mercoledì 14 aprile 2010

Stampa.it: Su Internet giornalismo da Pulitzer

di VITTORIO SABADIN
Per la prima volta un’inchiesta realizzata da un sito Internet ha vinto il premio Pulitzer, il maggiore riconoscimento del giornalismo americano. E’ una buona notizia da molti punti di vista.
http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=7216&ID_sezione=&sezione=

5 commenti:

  1. NEW YORK - Da anni è diventato quasi un ritornello o un luogo comune: il giornalismo, per sopravvivere, deve rivoluzionarsi. Si parla di new media e di tracollo dei quotidiani cartacei e, gli editori e i giornalisti di vecchio stampo, si dimostrano scettici e convinti che, il cambiamento rivoluzionario, sia ancora molto, troppo lontano per giustificare uno sforzo di rinnovamento.


    Eppure, quest'oggi, arriva una notizia che può agevolmente definirsi storica: per la prima volta, infatti, il prestigioso premio Pulitzer assegnato per le opere d'arte, di letteratura ed appunto per i lavori giornalistici, va ad un sito web d'informazione indipendente nato e cresciuto on-line. Nulla di cartaceo ed un progetto no-profit che ha permesso a "ProPublica" di aggiudicarsi l'ambitissimo riconoscimento internazionale dopo solo un anno di attività. La redazione, composta da 32 giornalisti ed inviati (di cui per la verità già 4 premi Pulitzer) e situata a Manhattan, è partita con l'obiettivo poi raggiunto di non dipendere da alcuna proprietà e di proporre un tipo di giornalismo d'inchiesta iper-professionale, libero al 100% e no-profit. Non ci sono editori o sponsor particolari e, il finanziamento di 10 milioni di dollari previsto per il primo anno di attività, è stato concesso da Herbert e Marion Sandler; due noti ed eclettici filantropi che hanno finanziato e finanziano già numerose attività senza scopo di lucro.

    Il premio è arrivato grazie ad una mega-inchiesta denominata "The Deadly Choices at Memorial". I giornalisti-investigatori hanno indagato a fondo su numerosi casi di morti sospette verificatesi nell'ospedale di New Orleans subito dopo l'uragano Katrina. Alla fine è stato scoperto che, in diversi casi, i medici incapaci di curare i feriti causati dall'aurgano effettuavano l'eutanasia.


    L'inchiesta, realizzata da Sheri Fink in collaborazione con il New York Times, è finita sul magazine del famoso quotidiano americano ed ha riscontrato un enorme successo. Da li il passo verso il premio è stato breve ed il team di super cronisti è riuscito a conquistare un risultato storico. E chissà che magari, ispirato dall'egregio esempio, qualche filantropo italiano non voglia rendere possibile anche qui quest'autentico american dream; magari sfidando le regole ammuffite ed imbriglianti e ricordando che, il futuro del giornalismo, è costituito dai vecchi e sempre validi modi di fare inchiesta abbinati all'utilizzo sapiente e capillare del web. Sembra facile a capirsi ma, a quanto pare, è altrettanto difficile ad attuarsi anche perchè, è bene ricordarlo, la diffusione di internet nel nostro paese è ancora infinitamente meno diffusa rispetto a quella che si registra negli States.

    http://www.julienews.it/notizia/cronaca/sito-di-giornalismo-online-vince-il-premio-pulitzer/45296_cronaca_2.html

    "Nessuno è ancora in grado di dire quale sarà davvero il futuro dell’informazione nel nuovo mondo digitale" così recita l'articolo de La Stampa nella parte finale. Secondo me invece è già chiarissimo: è molto più utilizzata di quella cartacea, purtoppo o per fortuna. Purtroppo perchè così, come direbbero i tecnofobi, non abbiamo più contatti con il mondo esterno e ci barrichiamo in casa incollati agli schermi dei pc, a volte senza sapere nemmeno cosa leggiamo; per fortuna, d'accordo con i tecnofili, perchè abbiamo notizie in qualsiasi momento e in ogni dove. E' anche vero però che non pagando le notizie, in rete, non sempre ci sono buoni samaritani che supportano la nascita del giornalismo online. Siamo ancora restii a dare i nostri contribuiti per iniziative e progetti, infatti quando ci compare la scritta "vuoi sostenere...con un piccolo contributo" chiudiamo tutte le finestre, soffocando ogni qualsivoglia senso di colpa. Comunque viva la meritocrazia che ha premiato, senza porsi il problema del "digitale", bravura ed originalità.

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  2. Questa è senza dubbio una buona notizia, perchè indica che il giornalismo vero non è morto, ma semplicemente sta cambiando. Il giornalismo vero, quello fatto da persone capaci e appassionate, ha bisogno di cambiare, di adattarsi ai nuovi spazi e ai nuovi mezzi di comunicazione, senza per questo essere considerato di serie B. Un'altra notizia importante è che questo prestigioso premio è stato assegnato ad una organizzazione no-profit, quindi estranea ai giochi di potere che spesso dettano l'agenda setting: a mio parere il giornalismo d'inchiesta ha bisogno di organizzazioni come ProPublica.

    Ho trovato interessante l'articolo di un quotidiano on-line, del quale riporto l'indirizzo.
    http://www.medeu.it/notizia.php?tid=1537

    Salvatore Cavaliere

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  3. In un'intervista fatta lo scorso 15 aprile, Gino Strada dichiarò: "Se i medici fossero stati americani li avrebbero liberati in un minuto,se fossero stati inglesi in quattro". Da quanto si è evinto,dato che sono italiani,ci son voluti otto giorni per poter scagionare i tre medici arrestati lo scorso 10 aprile, dopo aver trovato nell'ospedale di Lashkar-Gah, (in cui lavorano i tre italiani)armi,munizioni e altri ordigni bellici,i quali hanno creato uno sfondo tipicamente terroristico. La loro liberazione però non ha eliminato le diverse voci e supposizioni che sono nate in questa settimana,un silenzio imposto ai tre medici dopo il loro arresto è stato soppiantato dalle versioni date dai giornalisti afghani, e non solo, i quali hanno confermato un loro coinvolgimento negli affari criminali degli uomini di Al-Qaeda. Ma forse bisogna scavare un pò più in profondità e analizzare diverse piste prima di giungere a conclusioni affrettate, piste che sono state completamente archiviate o scartate dopo gli arresti. Ora stanno bene sostengono i giornali italiani,che probabilmente dimenticheranno e faranno dimenticare questa storia, per la gioia di quelli che si sentono infastiditi dalla presenza,in una zona così delicata, di un organismo occidentale, che dal 1994 aiuta uomini che rimangono feriti in conflitti bellici. La prova di ciò potrebbe essere la chiusura dello stesso ospedale di Lashkar-Gah,il quale non sarà più operativo dopo l'accordo stipulato sabato scorso, tra il rappresentante speciale per l'Italia in Afghanistan,l'ambasciatore Attilio Iannuci e il presidente afghano Hamid Karzai, quest'ultimo infatti avrebbe espresso la volontà di liberare i tre medici e di conseguenza risolvere il caso, in cambio della chiusura dell'edificio capeggiato dall'Emergency.
    Purtroppo come spesso succede in zone di guerra e da quanto visto in questa settimana, non sempre si può contare sulla massima imparzialità giornalistica e sulla presenza di una verità chiara e limpida,infatti quest'ultima guasterebbe i piani di chi nella guerra trova la sua linfa di sopravvivenza.

    Mariano Pedante

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  4. Giulia Eleonora Zeno19 aprile 2010 alle ore 19:47

    Credo che questa sia una grande novità e che possa aprire le porte anche ai giovani che cercano di entrare nel campo del giornalismo e che spesso invece vengono “sfruttati”. E’anche la dimostrazione del fatto che le nuove tecnologie contribuiscono a fare del vero giornalismo senza dover scendere a compromessi o ad abbracciare un determinato partito politico. D’altronde l’informazione dovrebbe essere neutra, tocca poi a noi, opinione pubblica, la scelta di cosa pensare a riguardo!

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  5. Anna Giordano segna questo interessante articolo:
    http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/tecnologia/grubrica.asp?ID_blog=30&ID_articolo=7549&ID_sezione=38&sezione=

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