mercoledì 5 maggio 2010

Manifesto.it: Il cyber-scetticismo riscopre la stampa

di Luca Celada
In America ferve il dibattito sul futuro del giornalismo, tra supporto cartaceo e web. Ma a dispetto delle previsioni, molti studiosi non tifano per la rete. Secondo Lanier, padre della realtà virtuale, dopo 15 anni la vocazione del web si è rivelata non tanto quella profetizzata di agorà telematica, quanto piuttosto dei social network, portali di superficiale narcisismo e non di approfondimento democratico.
http://www.ilmanifesto.it/il-manifesto/argomenti/numero/20100428/pagina/12/pezzo/277059/

3 commenti:

  1. Il Web 2.0 ha rivoluzionato il modo di fare informazione. Si è passati dall’approccio “top-down” dei media tradizionali, ai contenuti prodotti “dal basso”, in cui gli utenti diventano fruitori e produttori del servizio allo stesso tempo. Si apre una nuova stagione fatta di “user generated content” (contenuto prodotto dall’utente) e di “citizen journalism” (giornalismo partecipativo) in cui i contenuti e le scelte spesso divergono da quelle dei media tradizionali.
    I media tradizionali si caratterizzano per la scarsa interattività e l’asimmetria comunicativa. Le informazioni vengono trasmesse “da uno a molti”; il messaggio è selezionato e filtrato da un redattore che segue una precisa linea editoriale; il lettore/spettatore non ha possibilità di scegliere o di intervenire sui contenuti.
    I social media, invece, sono caratterizzati da un approccio orizzontale “da molti a molti”, in cui gli utenti scelgono le informazioni da creare o diffondere e possono interagire con altri utenti per approfondire, migliorare, criticare quelle informazioni.
    Le caratteristiche innovative dei social media riguardano soprattutto:
    • il ruolo del cittadino (da fruitore/spettatore a attore)
    • rapidità nella diffusione delle notizie
    • esposizione di contenuti che si basano sull’esperienza e sulle preferenze personali
    • interattività e modificabilità dei contenuti
    • multimedialità
    • trasparenza (non è possibile mentire)
    • persistenza (l’informazione resta sempre presente dopo la pubblicazione)
    • viralità (il messaggio tende a diffondersi senza interruzioni nel tempo)
    Queste caratteristiche, di portata rivoluzionaria, hanno messo in ombra i media tradizionali che hanno perso di credibilità. La crescente mole di immagini omologate che le grandi agenzie mondiali dell’informazione producono ogni giorno inibiscono la capacità di approfondire gli argomenti trattati in modo originale. Il mercato editoriale presenta alti indici di concentrazione ed è accusato di autoreferenzialità poichè appare come una rete chiusa che si autoalimenta. Questi aspetti hanno condotto ad una progressiva sfiducia verso i media tradizionali e ad un sempre maggiore successo dei social media.
    La conclusione che possiamo trarne è che sebbene i modi di fare informazione siano agli antipodi e temi e contenuti siano molto diversi tra loro, essi non sono destinati a utenze diverse, ma sono piuttosto destinati a integrarsi.
    I fruitori delle informazioni sceglieranno di accedere ai mass media per tenersi aggiornati sui temi di maggiore rilevanza mentre faranno uso di blog, community e spazi di aggregazione online per confrontarsi su temi e argomenti lasciati nel cono d’ombra dalla stampa e dai media tradizionali.
    I due modelli di fare informazione, apparentemente contrastanti ed eterogenei, sono in realtà complementari nella copertura di temi e contenuti.
    Un altro ruolo dei social media è quello di consentire l’approfondimento e la discussione dei temi trattati dai media tradizionali in modo più diretto e personale.

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  2. Per quanto riguarda il trasferimento di molte testate giornalistiche americane su Internet,leggendo l'artiolo emerge che ciò avviene soprattutto per far fronte a problemi economici,per tagliare i costi.
    Giornali che per ventenni la gente ha tenuto e sfogliato tra le mani,ora a causa della crisi,sono disponibili solo online.
    Se tutto ciò comportasse un miglioramento dell'informazione o una più accurata narrazione dei contenuti,forse potrebbe essere anche giustificata tale scelta dei quotidiani americani,ma purtroppo neanche ciò avviene.
    Come Lanier ci fa ben notare "la rete è diventata una delle cause dell'appiattimento delle idee originali e dello sguardo critico".Contrariamente a quanto ci si aspettava infatti,la rete viene utilizzata sempre meno come srtumento di informazione culturale,mentre aumenta il suo utilizzo per fini ludici e superficiali.La tecnologia,specialmente nell'ultimo decennio,ci ha bombardato di innovazioni e strumenti che non avremmo mai immmaginato esserci utili,ma che ci sono stati presentati come indispensabili e necessari,tormentandoci la vita per non essere sempre"al passo con la tecnologia."Credo che sia arrivato il momento di fermarsi un attimo e "smaltire"prima tutto quello che fino ad ora abbiamo per non ritrovarci un giorno ad essere circondati da tutto ma da niente di cui abbiamo veramente bisogno.

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  3. Salvatore Cavaliere8 maggio 2010 alle ore 20:28

    La questione rimarcata da Luca Celada nel suo articolo è davvero seria, e meriterebbe ampi approfondimenti da parte dei mezzi di comunicazione. La diatriba in ambito giornalistico tra supporto cartaceo e web è di per sè serissima, perchè negli ultimi anni molti giornali americani sono spariti dalle edicole per trasferirsi unicamente sul web, mentre in ambito italiano troppi caporedattori credono che il loro lavoro sia quello di competere con la rete, talvolta copiandola in tutto e per tutto, sia dal punto di vista stilistico (in aula abbiamo visto come le prime pagine cartacee siano sempre più simili a home page) che nei contenuti (gossip e chiacchiericci in quantità industriale). Un altro aspetto da considerare è che già da diversi anni i giornali provano a somigliare sempre più all'informazione televisiva dei TG, ovvero superficiale e tesa ad orientare l'opinione pubblica in un senso o nell'altro.
    Tutto questo è secondo me profondamente sbagliato, prima di tutto perchè i giornali dovrebbero avere un ruolo ben preciso, quello di approfondire le tematiche senza limitarsi a citarle, e soprattutto quello di fare inchieste per controllare il potere. Non dimentichiamo che il giornalismo dovrebbe essere il "cane da guardia del potere" e non il cagnolino di compagnia...

    Per quanto riguarda il web, ho trovato un articolo molto interessante tratto da un'intervista a Lanier, che si dice deluso dalla deriva di quella che doveva essere la rivoluzione digitale, tradita a causa di un "imbarbarimento della rete", basato sull'oggettivazione dell'essere umano e sull'anonimato, che favorisce la denigrazione gratuita sui blog e il diffondersi di social network, definiti come "un insulto alla nozione di amicizia".
    «L'idea era collegare la gente, la realtà è diventata l'isolamento» è l'amaro commento del guru della realtà virtuale.
    Lanier non si limita a criticare, ma cerca di trovare una soluzione: "un contratto sociale basato su un sistema di micropagamenti gestito dal governo, purchè l'accesso sia a basso costo e universale".

    A mio parere, però, questa soluzione è abbastanza discutibile, perchè l'accesso gratuito ai contenuti del web è una delle caratteristiche rivoluzionarie di Internet, e la sua abolizione lo porterebbe alla stregua di altri media che hanno fallito il loro obiettivo iniziale.
    Nonostante ciò considero degne di nota molte tesi di Lanier, come il fatto che Google si sia posto nel web come la Cina si è posta nella politica, ovvero in maniera autoritaria e poco traparente.
    L'articolo è al seguente indirizzo http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Tempo%20libero%20e%20Cultura/2010/01/web-micropagamenti-salvare-rete.shtml

    Vorrei concludere il mio intervento ricordando che sarebbe sbagliato criticare in maniera assoluta il web, perchè talvolta possono nascere progetti encomiabili, come il sito ProPublica.org, capace di fare del giornalismo di qualità in maniera libera e indipendente, tanto da vincere il Pulitzer, come abbiamo ricordato in un post di qualche settimana fa(http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=7216&ID_sezione=&sezione=).

    Salvatore Cavaliere

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