicap economico, pertanto proporre un N.M.A. può essere intrapreso anche come un rischio. Spesso accade che i nuovi creatori non confrontano questa nuova arte con quella passata, e ciò accade per il timore di scontrarsi contro una grande potenza ed avere sconfitta certa, del resto Malta si scontrerebbe mai contro gli Stati Uniti? Non credo… non per atti diplomatici, ma per il semplice motivo che è come porre un castello di carte al centro di un tornato e credere che esso rimanga in piedi. Pertanto vi è da parte dei N.M.A. questa forma di chiusura in se stessi e ne scaturisce la tematica del non confronto e della paura, tuttavia Lovink suggerisce ai N.M.A. di confrontarsi senza avere timori, anche se la paura principale dei N.M.A. è che i dibattiti scaturenti ne risultino una vera e propria distruzione e disfatta, del resto nessuno favorirebbe la critica per conseguirne impetuosi crash, ma ciò non fa altro che creare una fase stagnante della situazione e magari potrebbe essere anche un qualcosa inteso come bastone fra le ruote il quale farà tardare ancora più l’affermazione di tali N.M.A. Inoltre se la critica non critica tali immagini dettate e prodotte dalla N.M.A. non verranno mai comprese nel loro significato, ma verranno solo comprese in chiave di ciò che mostrano, verranno intese come una finestra che si affaccia sul mondo, sulla società, e ne imprime su un supporto cartaceo determinati aspetti, ma il vero significato non sarà mai chiaro, le si osservano come una qualsiasi immagine senza addentrarsi nel pensiero e nella verità che si cela sotto di esse, pertanto verranno definite immagini tecniche. Volendo ultimare il discorso bisogna confrontare tali N.M.A. con le Dot-com. Diciamo che tra queste due non vi è mai stato un buon rapporto in quanto le Dot-com definivano la tecnologia già arte e pertanto ritenevano che la tecnologia in quanto arte non avesse assolutamente il bisogno di artisti che ne dimostrassero la sua maestosità,efficienza ed affermazione; più che altro la cultura Dot-com essendo anti-arte credeva che la fosse giusto investire i profitti di tale arte nelle ict e nel mercato azionario e non nelle opere d’arte. Ma definire tali New Media Art come un qualcosa di nuovo in effetti è un qualcosa di errato in quanto sono Media che in fin dei conti esistendo già da qualche anno a questa parte ormai non sono più nuovi, probabilmente si definiscono New perché sin ora di essi se ne è parlato veramente poco, o meglio sono stati messi poco al centro dell’attenzione, in effetti alla New Media Art ciò che fin ora è mancato è proprio il senso di affermazione, determinazione e sovranità.
Ormai tutta la nostra vita è profondamente influenzata dai nuovi media: tutto ciò che diciamo e facciamo è new media culture e new media art. Secondo una definizione errata, della new media art fanno parte tutte quelle opere artistiche realizzate con i nuovi media. Secondo questa definizione, quindi, anche il cinema dovrebbe essere considerato new media art, poiché una delle fasi della produzione di un film comporta l’uso di apparecchiature digitali. In realtà, per new media art, si intende una riflessione che nasce all’interno dei nuovi media e che ha un riscontro nella nostra vita di tutti i giorni.
Ma la new media art è situata nella fragile zona tra arte e tecnologia tentando, tragicamente, di attirare l’attenzione sia di informatici che di curatori artistici. Essa dovrebbe, invece, avere un linguaggio condiviso e capito da tutti per potersi affermare e diffondere e dovrebbe inoltre lasciar spazio ad un dibattito interno che attualmente è quasi nullo, poiché questa forma d’arte è già poco conosciuta (anche a causa delle società conservatrici).
I primi ad operare in un nuovo media si ritrovano ad avere “pagina bianca”, possono fare ciò che vogliono. Ma questo costituisce anche un limite: creare cose nuove che poi potrebbero non piacere a nessuno. Il problema rimane lo stesso: questi nuovi artisti, come possono guadagnarsi da vivere?
I new media non sono “pop” (popolari), almeno per il momento. Non tutti capiscono il loro senso. Ma sicuramente, con il passare del tempo ed il susseguirsi delle nuove generazioni, essi riusciranno ad essere apprezzati e ad avere successo.
Mi è piaciuto molto l'ultimo paragrafo sui new media art per la chiarezza e per l'ironia nell'esporre un tema non usuale (in verità ne sapevo pochissimo). L'ho capito alla prima spiegazione e me ne sono appropriata tanto da voler vedere in cosa consiste materialmente. Lovink è riuscito ad affascinare con la sua critica. E' sempre uno spettacolo unico comprendere l'evoluzione di un fenomeno: dalle radici all' affermazione fino al successo (speriamo...)
L'immagine che forse in maniera piu' esauriente puo' illuminarci sul fenomeno della "New Media Art" e' una pagina bianca. Gli scettici interpretano questa immagine come l'emblema del "nulla" di cui sono fatte le opere della NMA, ma in realta' la pagina bianca vuole indicare la totale anarchia di questa forma d'arte: E' la genesi di un nuovo modello espressivo che si fonda in seno ai nuovi media, che e' fatta DAI nuovi media e non necessariamente CON i nuovi media. E' un'assoluta novita' e, nell'epoca del "nuovo new", cioe' del continuo cambiamento ed aggiornamento della societa' (il cui emblema e' internet, con la sua "cultura dell'"assolutamente nuovo"), avrebbe dovuto essere accolta con entusiasmo. Cosi' non e' stato. Non c'e' ancora stata una netta affermazione della NMA, ne' come espressione artistica a se' stante (risultato della "pagina bianca), ne' in relazione ai movimenti artistici precedenti. Perche'? I motivi sono da ricercarsi in particolar modo nella costante chiusura degli artisti della NMA nei confronti delle masse. Non esiste ancora un vero e proprio linguaggio universale che "traduca" per il grande pubblico le opere prodotte da un numero fondamentalmente esiguo di smanettoni, che evitano un qualunque confronto col "mondo di fuori" per paura di restare schiacciati dal peso di una storia dell'arte lunga millenni, che non e' certo facile cambiare, modificare, addirittura annullare in nome di una pennellata digitale. I critici sono il secondo "muro" che si contrappone alla NMA: nessuno di loro se ne interessa veramente, alcuni nemmeno la considerano arte, ritenendola adatta al massimo ad un "Museo delle Scienze" o un parco divertimenti. La cultura "pop" del XXI secolo e' l'ultimo e piu' difficile baluardo che impedisce l'affermazione della NMA: se l'arte non ha pubblico, l'arte non esiste. E se questo pubblico e' fortemente legato ad una ben precisa tradizione artistica, esso escludera' a priori, bollandolo come "non-arte", qualsiasi movimento che voglia ritenersi sciolto da quella tradizione. Forse, con una decisa "rieducazione artistica" delle masse, o aprendo la NMA alla comprensione del grande pubblico, proponendo un linguaggio semplice ed unico, questa forma d'arte "post-avanguardistica", l'arte della "pagina bianca", potrebbe incontrare il successo che merita.
(Prima Parte) Non conoscevo Lovink prima di iniziare questo corso, ma ora devo dire che lo ammiro molto. Mi ha dato spunti di riflessione nuovi e stimolanti e mi ha aiutata nello studio dei mass media pur non essendo un manuale sui mass media. E questo perchè in questo studio è fondamentale sapersi approcciare criticamente ai media: forse per la prima volta studiamo qualcosa che è intorno a noi, con cui interagiamo tutti i giorni volenti o nolenti, ed è bene che ci rendiamo conto che anche qui ci sono dei limiti, che non dobbiamo accogliere passivamente tutto quello che ci viene proposto; questo blog ne è un esempio: quanti professori ci danno la possibilità di esprimerci così liberamente sulle loro materie? Quanti vogliono farci imparare solo quello che ci spiegano senza proporci altri punti di vista? Questo non avviene solo all'università: è la società in generale che cerca di renderci passivi ricettori. E a proposito di questo volevo postare le mie riflessioni generali approfittando della fine del corso.
(Seconda parte) Innanzitutto, Internet. Ho due pensieri che vanno in direzioni opposte riguardo questo medium: uno mi fa pensare al fatto che Internet è stata una manna dal cielo. Ci ha aperto altre porte, o meglio altre "finestre": quelle sul mondo. Come dice Menduni, da quando abbiamo avuto la possibilità di controllare e interagire col contenuto dello schermo siamo passati dalla condizione di passivi ricettori a quella di attivi produttori. Ma dall'altro lato Internet è una trappola: l'altro lato della medaglia nasconde truffe, illegalità, pericoli, limitazioni alla libertà, e soprattutto tradisce il grande divario che c'è nel mondo tra paesi ricchi e paesi poveri, paesi democratici e paesi dal governo dittatoriale. Internet è lo specchio del mondo? Mi viene da chiedermi. Penso a quanto i media tendano sempre di più a seguire l'andamento della società, e leggendo D'Ottavi trovo la risposta: “Internet, di questa tendenza, è la massima espressione.”
(Terza parte) Quindi, la creatura nata da una ristretta cerchia di studiosi sta crescendo con le masse di utenti, che ne stanno facendo una loro “creatura”. Abbiamo modellato Internet come un vaso di creta, e così è nato il web 2.0. Cito sempre D'Ottavi: “Il mondo non smette di stupirci e confonderci. Ci eravamo appena – o forse quasi – abituati ai cambiamenti imposti dalla galassia Internet, con tutte le sue favolose diavolerie tecnologiche e quella capacità spiazzante di curvare spazi e tempi, che è arrivato il Web 2.0 a rimettere tutto in discussione.” Cos'è successo? Semplicemente: avevamo bisogno di altro; il crollo delle Dot-com, gli attentati dell'11 settembre, la chiusura conservatrice del mondo Occidentale: la società era sconvolta, il mondo non poteva restare in silenzio, Internet ha fatto il resto. Il web 2.0 l'abbiamo fatto noi, è il nostro web.
“Questo è anche l’aspetto più evidente dell’altra parte essenziale del Web 2.0: l’emergenza del contenuto generato dagli utenti. L’esempio principe dello user-generated content è quello dei blog, che ormai hanno circa un lustro di vita. Ma gli stessi blog, tutto sommato, si può dire siano semplicemente qualcosa che è sempre esistito e che era in cerca di una piattaforma per esprimersi. Internet, ovviamente, è stata la risposta, e in particolare il meccanismo dei link incrociati, tra un blog e un altro, tra un post di un blog e un altro. Questi “permalink”, contrazione di “permanent link”, hanno trasformato il web da una piattaforma per pubblicare a una per comunicare. La relazione così non è più “verticale”, tra la persona e il sito, ma orizzontale, tra persona e persona, mediata da quanto uno scrive sui blog. Si è creata così una forma di comunicazione innovativa: la comunicazione di gruppo.”
“Sono quindi proprio i gruppi di nicchia, oggi, a segnare la direzione, a dirci come ci stiamo comportando ed evolvendo.”
Trovo bellissima la metafora della relazione orizzontale tra persona è persona; è così, la piattaforma (lo dice la parola stessa) non vuole più nessuna gerarchia: gli utenti sono tutti sullo stesso livello, sono loro che creano, che contribuiscono. "I blogger hanno bisogno l'uno dell'altro" dice Lovink: il web 2.0 è qualcosa che viene meno se non c'è partecipazione, io ho bisogno dei tuoi contributi e tu hai bisogno dei miei. La rete è formata da miliardi di utenti che interagiscono, ognuno spinge per far sentire la propria voce; però una voce che grida nella rete è come quella di chi grida ad un concerto: si sperde nel caos.
(Quarta parte) E così i blog. Che idea geniale, i blog! Tutto quello che prima facevamo in segreto ora lo condividiamo con potenziali miliardi di utenti. Personalmente la cosa mi spaventa. Ma mi rassicura Lovink: le persone che scrivono sono molte più di quelle che leggono. E' assolutamente normale che ci siano più blog con "zero comments" che blog pieni di post. Però la gente continua a scrivere, continua a confidare nei loro "diari pubblici". Prima o poi qualcuno guarderà le loro foto e leggerà i loro pensieri... Credo che il successo dei blog stia nel fatto che sono partecipativi, leggeri in senso culturale e magari divertenti. Non mi ero mai posta il problema del rapporto tra blog e media ufficiali, ma mi trovo d'accordo con quanto dice Lovink: i blog hanno abbattutto il monopolio dei media tradizionali nel campo dell'informazione ma non hanno ancora proposto un’alternativa. Potrebbe sembrare che i blog stessi lo siano, ma credo che questo sia un abbaglio. Bisogna prestare attenzione: internet è come una casa degli specchi, non sai mai se quello che c'è dentro è vero o è un "riflesso", un falso. L’espressione usata da Lovink, dei blog come “controllori dei media” la trovo in parte veritiera. Sicuramente hanno giocato un ruolo fondamentale nel creare controinformazione, ma infondo quale blogger ci da' la sicurezza che quello che pubblica è la verità? Dobbiamo ammettere che rispetto all'autorità che può avere un giornale ufficiale, un blog è una cosa da poco. E' vero anche che siamo abituati alle informazioni manipolate, ma come la fotografia analogica, le fonti d'informazione tradizionali ci sembrano più autentiche, più credibili. E allora, andiamo davvero incontro al nichilismo? Si, ma quello di cui parla Vattimo: un nichilismo come riconoscimento di una pluralità di significati. D'altronde non è vero che il nichilismo porta al nulla: in effetti se ci pensiamo in ogni epoca storica c’è stato un momento in cui si è voluto negare tutto quello che era stato fatto fino a quel momento per liberarsi dell’opprimente passato, ma come nel barocco, ora non troviamo alternative a questo passato. O almeno non ancora. Dopo il barocco, venne l'illuminismo a "risistemare tutto". I blog sono nichilisti perché hanno smesso di credere nei media, ma cosa nascerà da questo nichilismo? Lovink dice: la noia. “Ma una volta esaurita la foga, a chi importa più? Il nichilismo comincia lì, dopo la caduta dei blog”. Eppure la noia può essere creativa. Anzi, no: è creativa. Non dobbiamo dimenticare che i blog sono "le voci delle persone"; Lovink citando David Kline: ”i blogger spesso danno forma e significato alle fasi e ai cicli della vita che potrebbero andare perduti nella confusione dell’esistenza moderna”. Saranno anche "un dono per l'umanità di cui nessuno ha bisogno", ma i blog hanno un loro ruolo, sono il nostro spazio disponibile, ci danno l'opportunità di rendere speciale la nostra banalità quotidiana per il semplice fatto di condividerla. Solo che, come dice Lovink citando Trueman,” quando tutti hanno diritto di parola, tutti finiscono per credere di aver il diritto di essere ascoltati”. E a questo dobbiamo stare attenti: niente illusioni, è una possibilità senza alcuna certezza. Eppure mi capita spesso di pensare a come sarebbe stata la nostra vita senza internet, senza blog, senza web 2.0... e ancora in Zero Comments trovo qualcosa di interessante: “Forse i poveri del globo bloggano e in Occidente non se ne accorge nessuno. Forse non sapranno mai nulla dei blog, e non si perdono granchè”.
(Ultima parte) Nem Media Art Spinta dalla curiosità, appena tornata a casa ho ricercato su Google "new media art". Aldilà delle definizioni che ormai sappiamo tutti, mi sono soffermata sulle immagini, sugli artisti, sui siti stessi. Innanzitutto vi consiglio questo sito, che crea una piccola storia della NMA, contiene molti link interessanti e tra l'altro cita anche Manovich:
www.domenicoquaranta.net
Ho scoperto che molte opere di NMA sono al Centre Georges Pompidou di Parigi,e c'era da aspettarselo: il Centre Pompidou è il primo museo della storia a non chiamarsi museo, ma "centre", proprio per sottolineare il suo aspetto interattivo e polifunzionale. Progettato e realizzato negli anni ottanta del Novecento, il Centre Pompidou è esso stesso un'opera d'arte interattiva; così come la NMA, il "museo" non è stato particolarmente apprezzato, almeno agli inizi, dalla critica, troppo fedele ai vecchi canoni artistici e museali. Questo non è l'unico esempio. Potrei farne altri cento, ma il punto è questo: la società sta cambiando, E' CAMBIATA. E ci sono ancora troppe persone che non lo accettano. Ammiro tantissimo il coraggio di questi artisti che, nonostante l'indifferenza, realizzano queste opere interessantissime da tutti i punti di vista, facendo dei veri e propri salti nel vuoto; è un nuovo codice nel vero senso della parola, i vecchi schemi sono obsoleti, non c'è più nessun Michelangelo o Tiziano: è pura novità. Credo che l'assenza di critica sia un sintomo di paura: paura di distaccarsi troppo dal passato, o paura di intraprendere una strada "incerta", perchè ormai quello che importa è vendere. Il linguaggio -ancora in fase di consolidamento- troppo ermetico di questi artisti rende impossibile qualsiasi approccio, ma la colpa non è degli artisti, è di chi dovrebbe accogliere criticamente le loro opere. Diciamoci la verità, non siamo ancora pronti. Forse tra trent'anni, come ha detto il prof., la NMA sfonderà, sarà considerata arte e gli artisti potranno sopravvivere con le loro opere. Infondo i nuovi media sono si popolari, ma non quanto quelli tradizionali: la generazione dei nuovi media è ancora in fase di sviluppo, potremmo dire che si trova nella sua adolescenza; lasciamo che raggiunga la maturità e staremo a vedere.
In un' epoca come la nostra , caratterizzata da una vasta diffusione degli strumenti informatici , una volta impostato il programma , lo sviluppo dell' opera d' arte potrà essere demandato al computer , dal momento che esso è una macchina e , perciò , è del tutto privo dell' emotività propriamente umana che si vuole evitare . Anche in questo contesto , tuttavia , non si deve credere che la macchina divenga la mente creatrice e si sostituisca all' uomo: è sempre quest' ultimo che costruisce il programma , sulla base del quale lo strumento sceglie una tra le tante possibilità e la realizza . I prodotti del computer , infatti , somigliano sempre a quelli eseguiti direttamente dall' uomo . Oltre a ciò si è affermatala possibilità di usare il computer per creare liberamenre l' opera d' arte , adoperando il mezzo informatico come se si avesse in mano il pennello e la tavolozza , o come se ci si accingesse a realizzare una stampa d'arte sia in maniera realistica , sia con il linguaggio dell'astrattismo. Alessia Angrisano
Tina Brown, ex direttrice di New York e Vanity Fair, parla del suo sito DailyBeast Web, gli utenti "consumano" l'arte Le sezioni più trafficate sono quelle su pittura, scultura e fotografia DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Alessandra Farkas
Tina Brown NEW YORK – Chi ha mai detto che il pubblico non vuole più arte e cultura? La 55enne Tina Brown, leggendaria ex-direttrice dei prestigiosi New Yorker e Vanity Fair è disposta a scommettere il contrario. Il prossimo 1 giugno il suo influente sito web www.thedailybeast.com - oltre 2 milioni e mezzo di visitatori unici in soli 7 sette mesi di vita – lancerà una art section che coprirà a tappeto la scena artistica internazionale. Vernissage in musei e gallerie private di tutto il mondo, recensioni, interviste con pittori, scultori e fotografi, ultimi trend artistici e caccia ai nuovi talenti attraverso la collaborazione col sito specializzato http://artkrush.com/current.
ELITE GLOBALE - «La maggior parte dei giornali cartacei americani hanno chiuso o ridotto drasticamente le loro sezioni artistiche», spiega al Corriere online la Brown, «eppure le nostre pagine più trafficate sono proprio quelle sulle arti visive e la cultura in generale. La dimostrazione dell’esistenza di un enorme serbatoio di gente colta, da Roma a Londra e da Mosca a Pechino, - la cosiddetta elite globale, - tutta da conquistare». Il lancio di ArtBeast coincide con il mega party organizzato dalla stessa Brown (insieme ad Alessandro Benetton e Arne Glimcher, presidente della potente PaceWildenstein Gallery di New York), in occasione dell’apertura della Biennale Arte, il prossimo 4 giugno presso l’Hotel Monaco sul Canal Grande. Tra gli invitati: John Baldessari, Maurizio Cattelan, Sir Evelyn e Lady de Rothschild, James Franco, Nanette Lepore, Takashi Murakami, Yoko Ono, Lady Helen Windsor e Zhang Xiaogang.
LA RECESSIONE STIMOLA L'ARTE - Non solo glamour però. Sì, perché a detta della Brown «la recessione economica è stata una manna per il mondo dell’arte. Che finalmente sta tornando alle origini e non è più soltanto un business a fini di lucro». «Da quando vengono pagati meno», spiega, «gli artisti sono tornati a dipingere, scolpire e fotografare ciò che amano. E la qualità dei lavori è migliorata moltissimo». Che effetto fa per una veterana della carta stampata esistere solo nel ciber-spazio? «Non l’avrei mai immaginato ma l’adoro. Non provo alcuna nostalgia per i giornali, anche perché la componente visiva sul web è ben più eccitante. E poi amo poter rispondere alle notizie in tempo reale. L’Europa su Internet è ancora indietro», precisa, «ma presto si adeguerà».
NUOVO PROGETTO: FESTIVAL LETTERARIO A VENEZIA, E SUL WEB - E proprio dal cyber-spazio la star del giornalismo Usa spera di lanciare il suo prossimo, ambiziosissimo progetto: il primo festival letterario Veneziano. «Lo chiamerei Daily Beast Venice. Dopo il festival del cinema e la Biennale Arte, la Serenissima merita anche un premio letterario ed è incredibile che nessuno ci abbia pensato già prima». Alcuni suoi illustri colleghi sostengono che Venezia è una città morta? «Più è minacciata e più il suo valore aumenta», ribatte lei. «Anche la crociata per salvare Venezia, alla fine, sarà vinta da Internet. Dopotutto – conclude - rimane la capitale mondiale dell’arte; uno dei centri di cultura più importanti del pianeta». «Altre città hanno provato ad imitarla, ma senza successo», la incalza il gallerista Arne Glimcher, «Berlino sta costruendosi la sua Biennale e San Paolo ne ha già una. Nulla a che fare con quella di Venezia però. Unica e irripetibile – spiega – perché mette in mostra da sempre l’arte sublime accanto a quella obbrobriosa».
La new media art è in crisi, il mito della pagina bianca influisce particolarmente. Certo il vantaggio di poter adoperare per primi nuovi media è grande perché si può fare in un certo senso ciò che si vuole e non c'è bisogno di seguire regole o relazionarsi all'arte precedente, ma allo stesso tempo questo diventa anche un limite dato che la maggior parte della gente potrebbe non capire il linguaggio o il codice utilizzato. Un altro problema è che la new media art non riceve attenzione né dagli smanettoni né dai critici d'arte. I primi considerano le opere realizzate da utenti e non da programmatori e quindi non si fanno coinvolgere nella new media art. I secondi sostengono invece che questo tipo di arte sia più adatta ai musei di scienza o a parchi divertimento. E ciliegina sulla torta, la critica istituzionale scarseggia e siccome la new media art ha un pubblico solo della propria sottocultura i dibattiti interni sono assenti perché altrimenti potrebbero essere devastanti! Praticamente è un circolo vizioso, e credo che sia molto complicato lavorare così, senza stimoli né interni né esterni. E questo è il motivo per cui molti giovani artisti cambiano contesto o non entrano proprio nella scena. Tuttavia per abbattere le mura del ghetto credo che sia necessario del tempo, un po' come è successo in passato per la fotografia, il cinema...
PRIMA PARTE E' proprio lo Zero comments uno degli elementi che sta alla base del mancao successo della new mwdia art. Infatti(in questo sono d'accordo con gli altri colleghi) uno dei motivi per cui la NMA non riesce a farsi strada nel mondo odierno è il fatto che non esiste nessun tipo di confronto nè tra le nuove opere e quelle del passato, nè tra gli artisti: manca una critica,da parte di esperti,soprattutto riguardo al fatto che la NMA si è mostrata incapace di comunicare la sua urgenza e la sua bellezza al proprio pubblico . Essa non riesce ad affermarsi come popolare, perchè chi la guarda ha dei pregiudizi nei confronti delle nuove opere e degli artisti: sono realizzazioni che vengono guardate frettolosamente, perchè già si pensa che non hanno nulla da dire, nulla da esprimere, magari per il semplice fatto che sono opere senza una forma, o meglio con una forma in cerca di una forma. Ma la combinazione di forme diverse per la NMA è come il punto di fuga per gli artisti del passato. Inoltre dimentichiamo un passaggio fondamentale, ovvero il fatto che la NMA non fa altro che rappresentare il mondo in cui viviamo, la nostra società che si basa esclusivamente sulla tecnologia sui media. E' ovvio che nel passato vi erano solo raffigurazioni di angeli, madonne, santi: erano quelli,infatti,i modelli dell'epoca, che riflettevano i valori della società di quel tempo. Ma oggi le cose sono cambiate, e questo lo aveva già ben capito Russolo: infatti costui crea un nuovo modo di fare musica, inventa gli strumenti giusti che riflettono chiaramente la vita dell'uomo moderno. Ed oggi la NMA vuole offrirci opere che sono lo specchio di una società in cui la parola chiave è tecnologia. Prendiamo le foto di Cadioli o quelle di Miltos Manetas, o ancora di altri artisti citati a lezione. Manetas dice che "i siti web sono l'arte del nostro tempo e che bisogna essere creativi per forza per sottrarsi agli standard posti dal mercato". Lovink definisce le immagini della NMA "immagini tecniche", che sembrano difficili da decifrare, in quanto sembra che sulla loro superficie ci sia già il loro significato. Ma proprio queste caratteristiche, afferma ancora Lovink, dovrebbero renderle delle finestre sul mondo,che dovrebbero sostituirsi agli occhi di chi le guarda. Per questo non si può essere acritici nei loro confronti, anche perchè le immagini soppiantano semppre di più il testo, e proprio essendo "immagini" esse devono essere simboliche, e a mio avviso lo sono(d'altra parte oggi parliamo di civiltà delle immagini). Non troviamo dibattiti sulla NMA, non troviamo finanziatori, nessuno critica, nessuno vuole rischiare: in questo modo credo che rinneghiamo la contemporaneità, il progresso che è all'ordine del giorno. Ma come giustamente ha detto la collega Rita è bene dare ancora spazio a questa "nuova arte", che è destinata inevitabilmente a crescere, anzi forse è destinata solo alle nuove generazioni.
SECONA PARTE "Far conoscere ai futuri artisti non solo le potenzialità presenti e future dei nuovi media, ma anche la problematicità che ruota intorno al loro uso, così come il modo in cui gli artisti del passato hanno usato tali tecnologie, deve dunque essere un elemento centrale della didattica nelle istituzioni artistiche educative nazionali ed internazionali. Attraverso la didattica dell’arte dei nuovi media i nuovi artisti non imparano semplicemente ad usare tecnicamente le tecnologie più innovative, ma anche a riflettere ed intervenire criticamente sugli sviluppi della cultura contemporanea, attraverso un percorso educativo in grado di fornire coscienza e consapevolezza". (wikiartpedia)
Concordo ancora con la collega Rita su quanto ha detto riguardo al corso. Conosere cosa c'è dietro la nostra quotidianità fatta di blog, chat, immagini e suoni digitali è interessante, importante ed utile. Inoltre avere l'opportunità di scrivere su un blog credo che abbia dato a tutti noi la possibilità di confrontarci, liberare le nostre idee e le nostre opinioni. Studiando Lovink ho capito che ormai il blog non è altro che la personificazione digitale delle tre Moire, figlie di Zeus, che segnavano ineluttabilmente il destino dell'uomo: oggi ZERO COMMENTS segna l'inizio e la fine della nostra vita. (Come nella NMA ZERO COMMENTS è l'arma che taglia le ali agli artisti impedendogli di spiccare il volo).
TERZA PARTE Riguardo al Web 2.0 posso dire che se nè Dougherty, nè O'relly hanno saputo darne una precisa definizione, non importa: basta il semplice fatto che siamo noi a crearlo, ogni secondo, per spiegare di cosa si tratta(basterebbe anche solo qesto blog). Anche se purtroppo a contribuire non siamo davvero tutti: e con ciò mi riallaccio al digital divide. Non consola certo il fatto che io stia qui a scrivere le mie opinioni e altra gente nel mondo non sa nemmeno scrivere! Ma un altro paradosso di Interne, a mio avviso, è legato a vicende accadute in questi giorni: da una parte, grazie alla pirateria è stato possibile far circolare subito in rete il singolo Domani, la cui vendita sarebbe stata d'aiuto ai terremotati abruzzesi(e non credo che chi ha fatto ciò si sia ispirato all'etica hacker); dall'altra, grazie a Facebook una donna ha ritrovato il figlio dopo 27 anni. Da questi esempi si evince come Internet unisce e separa: sta a noi farne buon uso!!!
“ Ciò che l’arte è non dipende dai mezzi e dai materiali che usa”.
E’ paradossale e restrittivo definire la new media art come una forma d’arte realizzata attraverso i nuovi media e sicuramente troppo estremista considerarla, senza una vera riflessione critica, come tutto ciò che facciamo solo perché discende dalla nostra cultura. L’accezione più giusta (anche se resta qualcosa da ben definire) è quella che descrive la new media art come una forma d’arte situata all’interno dei nuovi media, i quali grazie alle nuove e sempre più avanzate tecnologie hanno permesso all’artista di “creare opere che esplorano nuove forme di espressione artistica”. Dunque i nuovi media e le nuove tecnologie non sono altro che “le spatole e i pennelli di una nuova generazione di artisti”… tutto il resto è new media art che continua la tradizione dell’arte definita da espressione, presentazione e rappresentazione. Il conservatorismo culturale non si lascia trasportare, influenzare da questa nuova esperienza, alla quale nella maggioranza dei casi risulta addirittura indifferente. E’ proprio l’indifferenza, la mancanza di dibattiti, l’acriticità nei confronti della new media art a farla risultare stagnante. Tutto ciò è dovuto da una scorretta “interpretazione” delle immagini che messe a confronto con quelle “sacre” rinascimentali sono definite “immagini tecniche”. Chiunque, dunque, pensa di essere di fronte a immagini che non c’è bisogno di decifrare "il loro significato sembra essere impresso direttamente sulla loro superficie, come nel caso delle impronte digitali in cui il significato (il dito) è la causa, mentre l’immagine (l’impronta) è l’effetto”. Si rischia così di accettare come oggettivo ciò che invece è solo una visione di realtà. Per comprendere la new media art (ma credo che valga lo stesso per qualsiasi forma artistica) non bisogna soffermarsi all’apparenza dando per scontato che ciò che rappresenta è pura “scientificità” e quindi “ oggettività” ma bisogna “azzardarsi” a “pensare” senza cadere però nella razionalità. Meditarla ad occhi chiusi: è questo a mio parere l’unico modo per riuscire a considerare la new media art quello che è: un’arte viva, palpitante e stimolante che sappia veramente, intensamente rappresentare il mondo a noi contemporaneo, tralasciando i pregiudizi che girano intorno ad essa. “Occorre camminare con molta attenzione e con molta consapevolezza attraverso questi spazi reali e virtuali; occorre imparare a ragionare in modo trasversale, a vedere le cose con ottiche diverse, aprendo gli occhi sull’intimo oltre che sull’appariscente frivolezza dell’esteriore”.
[PARTE PRIMA]
RispondiEliminaLa new media art comincia a nascere attorno agli anni 80 ed è il risultato di una fusione tra cinema,teatro e fotografia che prima d’ora erano delle forme di arte nettamente separate.
Nel fenomeno new media art contribuirà ad avere un’influenza su di essa anche la musica elettronica.
Diversamente da quanto si può immaginare o ipotizzare il mondo di internet non è stato coinvolgo sin da subito, ma è stato diciamo chiamato in causa nettamente dopo la nascita del World Wide Web e precisamente attorno agli anni 1994-1995.
Tuttavia tale New Media Art, a differenza del progresso tecnologico, non verrà compresa fin da subito anche perché sin ora l’essere umano è stato abituato a seguire dei determinati standard di vita e pertanto non risulta aperto a determinata innovazione tale come la New Media Art.
Ma volendo dare un significato alla New Media Art dire che essa è un risultato dato dai nuovi media è errato, per il semplice motivo che la N.M.A. è un qualcosa che si trova all’interno dei nuovi media stessi.
La N.M.A sin ora non ha avuto uno sviluppo immediato anche perché essa non ha saputo cogliere taluni aspetti basilari, l’obbiettivo della N.M.A. è quello di creare un nuovo tipo di linguaggio, linguaggio che ovviamente non sarà sin da subito comprensibile a tutti, ma ciò necessiterà dei tempi adeguati per la propria propagazione, magari tale nuovo linguaggio sarà sin da subito di facile apprendimento ed anche masticabile ad uno smanettone di internet, ma di certo non ad una vasta gamma di pubblico; logicamente tale linguaggio deve essere proposto e diffuso onde evitare di creare delle fazioni che comprendano tale linguaggio, alle quali si schiereranno delle controparti che rimarranno ignoranti in tale ambito o per meglio dire a tale update.
Tuttavia vi è da spezzare una lancia in favore della New Media Art, la sua diffusione per ora non è ancora al top dei livelli, ma ciò è dato anche dal fatto che essa viene vista non solo come un qualcosa di primordiale e di scarso interesse, ma dagli informativi vien vista come il frutto generato da svariati smanettoni di pc ed internet e non prodotto di professionisti del settore tecnologico.
Come se non bastasse questa forma di arte viene definita dagli artisti un’arte da “Città della Scienza” o meglio dire musei della scienza oppure come un qualcosa da mettere in mostra in parchi dei divertimenti perché nell’età contemporanea non vi è spazio per degli spettacoli di mezzo.
Da aggiungere alla tematica dei N.M.A. il mito della “pagina bianca”.
A primo impatto tale terminologia può apparire come un qualcosa che ha lasciato un buco, uno spazio vuoto, potrebbe sembrar significare che tale N.M.A. è un qualcosa di vacuo se non si san i fatti per intero.
Il Mito della pagina bianca non è altro una sorta di lasciapassare per gli artisti del nuovo, ovvero coloro che offrono,ingegnano ciò che fin ora non è mai stato prodotto ed offerto avranno una vastissima gamma di scelte e potranno modellare il loro prodotto così come lo vogliono senza necessariamente dover seguire tendenza alcuna.
Tuttavia Lovink definisce tale mito della pagina bianca un po’ come una sorta di handicap per il semplice motivo che proponendo e modellando su base propria un qualcosa di nuovo che fin ora non era mai esistito ne risulterà che non tutti comprenderanno sin da subito quanto offerto e non ci potrà essere confronto, del resto fotografia e cinema sono divenuti arte molto tempo dopo il loro lancio, in un primo momento era impensabile definirli arte!
[PARTE SECONDA]
RispondiEliminaPertanto ne consegue un vero problema, ovvero il problema di come vivere tale N.M.A. e soprattutto come “portare pane a casa”.
Se non si comprenderà sin da subito questa nuova forma di arte ne risulterà che l’artista si troverà in grande handicap economico, pertanto proporre un N.M.A. può essere intrapreso anche come un rischio.
Spesso accade che i nuovi creatori non confrontano questa nuova arte con quella passata, e ciò accade per il timore di scontrarsi contro una grande potenza ed avere sconfitta certa, del resto Malta si scontrerebbe mai contro gli Stati Uniti? Non credo… non per atti diplomatici, ma per il semplice motivo che è come porre un castello di carte al centro di un tornato e credere che esso rimanga in piedi.
Pertanto vi è da parte dei N.M.A. questa forma di chiusura in se stessi e ne scaturisce la tematica del non confronto e della paura, tuttavia Lovink suggerisce ai N.M.A. di confrontarsi senza avere timori, anche se la paura principale dei N.M.A. è che i dibattiti scaturenti ne risultino una vera e propria distruzione e disfatta, del resto nessuno favorirebbe la critica per conseguirne impetuosi crash, ma ciò non fa altro che creare una fase stagnante della situazione e magari potrebbe essere anche un qualcosa inteso come bastone fra le ruote il quale farà tardare ancora più l’affermazione di tali N.M.A.
Inoltre se la critica non critica tali immagini dettate e prodotte dalla N.M.A. non verranno mai comprese nel loro significato, ma verranno solo comprese in chiave di ciò che mostrano, verranno intese come una finestra che si affaccia sul mondo, sulla società, e ne imprime su un supporto cartaceo determinati aspetti, ma il vero significato non sarà mai chiaro, le si osservano come una qualsiasi immagine senza addentrarsi nel pensiero e nella verità che si cela sotto di esse, pertanto verranno definite immagini tecniche.
Volendo ultimare il discorso bisogna confrontare tali N.M.A. con le Dot-com.
Diciamo che tra queste due non vi è mai stato un buon rapporto in quanto le Dot-com definivano la tecnologia già arte e pertanto ritenevano che la tecnologia in quanto arte non avesse assolutamente il bisogno di artisti che ne dimostrassero la sua maestosità,efficienza ed affermazione; più che altro la cultura Dot-com essendo anti-arte credeva che la fosse giusto investire i profitti di tale arte nelle ict e nel mercato azionario e non nelle opere d’arte.
Ma definire tali New Media Art come un qualcosa di nuovo in effetti è un qualcosa di errato in quanto sono Media che in fin dei conti esistendo già da qualche anno a questa parte ormai non sono più nuovi, probabilmente si definiscono New perché sin ora di essi se ne è parlato veramente poco, o meglio sono stati messi poco al centro dell’attenzione, in effetti alla New Media Art ciò che fin ora è mancato è proprio il senso di affermazione, determinazione e sovranità.
Ormai tutta la nostra vita è profondamente influenzata dai nuovi media: tutto ciò che diciamo e facciamo è new media culture e new media art. Secondo una definizione errata, della new media art fanno parte tutte quelle opere artistiche realizzate con i nuovi media. Secondo questa definizione, quindi, anche il cinema dovrebbe essere considerato new media art, poiché una delle fasi della produzione di un film comporta l’uso di apparecchiature digitali. In realtà, per new media art, si intende una riflessione che nasce all’interno dei nuovi media e che ha un riscontro nella nostra vita di tutti i giorni.
RispondiEliminaMa la new media art è situata nella fragile zona tra arte e tecnologia tentando, tragicamente, di attirare l’attenzione sia di informatici che di curatori artistici. Essa dovrebbe, invece, avere un linguaggio condiviso e capito da tutti per potersi affermare e diffondere e dovrebbe inoltre lasciar spazio ad un dibattito interno che attualmente è quasi nullo, poiché questa forma d’arte è già poco conosciuta (anche a causa delle società conservatrici).
I primi ad operare in un nuovo media si ritrovano ad avere “pagina bianca”, possono fare ciò che vogliono. Ma questo costituisce anche un limite: creare cose nuove che poi potrebbero non piacere a nessuno. Il problema rimane lo stesso: questi nuovi artisti, come possono guadagnarsi da vivere?
I new media non sono “pop” (popolari), almeno per il momento. Non tutti capiscono il loro senso. Ma sicuramente, con il passare del tempo ed il susseguirsi delle nuove generazioni, essi riusciranno ad essere apprezzati e ad avere successo.
Mi è piaciuto molto l'ultimo paragrafo sui new media art per la chiarezza e per l'ironia nell'esporre un tema non usuale (in verità ne sapevo pochissimo). L'ho capito alla prima spiegazione e me ne sono appropriata tanto da voler vedere in cosa consiste materialmente. Lovink è riuscito ad affascinare con la sua critica. E' sempre uno spettacolo unico comprendere l'evoluzione di un fenomeno: dalle radici all' affermazione fino al successo (speriamo...)
RispondiEliminaL'immagine che forse in maniera piu' esauriente puo' illuminarci sul fenomeno della "New Media Art" e' una pagina bianca. Gli scettici interpretano questa immagine come l'emblema del "nulla" di cui sono fatte le opere della NMA, ma in realta' la pagina bianca vuole indicare la totale anarchia di questa forma d'arte: E' la genesi di un nuovo modello espressivo che si fonda in seno ai nuovi media, che e' fatta DAI nuovi media e non necessariamente CON i nuovi media. E' un'assoluta novita' e, nell'epoca del "nuovo new", cioe' del continuo cambiamento ed aggiornamento della societa' (il cui emblema e' internet, con la sua "cultura dell'"assolutamente nuovo"), avrebbe dovuto essere accolta con entusiasmo.
RispondiEliminaCosi' non e' stato. Non c'e' ancora stata una netta affermazione della NMA, ne' come espressione artistica a se' stante (risultato della "pagina bianca), ne' in relazione ai movimenti artistici precedenti.
Perche'?
I motivi sono da ricercarsi in particolar modo nella costante chiusura degli artisti della NMA nei confronti delle masse. Non esiste ancora un vero e proprio linguaggio universale che "traduca" per il grande pubblico le opere prodotte da un numero fondamentalmente esiguo di smanettoni, che evitano un qualunque confronto col "mondo di fuori" per paura di restare schiacciati dal peso di una storia dell'arte lunga millenni, che non e' certo facile cambiare, modificare, addirittura annullare in nome di una pennellata digitale.
I critici sono il secondo "muro" che si contrappone alla NMA: nessuno di loro se ne interessa veramente, alcuni nemmeno la considerano arte, ritenendola adatta al massimo ad un "Museo delle Scienze" o un parco divertimenti.
La cultura "pop" del XXI secolo e' l'ultimo e piu' difficile baluardo che impedisce l'affermazione della NMA: se l'arte non ha pubblico, l'arte non esiste. E se questo pubblico e' fortemente legato ad una ben precisa tradizione artistica, esso escludera' a priori, bollandolo come "non-arte", qualsiasi movimento che voglia ritenersi sciolto da quella tradizione.
Forse, con una decisa "rieducazione artistica" delle masse, o aprendo la NMA alla comprensione del grande pubblico, proponendo un linguaggio semplice ed unico, questa forma d'arte "post-avanguardistica", l'arte della "pagina bianca", potrebbe incontrare il successo che merita.
(Prima Parte)
RispondiEliminaNon conoscevo Lovink prima di iniziare questo corso, ma ora devo dire che lo ammiro molto. Mi ha dato spunti di riflessione nuovi e stimolanti e mi ha aiutata nello studio dei mass media pur non essendo un manuale sui mass media.
E questo perchè in questo studio è fondamentale sapersi approcciare criticamente ai media: forse per la prima volta studiamo qualcosa che è intorno a noi, con cui interagiamo tutti i giorni volenti o nolenti, ed è bene che ci rendiamo conto che anche qui ci sono dei limiti, che non dobbiamo accogliere passivamente tutto quello che ci viene proposto; questo blog ne è un esempio: quanti professori ci danno la possibilità di esprimerci così liberamente sulle loro materie? Quanti vogliono farci imparare solo quello che ci spiegano senza proporci altri punti di vista?
Questo non avviene solo all'università: è la società in generale che cerca di renderci passivi ricettori. E a proposito di questo volevo postare le mie riflessioni generali approfittando della fine del corso.
Rita Cafiero
(Seconda parte)
RispondiEliminaInnanzitutto, Internet.
Ho due pensieri che vanno in direzioni opposte riguardo questo medium: uno mi fa pensare al fatto che Internet è stata una manna dal cielo. Ci ha aperto altre porte, o meglio altre "finestre": quelle sul mondo. Come dice Menduni, da quando abbiamo avuto la possibilità di controllare e interagire col contenuto dello schermo siamo passati dalla condizione di passivi ricettori a quella di attivi produttori.
Ma dall'altro lato Internet è una trappola: l'altro lato della medaglia nasconde truffe, illegalità, pericoli, limitazioni alla libertà, e soprattutto tradisce il grande divario che c'è nel mondo tra paesi ricchi e paesi poveri, paesi democratici e paesi dal governo dittatoriale.
Internet è lo specchio del mondo? Mi viene da chiedermi. Penso a quanto i media tendano sempre di più a seguire l'andamento della società, e leggendo D'Ottavi trovo la risposta: “Internet, di questa tendenza, è la massima espressione.”
Rita Cafiero
(Terza parte)
RispondiEliminaQuindi, la creatura nata da una ristretta cerchia di studiosi sta crescendo con le masse di utenti, che ne stanno facendo una loro “creatura”. Abbiamo modellato Internet come un vaso di creta, e così è nato il web 2.0. Cito sempre D'Ottavi: “Il mondo non smette di stupirci e confonderci. Ci eravamo appena – o forse quasi – abituati ai cambiamenti imposti dalla galassia Internet, con tutte le sue favolose diavolerie tecnologiche e quella capacità spiazzante di curvare spazi e tempi, che è arrivato il Web 2.0 a rimettere tutto in discussione.”
Cos'è successo? Semplicemente: avevamo bisogno di altro; il crollo delle Dot-com, gli attentati dell'11 settembre, la chiusura conservatrice del mondo Occidentale: la società era sconvolta, il mondo non poteva restare in silenzio, Internet ha fatto il resto. Il web 2.0 l'abbiamo fatto noi, è il nostro web.
“Questo è anche l’aspetto più evidente dell’altra parte essenziale del Web 2.0: l’emergenza del contenuto generato dagli utenti. L’esempio principe dello user-generated content è quello dei blog, che ormai hanno circa un lustro di vita. Ma gli stessi blog, tutto sommato, si può dire siano semplicemente qualcosa che è sempre esistito e che era in cerca di una piattaforma per esprimersi. Internet, ovviamente, è stata la risposta, e in particolare il meccanismo dei link incrociati, tra un blog e un altro, tra un post di un blog e un altro. Questi “permalink”, contrazione di “permanent link”, hanno trasformato il web da una piattaforma per pubblicare a una per comunicare. La relazione così non è più “verticale”, tra la persona e il sito, ma orizzontale, tra persona e persona, mediata da quanto uno scrive sui blog. Si è creata così una forma di comunicazione innovativa: la comunicazione di gruppo.”
“Sono quindi proprio i gruppi di nicchia, oggi, a segnare la direzione, a dirci come ci stiamo comportando ed evolvendo.”
Trovo bellissima la metafora della relazione orizzontale tra persona è persona; è così, la piattaforma (lo dice la parola stessa) non vuole più nessuna gerarchia: gli utenti sono tutti sullo stesso livello, sono loro che creano, che contribuiscono.
"I blogger hanno bisogno l'uno dell'altro" dice Lovink: il web 2.0 è qualcosa che viene meno se non c'è partecipazione, io ho bisogno dei tuoi contributi e tu hai bisogno dei miei. La rete è formata da miliardi di utenti che interagiscono, ognuno spinge per far sentire la propria voce; però una voce che grida nella rete è come quella di chi grida ad un concerto: si sperde nel caos.
Rita Cafiero
(Quarta parte)
RispondiEliminaE così i blog. Che idea geniale, i blog! Tutto quello che prima facevamo in segreto ora lo condividiamo con potenziali miliardi di utenti. Personalmente la cosa mi spaventa. Ma mi rassicura Lovink: le persone che scrivono sono molte più di quelle che leggono. E' assolutamente normale che ci siano più blog con "zero comments" che blog pieni di post. Però la gente continua a scrivere, continua a confidare nei loro "diari pubblici". Prima o poi qualcuno guarderà le loro foto e leggerà i loro pensieri...
Credo che il successo dei blog stia nel fatto che sono partecipativi, leggeri in senso culturale e magari divertenti.
Non mi ero mai posta il problema del rapporto tra blog e media ufficiali, ma mi trovo d'accordo con quanto dice Lovink: i blog hanno abbattutto il monopolio dei media tradizionali nel campo dell'informazione ma non hanno ancora proposto un’alternativa. Potrebbe sembrare che i blog stessi lo siano, ma credo che questo sia un abbaglio. Bisogna prestare attenzione: internet è come una casa degli specchi, non sai mai se quello che c'è dentro è vero o è un "riflesso", un falso.
L’espressione usata da Lovink, dei blog come “controllori dei media” la trovo in parte veritiera. Sicuramente hanno giocato un ruolo fondamentale nel creare controinformazione, ma infondo quale blogger ci da' la sicurezza che quello che pubblica è la verità? Dobbiamo ammettere che rispetto all'autorità che può avere un giornale ufficiale, un blog è una cosa da poco. E' vero anche che siamo abituati alle informazioni manipolate, ma come la fotografia analogica, le fonti d'informazione tradizionali ci sembrano più autentiche, più credibili.
E allora, andiamo davvero incontro al nichilismo? Si, ma quello di cui parla Vattimo: un nichilismo come riconoscimento di una pluralità di significati. D'altronde non è vero che il nichilismo porta al nulla: in effetti se ci pensiamo in ogni epoca storica c’è stato un momento in cui si è voluto negare tutto quello che era stato fatto fino a quel momento per liberarsi dell’opprimente passato, ma come nel barocco, ora non troviamo alternative a questo passato. O almeno non ancora. Dopo il barocco, venne l'illuminismo a "risistemare tutto".
I blog sono nichilisti perché hanno smesso di credere nei media, ma cosa nascerà da questo nichilismo? Lovink dice: la noia. “Ma una volta esaurita la foga, a chi importa più? Il nichilismo comincia lì, dopo la caduta dei blog”. Eppure la noia può essere creativa. Anzi, no: è creativa.
Non dobbiamo dimenticare che i blog sono "le voci delle persone"; Lovink citando David Kline: ”i blogger spesso danno forma e significato alle fasi e ai cicli della vita che potrebbero andare perduti nella confusione dell’esistenza moderna”.
Saranno anche "un dono per l'umanità di cui nessuno ha bisogno", ma i blog hanno un loro ruolo, sono il nostro spazio disponibile, ci danno l'opportunità di rendere speciale la nostra banalità quotidiana per il semplice fatto di condividerla. Solo che, come dice Lovink citando Trueman,” quando tutti hanno diritto di parola, tutti finiscono per credere di aver il diritto di essere ascoltati”. E a questo dobbiamo stare attenti: niente illusioni, è una possibilità senza alcuna certezza.
Eppure mi capita spesso di pensare a come sarebbe stata la nostra vita senza internet, senza blog, senza web 2.0... e ancora in Zero Comments trovo qualcosa di interessante: “Forse i poveri del globo bloggano e in Occidente non se ne accorge nessuno. Forse non sapranno mai nulla dei blog, e non si perdono granchè”.
Rita Cafiero
(Ultima parte)
RispondiEliminaNem Media Art
Spinta dalla curiosità, appena tornata a casa ho ricercato su Google "new media art". Aldilà delle definizioni che ormai sappiamo tutti, mi sono soffermata sulle immagini, sugli artisti, sui siti stessi.
Innanzitutto vi consiglio questo sito, che crea una piccola storia della NMA, contiene molti link interessanti e tra l'altro cita anche Manovich:
www.domenicoquaranta.net
Ho scoperto che molte opere di NMA sono al Centre Georges Pompidou di Parigi,e c'era da aspettarselo: il Centre Pompidou è il primo museo della storia a non chiamarsi museo, ma "centre", proprio per sottolineare il suo aspetto interattivo e polifunzionale. Progettato e realizzato negli anni ottanta del Novecento, il Centre Pompidou è esso stesso un'opera d'arte interattiva; così come la NMA, il "museo" non è stato particolarmente apprezzato, almeno agli inizi, dalla critica, troppo fedele ai vecchi canoni artistici e museali.
Questo non è l'unico esempio. Potrei farne altri cento, ma il punto è questo: la società sta cambiando, E' CAMBIATA. E ci sono ancora troppe persone che non lo accettano.
Ammiro tantissimo il coraggio di questi artisti che, nonostante l'indifferenza, realizzano queste opere interessantissime da tutti i punti di vista, facendo dei veri e propri salti nel vuoto; è un nuovo codice nel vero senso della parola, i vecchi schemi sono obsoleti, non c'è più nessun Michelangelo o Tiziano: è pura novità.
Credo che l'assenza di critica sia un sintomo di paura: paura di distaccarsi troppo dal passato, o paura di intraprendere una strada "incerta", perchè ormai quello che importa è vendere.
Il linguaggio -ancora in fase di consolidamento- troppo ermetico di questi artisti rende impossibile qualsiasi approccio, ma la colpa non è degli artisti, è di chi dovrebbe accogliere criticamente le loro opere. Diciamoci la verità, non siamo ancora pronti. Forse tra trent'anni, come ha detto il prof., la NMA sfonderà, sarà considerata arte e gli artisti potranno sopravvivere con le loro opere.
Infondo i nuovi media sono si popolari, ma non quanto quelli tradizionali: la generazione dei nuovi media è ancora in fase di sviluppo, potremmo dire che si trova nella sua adolescenza; lasciamo che raggiunga la maturità e staremo a vedere.
Rita Cafiero
In un' epoca come la nostra , caratterizzata da una vasta diffusione degli strumenti informatici , una volta impostato il programma , lo sviluppo dell' opera d' arte potrà essere demandato al computer , dal momento che esso è una macchina e , perciò , è del tutto privo dell' emotività propriamente umana che si vuole evitare . Anche in questo contesto , tuttavia , non si deve credere che la macchina divenga la mente creatrice e si sostituisca all' uomo: è sempre quest' ultimo che costruisce il programma , sulla base del quale lo strumento sceglie una tra le tante possibilità e la realizza . I prodotti del computer , infatti , somigliano sempre a quelli eseguiti direttamente dall' uomo . Oltre a ciò si è affermatala possibilità di usare il computer per creare liberamenre l' opera d' arte , adoperando il mezzo informatico come se si avesse in mano il pennello e la tavolozza , o come se ci si accingesse a realizzare una stampa d'arte sia in maniera realistica , sia con il linguaggio dell'astrattismo.
RispondiEliminaAlessia Angrisano
Tina Brown, ex direttrice di New York e Vanity Fair, parla del suo sito DailyBeast
RispondiEliminaWeb, gli utenti "consumano" l'arte
Le sezioni più trafficate sono quelle su pittura, scultura e fotografia
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Alessandra Farkas
Tina Brown
NEW YORK – Chi ha mai detto che il pubblico non vuole più arte e cultura? La 55enne Tina Brown, leggendaria ex-direttrice dei prestigiosi New Yorker e Vanity Fair è disposta a scommettere il contrario. Il prossimo 1 giugno il suo influente sito web www.thedailybeast.com - oltre 2 milioni e mezzo di visitatori unici in soli 7 sette mesi di vita – lancerà una art section che coprirà a tappeto la scena artistica internazionale. Vernissage in musei e gallerie private di tutto il mondo, recensioni, interviste con pittori, scultori e fotografi, ultimi trend artistici e caccia ai nuovi talenti attraverso la collaborazione col sito specializzato http://artkrush.com/current.
ELITE GLOBALE - «La maggior parte dei giornali cartacei americani hanno chiuso o ridotto drasticamente le loro sezioni artistiche», spiega al Corriere online la Brown, «eppure le nostre pagine più trafficate sono proprio quelle sulle arti visive e la cultura in generale. La dimostrazione dell’esistenza di un enorme serbatoio di gente colta, da Roma a Londra e da Mosca a Pechino, - la cosiddetta elite globale, - tutta da conquistare». Il lancio di ArtBeast coincide con il mega party organizzato dalla stessa Brown (insieme ad Alessandro Benetton e Arne Glimcher, presidente della potente PaceWildenstein Gallery di New York), in occasione dell’apertura della Biennale Arte, il prossimo 4 giugno presso l’Hotel Monaco sul Canal Grande. Tra gli invitati: John Baldessari, Maurizio Cattelan, Sir Evelyn e Lady de Rothschild, James Franco, Nanette Lepore, Takashi Murakami, Yoko Ono, Lady Helen Windsor e Zhang Xiaogang.
LA RECESSIONE STIMOLA L'ARTE - Non solo glamour però. Sì, perché a detta della Brown «la recessione economica è stata una manna per il mondo dell’arte. Che finalmente sta tornando alle origini e non è più soltanto un business a fini di lucro». «Da quando vengono pagati meno», spiega, «gli artisti sono tornati a dipingere, scolpire e fotografare ciò che amano. E la qualità dei lavori è migliorata moltissimo». Che effetto fa per una veterana della carta stampata esistere solo nel ciber-spazio? «Non l’avrei mai immaginato ma l’adoro. Non provo alcuna nostalgia per i giornali, anche perché la componente visiva sul web è ben più eccitante. E poi amo poter rispondere alle notizie in tempo reale. L’Europa su Internet è ancora indietro», precisa, «ma presto si adeguerà».
NUOVO PROGETTO: FESTIVAL LETTERARIO A VENEZIA, E SUL WEB - E proprio dal cyber-spazio la star del giornalismo Usa spera di lanciare il suo prossimo, ambiziosissimo progetto: il primo festival letterario Veneziano. «Lo chiamerei Daily Beast Venice. Dopo il festival del cinema e la Biennale Arte, la Serenissima merita anche un premio letterario ed è incredibile che nessuno ci abbia pensato già prima». Alcuni suoi illustri colleghi sostengono che Venezia è una città morta? «Più è minacciata e più il suo valore aumenta», ribatte lei. «Anche la crociata per salvare Venezia, alla fine, sarà vinta da Internet. Dopotutto – conclude - rimane la capitale mondiale dell’arte; uno dei centri di cultura più importanti del pianeta». «Altre città hanno provato ad imitarla, ma senza successo», la incalza il gallerista Arne Glimcher, «Berlino sta costruendosi la sua Biennale e San Paolo ne ha già una. Nulla a che fare con quella di Venezia però. Unica e irripetibile – spiega – perché mette in mostra da sempre l’arte sublime accanto a quella obbrobriosa».
Fonte: corriere.it
La new media art è in crisi, il mito della pagina bianca influisce particolarmente.
RispondiEliminaCerto il vantaggio di poter adoperare per primi nuovi media è grande perché si può fare in un certo senso ciò che si vuole e non c'è bisogno di seguire regole o relazionarsi all'arte precedente, ma allo stesso tempo questo diventa anche un limite dato che la maggior parte della gente potrebbe non capire il linguaggio o il codice utilizzato.
Un altro problema è che la new media art non riceve attenzione né dagli smanettoni né dai critici d'arte. I primi considerano le opere realizzate da utenti e non da programmatori e quindi non si fanno coinvolgere nella new media art. I secondi sostengono invece che questo tipo di arte sia più adatta ai musei di scienza o a parchi divertimento.
E ciliegina sulla torta, la critica istituzionale scarseggia e siccome la new media art ha un pubblico solo della propria sottocultura i dibattiti interni sono assenti perché altrimenti potrebbero essere devastanti!
Praticamente è un circolo vizioso, e credo che sia molto complicato lavorare così, senza stimoli né interni né esterni. E questo è il motivo per cui molti giovani artisti cambiano contesto o non entrano proprio nella scena.
Tuttavia per abbattere le mura del ghetto credo che sia necessario del tempo, un po' come è successo in passato per la fotografia, il cinema...
Giulia Eleonora Zeno
PRIMA PARTE
RispondiEliminaE' proprio lo Zero comments uno degli elementi che sta alla base del mancao successo della new mwdia art. Infatti(in questo sono d'accordo con gli altri colleghi) uno dei motivi per cui la NMA non riesce a farsi strada nel mondo odierno è il fatto che non esiste nessun tipo di confronto nè tra le nuove opere e quelle del passato, nè tra gli artisti: manca una critica,da parte di esperti,soprattutto riguardo al fatto che la NMA si è mostrata incapace di comunicare la sua urgenza e la sua bellezza al proprio pubblico . Essa non riesce ad affermarsi come popolare, perchè chi la guarda ha dei pregiudizi nei confronti delle nuove opere e degli artisti: sono realizzazioni che vengono guardate frettolosamente, perchè già si pensa che non hanno nulla da dire, nulla da esprimere, magari per il semplice fatto che sono opere senza una forma, o meglio con una forma in cerca di una forma. Ma la combinazione di forme diverse per la NMA è come il punto di fuga per gli artisti del passato. Inoltre dimentichiamo un passaggio fondamentale, ovvero il fatto che la NMA non fa altro che rappresentare il mondo in cui viviamo, la nostra società che si basa esclusivamente sulla tecnologia sui media. E' ovvio che nel passato vi erano solo raffigurazioni di angeli, madonne, santi: erano quelli,infatti,i modelli dell'epoca, che riflettevano i valori della società di quel tempo. Ma oggi le cose sono cambiate, e questo lo aveva già ben capito Russolo: infatti costui crea un nuovo modo di fare musica, inventa gli strumenti giusti che riflettono chiaramente la vita dell'uomo moderno. Ed oggi la NMA vuole offrirci opere che sono lo specchio di una società in cui la parola chiave è tecnologia. Prendiamo le foto di Cadioli o quelle di Miltos Manetas, o ancora di altri artisti citati a lezione. Manetas dice che "i siti web sono l'arte del nostro tempo e che bisogna essere creativi per forza per sottrarsi agli standard posti dal mercato". Lovink definisce le immagini della NMA "immagini tecniche", che sembrano difficili da decifrare, in quanto sembra che sulla loro superficie ci sia già il loro significato. Ma proprio queste caratteristiche, afferma ancora Lovink, dovrebbero renderle delle finestre sul mondo,che dovrebbero sostituirsi agli occhi di chi le guarda. Per questo non si può essere acritici nei loro confronti, anche perchè le immagini soppiantano semppre di più il testo, e proprio essendo "immagini" esse devono essere simboliche, e a mio avviso lo sono(d'altra parte oggi parliamo di civiltà delle immagini). Non troviamo dibattiti sulla NMA, non troviamo finanziatori, nessuno critica, nessuno vuole rischiare: in questo modo credo che rinneghiamo la contemporaneità, il progresso che è all'ordine del giorno. Ma come giustamente ha detto la collega Rita è bene dare ancora spazio a questa "nuova arte", che è destinata inevitabilmente a crescere, anzi forse è destinata solo alle nuove generazioni.
SECONA PARTE
RispondiElimina"Far conoscere ai futuri artisti non solo le potenzialità presenti e future dei nuovi media, ma anche la problematicità che ruota intorno al loro uso, così come il modo in cui gli artisti del passato hanno usato tali tecnologie, deve dunque essere un elemento centrale della didattica nelle istituzioni artistiche educative nazionali ed internazionali. Attraverso la didattica dell’arte dei nuovi media i nuovi artisti non imparano semplicemente ad usare tecnicamente le tecnologie più innovative, ma anche a riflettere ed intervenire criticamente sugli sviluppi della cultura contemporanea, attraverso un percorso educativo in grado di fornire coscienza e consapevolezza". (wikiartpedia)
Concordo ancora con la collega Rita su quanto ha detto riguardo al corso. Conosere cosa c'è dietro la nostra quotidianità fatta di blog, chat, immagini e suoni digitali è interessante, importante ed utile. Inoltre avere l'opportunità di scrivere su un blog credo che abbia dato a tutti noi la possibilità di confrontarci, liberare le nostre idee e le nostre opinioni. Studiando Lovink ho capito che ormai il blog non è altro che la personificazione digitale delle tre Moire, figlie di Zeus, che segnavano ineluttabilmente il destino dell'uomo: oggi ZERO COMMENTS segna l'inizio e la fine della nostra vita. (Come nella NMA ZERO COMMENTS è l'arma che taglia le ali agli artisti impedendogli di spiccare il volo).
TERZA PARTE
RispondiEliminaRiguardo al Web 2.0 posso dire che se nè Dougherty, nè O'relly hanno saputo darne una precisa definizione, non importa: basta il semplice fatto che siamo noi a crearlo, ogni secondo, per spiegare di cosa si tratta(basterebbe anche solo qesto blog). Anche se purtroppo a contribuire non siamo davvero tutti: e con ciò mi riallaccio al digital divide. Non consola certo il fatto che io stia qui a scrivere le mie opinioni e altra gente nel mondo non sa nemmeno scrivere! Ma un altro paradosso di Interne, a mio avviso, è legato a vicende accadute in questi giorni: da una parte, grazie alla pirateria è stato possibile far circolare subito in rete il singolo Domani, la cui vendita sarebbe stata d'aiuto ai terremotati abruzzesi(e non credo che chi ha fatto ciò si sia ispirato all'etica hacker); dall'altra, grazie a Facebook una donna ha ritrovato il figlio dopo 27 anni. Da questi esempi si evince come Internet unisce e separa: sta a noi farne buon uso!!!
“ Ciò che l’arte è non dipende dai mezzi e dai materiali che usa”.
RispondiEliminaE’ paradossale e restrittivo definire la new media art come una forma d’arte realizzata attraverso i nuovi media e sicuramente troppo estremista considerarla, senza una vera riflessione critica, come tutto ciò che facciamo solo perché discende dalla nostra cultura. L’accezione più giusta (anche se resta qualcosa da ben definire) è quella che descrive la new media art come una forma d’arte situata all’interno dei nuovi media, i quali grazie alle nuove e sempre più avanzate tecnologie hanno permesso all’artista di “creare opere che esplorano nuove forme di espressione artistica”.
Dunque i nuovi media e le nuove tecnologie non sono altro che “le spatole e i pennelli di una nuova generazione di artisti”… tutto il resto è new media art che continua la tradizione dell’arte definita da espressione, presentazione e rappresentazione.
Il conservatorismo culturale non si lascia trasportare, influenzare da questa nuova esperienza, alla quale nella maggioranza dei casi risulta addirittura indifferente.
E’ proprio l’indifferenza, la mancanza di dibattiti, l’acriticità nei confronti della new media art a farla risultare stagnante.
Tutto ciò è dovuto da una scorretta “interpretazione” delle immagini che messe a confronto con quelle “sacre” rinascimentali sono definite “immagini tecniche”.
Chiunque, dunque, pensa di essere di fronte a immagini che non c’è bisogno di decifrare "il loro significato sembra essere impresso direttamente sulla loro superficie, come nel caso delle impronte digitali in cui il significato (il dito) è la causa, mentre l’immagine (l’impronta) è l’effetto”. Si rischia così di accettare come oggettivo ciò che invece è solo una visione di realtà.
Per comprendere la new media art (ma credo che valga lo stesso per qualsiasi forma artistica) non bisogna soffermarsi all’apparenza dando per scontato che ciò che rappresenta è pura “scientificità” e quindi “ oggettività” ma bisogna “azzardarsi” a “pensare” senza cadere però nella razionalità.
Meditarla ad occhi chiusi: è questo a mio parere l’unico modo per riuscire a considerare la new media art quello che è: un’arte viva, palpitante e stimolante che sappia veramente, intensamente rappresentare il mondo a noi contemporaneo, tralasciando i pregiudizi che girano intorno ad essa.
“Occorre camminare con molta attenzione e con molta consapevolezza attraverso questi spazi reali e virtuali; occorre imparare a ragionare in modo trasversale, a vedere le cose con ottiche diverse, aprendo gli occhi sull’intimo oltre che sull’appariscente frivolezza dell’esteriore”.
Antonia Iodice